STOP UE ALLE CALDAIE A GAS/ La scelta che smonta gli slogan sulla transizione green

- Patrizia Feletig

L'Ue è pronta a mettere al bando le caldaie a gas, anche le più efficienti, dal 2029. Una scelta che non incontra il favore di molti cittadini

vonderleyen timmermans 2 lapresse1280 640x300 Il commissario al Green Deal Frans Timmermans (Pse) con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue (LaPresse)

Questa volta ci ha superato l’America. La virtuosa Europa, quasi sempre in testa nell’adozione di misure per ridurre il consumo di combustibili fossili, vedi ad esempio lo stop alla vendita di automobili con motore termico nel 2035, nella partita dell’addio alle caldaie a gas all’interno delle abitazioni a partire dal 2029 arriverà dopo lo Stato di New York. Il quarto Stato più popoloso degli Stati Uniti ha approvato all’inizio del mese una legge che vieta l’installazione non solo di caldaie ma anche forni e fornelli a gas a partire dal 2026 nelle abitazioni residenziali e uffici di meno di 7 piani e per tutte le nuove costruzioni entro il 2029. L’intento non è solo ridurre il consumo di combustibili fossili, ma anche migliorare la qualità dell’aria delle città dove i prodotti della combustione non sono solo imputabili al traffico, anzi, il riscaldamento domestico continua, comunque, a essere una delle principali cause di inquinamento.

L’abbandono graduale delle caldaie e boiler a gas è contenuto nella bozza di revisione del regolamento di Ecodesign ed Ecolabelling 813/2013/Ue che riguarda l’adeguamento dei parametri per la progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica degli apparecchi di riscaldamento per ambienti, all’esame della Commissione il prossimo 12 giugno. Ma sul quale convergono le posizioni contrarie di vari Stati.

Le caldaie e gli scaldabagni a gas sono meno efficienti delle pompe di calore le quali hanno un consumo elettrico ridotto limitato all’attivazione del compressore. Sulla scia della direttiva sulle case green, il regolatore europeo interviene ora per decidere il loro phase-out dal commercio. Non significa che bisogna dismettere impianti a combustibili fossili, dal metano ai pellet, e carbonella in funzione, ma nel giro di sei anni anche la sostituzione di un vecchio impianto ricadrà nelle specifiche che valgono per le case nuovamente edificate o ristrutturate. Ossia il divieto di installare qualsiasi tipologia di caldaie a gas comprese quelle a condensazione.

L’alternativa sono sistemi di riscaldamento o raffreddamento che sfruttano lo scambio di gradiente con una sorgente esterna (aria o acqua) per trasmettere caldo o freddo all’impianto di riscaldamento interno diffondendosi attraverso radianti a parete o pavimento, o nel caso di aria di ventilconvettori. A secondo dei modi in cui avviene il processo, il costo varia dai 2 mila fino ai 10 mila euro. Decisamente sopra i valori di una moderna caldaia in commercio. Ma può toccare i ventimila euro nel caso in cui a scaldare o raffreddare l’acqua che circola nell’impianto interno si prende il calore o freddo dal terreno con una sonda nel sottosuolo. Si tratta di pompe di calore geotermiche.

È proprio l’onerosità a mobilitare l’associazione dei consumatori Codacons che bolla l’addio alle caldaie come una stangata sulle spalle delle famiglie e pretendendo che l’Ue si faccia carico di bonus e incentivi per aiutare i cittadini ad affrontare la spesa di sostituzione dopo il 2029. Sulla sostenibilità economica di questa misura, sul suo impatto in termini di occupazione, sul benessere dei consumatori, non ci sono – per ora – indicazioni, neppure fumose. Mentre invece, c’è la quasi certezza che si svilupperà parallelamente un florido mercato dell’usato di apparecchi a gas sulla cui sicurezza potrebbero sorgere dei legittimi dubbi.

È ormai chiaro che “la decarbonizzazione senza lasciare indietro nessuno” è un slogan che non trova riscontro nell’applicazione dei pacchetti di obblighi e divieti sempre più stringenti. Provvedimenti desiderabili certamente; praticabili insomma; efficaci forse. Di questo passo, però, il diffuso convincimento della necessità di ridurre le emissioni si tramuterà in uno strisciante scontento per il sottaciuto reale prezzo della transizione. Quanto strisciante? La risposta, alle prossime elezioni europee.

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