Le 14 Stazioni della Via Crucis – o Via Dolorosa – sono il racconto per immagini degli ultimi istanti di Gesù, dalla condanna a morte alla sepoltura, passando per cadute, incontri e gesti di pietà: nate nel Medioevo per permettere ai fedeli di “rivivere” la Passione senza raggiungere Gerusalemme, furono rese ufficiali solo nel 1731 da Papa Clemente XII, che ne stabilì il numero definitivo.
La sequenza tradizionale delle Stazioni della Via Crucis – arricchita da episodi non biblici trovano le loro radici nella devozione popolare – inizia con Gesù condannato da Pilato e si conclude con il corpo deposto nel sepolcro da Giuseppe d’Arimatea.
In totale ne contiamo 14 (Gesù è condannato a morte, Gesù è caricato della croce, Gesù cade la prima volta, Gesù incontra sua madre, Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce, Veronica asciuga il volto di Gesù, Gesù cade la seconda volta, Gesù incontra le donne di Gerusalemme, Gesù cade la terza volta, Gesù è spogliato delle vesti, Gesù è inchiodato alla croce, Gesù muore sulla croce, Gesù è deposto dalla croce, Gesù è deposto nel sepolcro).
Tra le Stazioni della Via Crucis, emergono in particolar modo momenti divenuti profondamente simbolici: la terza stazione, dove Cristo cade sotto il peso della croce, è evocata in moltissime opere d’arte; la quinta, con Simone di Cirene trascinato a portare il legno; la sesta, dove Veronica asciuga il volto di Gesù, lasciando impresso sul velo il suo viso sofferente.
Non tutti però sanno che la versione “scritturale” – promossa da Giovanni Paolo II nel 1991 – elimina alcune tappe leggendarie delle Stazioni della Via Crucis, sostituendole con episodi evangelici come l’agonia nell’orto degli Ulivi. Ma per milioni di cattolici, quelle quattordici scene – dipinte, scolpite o recitate – restano un pellegrinaggio interiore, una scala per salire dal dolore alla speranza.
Le Stazioni della Via Crucis parlano a tutti: dalle Chiese alle piazze
Ogni Venerdì Santo, le Stazioni della Via Crucis diventano teatro collettivo di intere comunità internazionali: Gerusalemme, lungo i 500 metri della Via Dolorosa, pellegrini di ogni nazione si passano di mano in mano croci di legno, sfiorando le pietre che – si dice – Gesù calpestò.
A Siviglia, durante la “Semana Santa”, le confraternite sfilano con statue barocche che sembrano vivere: il Cristo piegato sotto il peso del legno, la Madonna con lo sguardo straziato e persino il cinema ha raccontato questo percorso: nel film The Passion di Mel Gibson, la cinepresa segue ogni ferita, ogni respiro affannoso, rendendo le Stazioni della Via Crucis un’esperienza quasi fisica.
Ma oltre alla maestosità delle celebrazioni delle Stazioni della Via Crucis, c’è una dimensione più intima: nelle chiese di campagna, i fedeli toccano le piccole targhe in ottone sotto ogni quadro, recitando preghiere; qualcuno si ferma alla settima stazione – Gesù che cade per la seconda volta – pensando alle proprie cadute quotidiane, altri si riconoscono in Pietro, che rinnega Cristo per paura (nona stazione), o nelle donne di Gerusalemme che piangono senza poter aiutare (decima stazione).
Le stazioni della Via Crucis possono essere definite come un percorso per arrivare all’amore tramite il dolore e oggi – in un mondo frenetico e in continuo mutamento – quelle quattordici fermate rappresentano un monito a rallentare, a portare il peso degli altri – proprio come Simone di Cirene – e a trovare nella sofferenza un senso che va oltre il visibile.