L’inviato di Trump, Keith Kellogg, dice che il piano di pace per l’Ucraina sarà discusso con gli alleati alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 14-16 febbraio. Il portavoce del Cremlino, Peskov, ribatte che Mosca è pronta a un cessate il fuoco se vengono garantite la neutralità dell’Ucraina e il riconoscimento di alcuni territori alla Russia.
E poi Zelensky e Putin sarebbero disposti a lasciarsi alle spalle i veti incrociati per iniziare ufficialmente le trattative. Insomma, la pax americana voluta da Trump sta cominciando a prendere forma, anche se, come osserva Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, sarà difficile trovare la quadra, anche in virtù delle posizioni contraddittorie del presidente ucraino, pronto a negoziare come a chiedere armi nucleari per garantire la sicurezza del Paese.
Zelensky ha detto che è disposto a parlare direttamente con Putin e dal Cremlino fanno sapere che la trattativa si può aprire. Il negoziato entra nel vivo?
Zelensky aveva assicurato che non sarebbe mai successo, anzi, aveva proibito per legge di trattare con i russi. Evidentemente la situazione è così grave da costringerlo a perdere un po’ la faccia.
Sa che la peggiore delle ipotesi non è cedere territori che già non sono più suoi, ma perdere altre fette di territorio, magari fino al Dnepr, se non oltre. Sta anche cercando di salvarsi politicamente: è stato messo in un angolo da Trump e da Putin, che avevano preannunciato un incontro tra loro.
Sarebbe stato uno schiaffo enorme per il presidente ucraino e per il suo Paese, che ha pagato un altissimo prezzo in termini di vite umane.
Anche Putin ha fatto marcia indietro: diceva che Zelensky non è legittimato perché il suo mandato è scaduto. Perché ha cambiato idea?
Bisogna vedere quanto questa nuova presa di posizione sia spontanea o finalizzata a cavalcare il momento favorevole dopo l’arrivo di Trump. Non penso, comunque, che la soluzione possa essere un semplice cessate il fuoco. Secondo Putin non servirebbe ad altro che dare respiro all’Ucraina. Però mai dire mai, bisogna vedere cosa verrà messo nero su bianco e quali assicurazioni riceveranno entrambi.
Trump parla di colloqui che procedono positivamente, Lavrov di contatti intensificati. Intanto Zelensky, visto che l’adesione alla NATO sarà perlomeno spostata in avanti, ha chiesto di riavere le armi nucleari, aprendo agli investitori USA per sfruttare le terre rare ucraine. Che indicazioni ci danno questi elementi sui contenuti dei colloqui?
Ci dicono che Zelensky mantiene le carte coperte. Come ogni giocatore di poker non è affidabile: da un lato dice di voler trattare, dall’altro vuole le armi nucleari, aprendo le porte a Trump per lo sfruttamento delle sue terre rare, una risorsa molto importante per l’America, che deve contrastare la crescita tecnologica della Cina.
Ma di quali terre rare si tratta, di quelle della parte rimanente dell’Ucraina o anche dei territori occupati? Non parliamo poi di armi nucleari. Se Zelensky avesse avuto un ordigno di questo genere, probabilmente l’avrebbe già usato per mettere tutti di fronte al fatto compiuto.
L’insistenza su questi elementi mette in dubbio la sua credibilità: sa che rischia una sconfitta politica umiliante e che ci sono dei concorrenti nel suo Paese che non nascondono più l’avversione per la sua linea di condotta.
Una nota dell’ufficio stampa del servizio di intelligence estero dei russi, dell’SVR, dice che la NATO starebbe preparando un’operazione per screditare Zelensky. Si fonderebbe sul fatto che lui e la sua squadra avrebbero sottratto un miliardo e mezzo di dollari dalle casse nazionali. Ammesso che sia vero, cosa può dirci questa notizia del contesto che sta maturando?
Conferma che i media sono un’arma poderosa in questa guerra. L’opinione pubblica conta: paga gli stipendi ai funzionari ucraini, è quella che dovrebbe ricostruire l’Ucraina, che si sta svenando cedendo le sue armi a Kiev. E per influire sull’opinione pubblica bisogna utilizzare i media. Sono fondamentali per far vedere chi vince e chi perde.
