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Home » Esteri » Ucraina » SPY UCRAINA/ “La legge marziale congela il voto ma il dopo-Zelensky è cominciato, ecco i nomi”

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SPY UCRAINA/ “La legge marziale congela il voto ma il dopo-Zelensky è cominciato, ecco i nomi”

Prorogata la legge marziale in Ucraina: Poroshenko parla di dittatura. C'è una classe dirigente che ha studiato negli Usa ed è "papabile"

Int. Stefano Caprio
Pubblicato 17 Aprile 2025
Volodymyr Zelensky con Donald Trump nel settembre 2024 a New York (Ansa)

Volodymyr Zelensky con Donald Trump nel settembre 2024 a New York (Ansa)

Zelensky (e il Parlamento ucraino) prolungano la legge marziale. E l’ex presidente Poroshenko lo accusa di volere un regime sempre più autoritario. La possibilità della fine della guerra e la prospettiva delle elezioni presidenziali (in autunno?) agitano l’Ucraina.

Ed ecco allora, spiega Stefano Caprio, sacerdote cattolico di rito bizantino in Russia dal 1989 al 2002, teologo ed esperto del mondo russo, che si preparano le strategie per il voto e il futuro politico del Paese, con Russia e USA che pensano a loro candidati: questi ultimi potrebbero pescare nella classe dirigente composta di persone tornate in Ucraina dopo essere emigrate proprio negli States.


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La Rada ha approvato il prolungamento della legge marziale e l’ex presidente Poroshenko ha accusato le autorità, quindi Zelensky, di usarla per creare un regime autoritario. In Ucraina c’è un’opposizione che si sta manifestando? È già iniziata la campagna elettorale per le prossime presidenziali?

Il fatto che si pensi a una possibile interruzione del conflitto porta verso una resa dei conti in Ucraina. Il Paese rimane compatto sul rifiuto di concedere i territori alla Russia: è la posizione sulla quale Zelensky fonda il suo consenso.


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La guerra, però, ha sfiancato gli ucraini e l’idea di una nuova mobilitazione, di una nuova fase del conflitto, sta preoccupando un po’ tutti. In inverno il fronte si è mosso poco, ma ora è il momento del disgelo e i russi stanno rimettendo insieme le forze.

Nessuno vuole un’intensificazione dei combattimenti, ma si spera che si concluda tutto entro il 9 maggio, Giornata della Vittoria, data sacra per la Russia. Prolungare la legge marziale significa, invece, prevedere di proseguire nel conflitto.

Perché Zelensky viene attaccato proprio su questo punto?

Chi cerca di contrapporsi a Zelensky gioca sull’idea che, se il conflitto si blocca, allora si possono fare le elezioni: se il presidente insiste sulla legge marziale, vuol dire che difende il suo potere.


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Poroshenko è l’unico che si espone contro Zelensky?

Zelensky è diventato presidente con una politica populista, contro la corruzione, di cui Poroshenko è stato un po’ l’esempio. Poi è arrivata la guerra e si è formato un fronte unico. Venendo meno il fattore bellico, questo tema tornerebbe d’attualità.

Poroshenko è la bandiera degli oligarchi; lui stesso, come imprenditore del settore, è chiamato re del cioccolato. Aveva puntato tutto sul nazionalismo, ma di fatto copriva un’area grigia di oligarchi corrotti.

E Zelensky ha “fatto fuori” molti oppositori per dimostrare, anche in periodo di guerra, che continuava la lotta contro i corrotti. L’Ucraina era spaccata tra populisti e oligarchi, ma anche tra filonazionalisti e filorussi: i secondi sono stati messi da parte, ma non spariti.

L’unico partito ad opporsi alla legge marziale in Parlamento è stato Solidarietà Europea. Chi rappresenta?

È un partito di facciata abbastanza legato a Poroshenko, che vorrebbe tenere aperte tutte le possibilità di sviluppo, con l’aiuto dell’Europa, ammiccando però all’idea che ci si possa mettere d’accordo con la Russia. Credo che Poroshenko sia un candidato di facciata: non si sa ancora chi presenteranno davvero.

Ma c’è solo lui in “rampa di lancio”?

L’unica figura che potrebbe essere messa in campo è quella dell’ex Capo di Stato Maggiore Zaluzhny, ora ambasciatore in Gran Bretagna, che ha rappresentato un’alternativa a Zelensky quando, nel 2023, propose di concedere il Donbass alla Russia e di accontentarsi di aver difeso il resto del Paese. Per questo è stato sostituito.

