In un recente articolo avevo proposto di comunicarci esempi concreti di vita vera, di gente che in particolari circostanze ha dato un esempio di amore per la verità e per la libertà al di là degli schieramenti e dei propri interessi. Concludevo dicendo: “Senza pregiudizi, per favore”.
Nei propongo uno che mi sembra andare oltre ogni pregiudizio.
Conosciamo tutti (forse sarebbe meglio dire in molti) la storia di Anna Kuliscioff, rivoluzionaria socialista, nata in Crimea, e passata poi alla storia anche per i suoi legami, pure personali, con Andrea Costa e Filippo Turati, padri del socialismo italiano.
In una lettera del 27 marzo 1904, scritta all’ex compagno Andrea Costa da cui aveva avuto una figlia, Andreina, difende la scelta della ragazza di sposarsi in chiesa con un Gavazzi, rampollo di una famiglia cattolica di imprenditori di Desio. Costa era scandalizzato e non riusciva ad accettare questo matrimonio, per di più religioso.
La Kuliscioff gli ricorda che Andreina, pur educata ai loro ideali, non era mai stata né socialista, né atea. Anzi, dopo aver liberamente fatto la scelta del battesimo in occasione del loro arresto del 1898, aveva fatto un voto alla Madonna perché fossero liberati. Gli ricorda che Ninetta – così la chiamavano affettuosamente – era una brava ragazza, sinceramente innamorata del Gavazzi. Tanto che la famiglia di lui, tipica famiglia tradizionalista cattolica brianzola, aveva finito per accettarla nonostante le sue origini familiari.
Certo anche per lei, Anna, la scelta di Andreina di sposarsi in chiesa era stata uno choc, ma aggiunge: “Ebbene una sera se ne parlò del matrimonio religioso ed io, perché essa non abbia nessuna amarezza da parte mia, le dissi che per parte mia odio tutte le formalità del matrimonio, ma in verità mi ripugna più l’atto commerciale del matrimonio civile, poiché nel matrimonio religioso, per un momento almeno, si ha la sensazione poetica della fusione delle anime”.
Certo si può non condividere fino in fondo l’idea della Kuliscioff del sacramento, ma resta il suo esempio di tenero rispetto per le scelte della figlia.
Interessante poi la conclusione della lettera. Dopo aver ricordato che la scelta di Andreina era anche conseguenza paradossale di quella educazione alla libertà che le era stata data, la Kuliscioff scrive: “Se la Ninetta fosse minacciata da una disgrazia, se l’uomo da lei prescelto fosse indegno, allora per la sua salvezza, pel suo bene si può anche violare le norme di libertà di coscienza e di azione. Ma se va incontro alla sua felicità, sia pure benedetta anche dal prete, ne sono contenta ugualmente”.
Ragazzi, ci pensate? La felicità, non il trionfo della Rivoluzione.
Piccola interessante appendice. Qualche anno dopo il matrimonio fu la signora Andreina Kuliscioff Gavazzi a contribuire al pagamento della retta del seminario del piccolo povero Luigi Giussani, che anche lui aveva un padre socialista.
E poi c’è qualcuno che ancora non crede alla libertà di coscienza e, soprattutto, alla Provvidenza!
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