Sarà importante poter dire: “Ho vinto io e non tu”. Solo così si possono ricavare dividendi politici che altrimenti non si potrebbero ottenere.
Per questo penso che Putin non si accontenterà di una pace al ribasso. Per quanto riguarda Zelensky, la comunicazione sull’imminente uscita di una notizia che lo screditerebbe ci dice che sta diventando pesante per le cancellerie occidentali.
Eppure fino a poco fa era osannato in Occidente. Cosa è cambiato?
Ha perso tutte le opzioni per arrivare a una soluzione immediata. Si è montato la testa per le pacche sulle spalle che ha ricevuto, le rassicurazioni che non sarebbe stato abbandonato.
Ci ha creduto senza capire che queste rassicurazioni in guerra arrivano fino a che convengono a chi te le dà. Zelensky sta diventando pesante per questa sua schizofrenia che lo porta a dire di trattare, ma anche di volere le armi nucleari. Un atteggiamento dato dalla disperazione.
Il negoziato sembra già ben avviato, ma cosa possiamo immaginare dell’accordo?
Trump vuole accreditarsi come pacificatore della guerra in Europa, anche se della UE non gli importa niente, così come, a ben guardare, anche della NATO.
Il suo vantaggio sarebbe di presentarsi come colui che ha voluto la pace. Per Putin, ripeto, la bandiera di questa operazione militare è sempre stata la neutralità, la smilitarizzazione dell’Ucraina.
Come potrà dire di avere raggiunto il suo scopo?
Magari non ottenendo una demilitarizzazione completa dell’Ucraina, ma riducendo il suo potenziale militare a livelli concordati.
Fermo restando il controllo del territorio che hanno occupato o che rivendicheranno: non hanno conquistato interamente i territori ai quali hanno fatto votare l’annessione. In merito alla denazificazione, si accontenterebbero di sciogliere i reparti che hanno questo marchio (tipo il battaglione Azov), facendoli transitare nell’esercito.
Il vero nodo da sciogliere rimane però la NATO?
Putin non accetta di avere la NATO al confine: se non otterrà questo punto, potrebbe cercare di spostare il contatto con l’Alleanza Atlantica sul confine occidentale dell’Ucraina, ma così la guerra proseguirebbe ancora a lungo.
Rispetto ai territori occupati, invece, potrebbero essere lasciati di fatto ai russi senza che l’Ucraina li consideri ufficialmente persi?
I russi probabilmente vorranno altri territori oltre a quelli dove sono già arrivati, per completare l’occupazione delle aree in cui hanno fatto votare per l’annessione: il Donetsk, per esempio, è occupato solo per il 70% e lo stesso vale per Zaporizhzhia.
Insomma, Putin non può permettersi di presentarsi alla Russia con una vittoria sbiadita?
Ci sono voci autorevolissime in Russia secondo le quali il vero nemico ora è l’Europa, perché Mosca ormai sta parlando con Washington, ma non con Bruxelles. Per questo il capo del Cremlino non potrebbe far digerire all’opinione pubblica la presenza occidentale in Ucraina: cercherà di ottenere il possibile in termini di esclusione dell’Ucraina dalla NATO.
La UE non viene presa in considerazione, ma un accordo che la escluderebbe, come quello che si sta realizzando, che conseguenze potrebbe avere?
Putin ha sempre detto che vuole un accordo sulla sicurezza europea, ma evidentemente lo vuole raggiungere senza l’Europa, con gli USA. Di Bruxelles non si fida e comunque potrebbe cercare accordi bilaterali con Paesi come Ungheria, Slovacchia, Croazia, certamente con la Serbia, dove si sta montando un’altra rivoluzione colorata per spingerla nelle braccia dell’Europa.
La UE, d’altra parte, è un’entità così evanescente e i russi si vogliono togliere qualche sassolino dalle scarpe, magari dicendo: “Prendete pure petrolio e gas dagli USA al loro prezzo”. Con Mosca occorrerà ricucire e, per farlo, bisognerà cospargersi il capo di cenere.
(Paolo Rossetti)
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