È un militare, non un politico, non ha mai preso posizione direttamente contro Zelensky: addirittura l’attuale presidente potrebbe indicarlo come simbolo della difesa della nazione. Una figura che non fa riferimento a uno schieramento preciso e che comunque anche in questi giorni ha ribadito che l’Ucraina non si deve arrendere del tutto.

La vicepremier e ministra dell’Economia, Yulia Svyrydenko, dice che si sono fatti progressi nelle trattative con gli USA per l’accordo sulle risorse minerarie ucraine. L’intesa, però, dovrebbe passare dal Parlamento: la Rada potrebbe bocciarlo?

Non so dire fino a che punto l’accordo sulle “terre rare” possa determinare una maggioranza. Dopo che Zelensky è stato umiliato da Trump, diversi hanno preso le difese del presidente ucraino.

Il fatto che poi abbia continuato a trattare con gli americani ha suscitato reazioni negative, anche se non si capisce quale peso possano avere.

La guerra ha portato a una divisione all’interno della Chiesa ortodossa, sancita da una legge dello Stato: quanto influisce questo aspetto sulla vita politica?

All’inizio della guerra, semplificando, 12mila parrocchie ortodosse erano legate a Mosca, 6mila alla Chiesa autocefala, 3mila alla greco-cattolica e mille a quella latina. Ora è difficile dire quante parrocchie della Chiesa di Mosca siano passate all’autocefala.

Ci sono Chiese che ritengono di essere completamente separate da Mosca, ma non vogliono unirsi agli autocefali: li ritengono troppo legati al potere. Difficile dire, quindi, come possono influire dal punto di vista politico.

Anche perché i fedeli spesso si confondono: le due Chiese ortodosse, quella di Mosca e quella autocefala, ma anche quella greco-cattolica, celebrano la stessa liturgia. L’unica differenza è che ricordano la prima il patriarca di Mosca (ma non sempre), la seconda il metropolita di Kiev e la terza il Papa.

Le Chiese, insomma, vista questa confusione, rischiano di esercitare meno influenza?

Zelensky è laico e non ha usato molto la Chiesa per sostenere i suoi programmi, mentre Poroshenko ha creato la Chiesa autocefala.

È stata un’iniziativa di Stato. In una ipotetica campagna elettorale potrebbe usare di più il tema della religione. Zelensky meno: ha insistito la Rada, non lui, perché la Chiesa autocefala si staccasse da quella di Mosca.

Il problema è che la legge per cui nessuno deve essere più legato a una Chiesa estera ha creato una situazione per cui ogni parrocchia, monastero, diocesi, istituto ecclesiastico viene sottoposto alla valutazione dei tribunali. E per completare questa operazione ci vorrà tempo.

Il fatto che Zelensky sia stato così maltrattato da Trump in diretta mondiale ha fatto risalire il consenso nei suoi confronti da parte dell’opinione pubblica?

Sì. Zelensky è ancora l’eroe che ha difeso il Paese. Non credo, invece, che Poroshenko possa raccogliere consensi. Bisogna tenere conto, comunque, che buona parte della classe dirigente ucraina è composta da persone tornate dopo che erano emigrate all’estero: americani, canadesi, australiani.

Nelle trattative in corso ci sono molti funzionari che praticamente hanno a che fare con loro connazionali. E in questo caso è difficile distinguere la linea politica dalle relazioni.

Succede anche per i russi: Dimitriev, capo della delegazione russa nelle trattative, ha studiato in America, addirittura con Marco Rubio, attuale segretario di Stato USA. Un intreccio difficile da distinguere.

Tra i nomi che circolano come alternative a Zelensky ci sono quelli dell’ex primo ministro Julija Timoshenko e di Oleksij Arestovich. Hanno qualche credito?

Timoshenko ritorna a galla ogni volta che c’è un cambiamento: è stata antirussa e filorussa, è andata anche in galera da oligarca corrotta, è una figura che si ricicla. Arestovich era nel gruppo di Zelensky e poi lo ha attaccato dicendo che non ha saputo guidare l’Ucraina nella resistenza alla Russia, ma ha delle posizioni estreme.

Molto dipenderà da come l’Ucraina si presenterà al momento delle elezioni presidenziali?

Sì. Penso che Zelensky rimarrà il candidato principale. Poroshenko, invece, credo che verrà sostituito. Sicuramente i russi porteranno un loro candidato.

Possono mettersi d’accordo sia con Poroshenko sia con Timoshenko: hanno già avuto a che fare con entrambi. Gli americani, invece, possono pescare nella classe dirigente ucraina, tra coloro che sono stati negli USA.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Volodymyr ZelenskyDonald Trump

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