Nel Regno Unito il dibattito sull’immigrazione non accenna a placarsi con Keir Starmer pronto a introdurre una legge ha come obiettivo dichiarato quello di rendere più difficile per criminali stranieri e i richiedenti asilo respinti utilizzare l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, quello che tutela il “diritto alla vita privata e familiare”, per bloccare i provvedimenti di espulsione.
Il ministro dell’Interno Yvette Cooper sta lavorando a una normativa che, se approvata, imporrà nuovi criteri più severi ai tribunali, obbligandoli a dare maggiore peso alla pericolosità sociale e alla fedina penale del soggetto rispetto ai suoi legami familiari nel Paese, un’inversione di rotta per evitare casi come quello del giamaicano Ernesto Elliott, che nel 2020 riuscì a fermare il proprio rimpatrio utilizzando il legame con il figlio, per commettere un omicidio sei mesi dopo.
Allo stesso tempo si stanno studiando accordi internazionali per creare hub di rimpatrio nei Balcani, in paesi come Kosovo e Moldavia, dove potrebbero essere trasferiti cittadini stranieri espulsi o richiedenti asilo che hanno esaurito ogni possibilità di ricorso con un duplice scopo: da un lato liberare strutture nel Regno Unito, dall’altro rendere più rapido il processo di espulsione nei casi in cui i ricorsi legali, basati su diritti umani, rallentano la macchina giudiziaria e amministrativa.
Secondo fonti del Ministero dell’Interno, la nuova legge stabilirà con precisione in quali casi l’articolo 8 potrà essere invocato e in quali sarà automaticamente escluso, ad esempio per chi ha commesso reati gravi, o per chi è considerato un pericolo per la comunità.
Starmer e immigrazione: scontro aperto con i Tory che vogliono rilanciare il modello Ruanda
Mentre Starmer propone un approccio normativo centrato su maggiore rigore e controllo parlamentare, dall’altra parte la leader conservatrice Kemi Badenoch promette una linea dura ancora più dura: l’obiettivo dei Tory, qualora tornassero al governo, è infatti quello di rilanciare un piano di deportazioni verso Paesi terzi, sul modello dell’accordo col Ruanda bloccato dai laburisti l’anno scorso, una misura che – secondo i conservatori – scoraggerebbe gli arrivi illegali via mare, come quelli che hanno raggiunto quota 1.200 in un solo giorno.
Badenoch è pronta a spingersi oltre: nel suo intervento atteso venerdì, annuncerà la creazione di una commissione per rivedere completamente il ruolo della CEDU e di altri trattati internazionali, incluso quello sui rifugiati del 1951 per verificare se queste norme limitino eccessivamente la capacità del governo britannico di gestire l’immigrazione secondo criteri di sicurezza nazionale e ordine pubblico; il Partito Conservatore accusa i laburisti di “armeggiare” con misure timide e poco incisive e secondo questa visione, solo una revisione radicale delle leggi sui diritti umani – o addirittura la loro abolizione nei casi legati all’immigrazione – permetterebbe di bloccare davvero l’uso strategico dell’articolo 8.
Ma tra tutte queste tensioni politiche, entrambe le forze sono d’accordo su un punto: il sistema attuale non funziona e deve essere rivisto ma se Starmer protende ad una riforma che mantenga un equilibrio tra sicurezza e diritti, i Tory vogliono rompere con tutto ciò che è vincolato da trattati internazionali, proponendo soluzioni drastiche per riprendere il controllo dei confini britannici.