Stefano Ricucci non solo si difende dalle accuse di presunta corruzione, ma va all’attacco dei pm, accusandoli di aver nascosto prove che lo scagionano. La svolta arriva nel processo che vede l’imprenditore imputato per la presunta corruzione di Nicola Russo, giudice della commissione tributaria del Lazio e consigliere del consiglio di Stato. Entrambi furono arrestati nel marzo 2018 insieme ad un altro imprenditore, Liberato Lo Conte. Per gli inquirenti, l’accordo prevedeva che una sentenza sfavorevole a Ricucci venisse “aggiustata” in cambio di soldi e altre utilità.
Su queste ultime l’avvocato Massimo Biffa ha chiesto oggi alla seconda sezione penale, presieduta da Anna Maria Pazienza, l’acquisizione degli estratti dei conti correnti bancari del giudice, perché smentirebbero una delle circostanze presenti nella richiesta di arresto, cioè che il presunto corrotto non abbia fatto prelievi di denaro dai suoi conti in concomitanza dei singoli capi di imputazione. Ne parla il Corriere della Sera, spiegando che secondo la difesa di Stefano Ricucci quei prelievi ci sono stati e dimostrano la disponibilità economica del giudice, che attingeva al suo conto e a quello dei genitori, dove poteva operare per circa 60mila euro.
PROCESSO MAGISTE, LE ACCUSE DI RICUCCI AI PM
Il dato rilevante, però, secondo i legali di Stefano Ricucci è che questi documenti bancari erano a disposizione della procura, che però avrebbe omesso di depositarli, se non nelle udienze di fine dibattimento. Nel capo di imputazione, che parte dal gennaio a ottobre 2015, si parla di 8mila euro di cene e aperitivi in 10 mesi. I successivi accertamenti evidenziarono un accordo corruttivo in relazione ad un contenzioso tributario tra la Magiste real estate property spa e l’Agenzia delle Entrate, riguardante un credito Iva di 20 milioni che la società vantava nei confronti dell’erario. Dai documenti sequestrati emerse che Nicola Russo era legato ai due imprenditori, già prima della decisione della Commissione tributaria, da vincoli di fiducia, secondo il gip, basati su amicizia e comune colleganza di interessi e frequentazione.
Quindi, il giudice doveva astenersi per il conflitto di interessi, invece fu relatore ed estensore della sentenza d’appello che ribaltò a favore della Magiste il precedente provvedimento. In cambio, sempre secondo il gip, avrebbe ricevuto regali e soldi, anche cene e serate in hotel, ristoranti e locali notturni romani. Alla luce di quanto emerso nell’udienza, la procura, rappresentata dal pm Fabrizio Tucci, si è riservata di replicare nel prossimo appuntamento.