Russi e turchi si confrontano sul Medio Oriente, dopo che lo hanno fatto anche russi e americani. Nel triangolo Washington-Ankara-Mosca si stanno chiarendo i destini di un’area in cui l’Iran avrà un ruolo sempre più marginale e in cui, in Siria, si cercherà di rispettare gli interessi di tutti.
Proprio lì, tra l’altro, spiega Valeria Giannotta, direttore scientifico dell’Osservatorio Turchia del CeSPI, Erdogan sta pensando di riutilizzare il sistema missilistico S-400, a suo tempo acquistato dai russi, che tanto aveva fatto arrabbiare gli americani.
Un accordo al quale non sono estranei i dossier del Mar Nero e di Gaza: c’è la mano turca, infatti, dietro la presentazione da parte di Hamas di una nuova proposta per pacificare la Striscia, che prevede la liberazione di tutti gli ostaggi in cambio di una tregua di cinque anni.
Russia e Turchia si sono incontrate a livello di viceministri degli Esteri proprio nei giorni in cui anche USA e Russia procedono con i loro summit, parlando non solo di Ucraina ma anche di Iran e altri dossier. Tre attori che stanno disegnando una nuova mappa del Medio Oriente?
L’incontro Turchia-Russia non è stato ai massimi livelli, ma è comunque significativo. Quelle di Istanbul sono state consultazioni ad ampio raggio, in cui si è parlato prevalentemente di Medio Oriente. I turchi hanno ribadito l’importanza dell’integrità territoriale della Siria e della necessità di lavorare per abolire le sanzioni internazionali che ancora gravano sul Paese.
Inoltre, si è discusso dell’importanza di trovare una soluzione per il cessate il fuoco a Gaza. In parallelo, in queste ore, Hamas ha aperto alla negoziazione su una nuova proposta, che prevede una stabilità del conflitto per i prossimi cinque anni e il rilascio degli ostaggi. È stata una consultazione onnicomprensiva, finalizzata a trovare una soluzione olistica a tutte le questioni dell’area.
La Siria è uno dei teatri in cui la Turchia è più impegnata: come mai i russi restano interlocutori su questo punto ora che Assad, loro alleato, è caduto?
L’incontro tra il viceministro degli Esteri turco Nuh Yilmaz e il viceministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov fa seguito a quello tra i rispettivi ministri Hakan Fidan e Sergej Lavrov, in occasione dell’Antalya Diplomacy Forum, in cui si è parlato anche di Ucraina.
Quanto alla Siria, stanno emergendo nuove dinamiche: è probabile che il sistema missilistico S-400, che la Turchia aveva acquisito dalla Russia intorno al 2019, scaldando gli animi di USA e NATO, sarà allocato proprio in Siria.
Si tratta di un sistema che ha rappresentato una patata bollente nei rapporti tra americani e turchi: Ankara ha pagato a caro prezzo il fatto di averlo acquistato, venendo espulsa dal sistema F-35 e subendo sanzioni anche personali su alcuni policy makers turchi.
Ma questo vuol dire che i russi, cacciati dalla porta in Siria, rientrano dalla finestra?
Non sono proprio stati cacciati dalla porta. Il loro protetto Assad è stato il grande sconfitto, però gli avamposti russi, soprattutto nel sud della Siria, sono rimasti. Gli sbocchi sul mare vengono ancora controllati dalla Russia, soprattutto nelle zone più a connotazione cristiana.
Sbarazzarsi del sistema S-400 da parte della Turchia per consegnarlo alla Siria potrebbe essere una giusta mediazione. Tanto più che ora gli americani se ne stanno andando proprio dalla Siria e a Trump interessa solo che vengano garantiti gli interessi USA.
La proposta di Hamas di liberare tutti gli ostaggi in cambio di una super tregua di cinque anni è di matrice turca?
Le consultazioni tra la Turchia e l’ala politica di Hamas continuano. In questa nuova triangolazione, data dal rapporto di Erdogan con Trump, anche in vista dell’incontro che ci dovrebbe essere tra i due a Washington o direttamente in Medio Oriente, la questione palestinese resta dominante.
Credo che nella nuova posizione di Hamas si possa vedere una longa manus turca. Lo conferma una notizia simbolica ma significativa: Erdogan, in occasione della festa del Sacrificio, ha fatto una grossa donazione per Gaza e la Palestina.
Che tipo di Medio Oriente sta nascendo sotto l’egida turca, americana e russa?
Sarà un Medio Oriente in cui l’Iran sarà sempre più isolato e monitorato, in cui, volenti o nolenti, la Turchia avrà una sfera di influenza considerevole. In Siria è già il Paese più influente insieme all’Arabia Saudita.
Anche sul Mar Nero Ankara vuole rimarcare la sua importanza: non per niente una parte della negoziazione fra russi e americani si è svolta proprio in Turchia. Erdogan gioca di sponda, sfruttando il rapporto diretto che ha sia con Putin che con Trump.
I turchi hanno interessi diretti anche nella guerra in Ucraina?
In Ucraina la soluzione della guerra passa dalla cessione ufficiale della Crimea ai russi, un territorio in relazione al quale anche i turchi vogliono garanzie, se non altro per la presenza di una minoranza tatara. Nel momento in cui la Crimea è legittimamente riconosciuta a livello internazionale sotto il controllo della Russia, la priorità diventa avere un territorio il più stabile possibile. L’interesse della Turchia è che ci sia un cessate il fuoco duraturo.
Il progetto comune fra USA, Turchia e Russia in Medio Oriente, quindi, non riguarda solo il Medio Oriente?
Abbiamo a che fare, comunque, con un contesto internazionale altamente volatile, in cui gli equilibri sono davvero fragili: c’è la volontà di mantenere l’integrità del Medio Oriente, tutelando gli interessi americani, turchi e degli stakeholder regionali, da cui la necessità di mantenere il dialogo con la Russia.
(Paolo Rossetti)
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