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Home » Calcio e altri Sport » Calcio » Champions League calcio » Strage dell’Heysel/ Cosa successe a Bruxelles, perchè Juventus Liverpool si giocò e le conseguenze

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Strage dell’Heysel/ Cosa successe a Bruxelles, perchè Juventus Liverpool si giocò e le conseguenze

Claudio Franceschini
Pubblicato 29 Maggio 2025
Un'immagine dalla strage dell'Heysel (Foto ANSA)

Un'immagine dalla strage dell'Heysel (Foto ANSA)

Strage dell'Heysel: ricordiamo la tragedia del 29 maggio 1985 a 40 anni dagli eventi precedenti la finale di Coppa dei Campioni Juventus Liverpool.

LA STRAGE DELL’HEYSEL: COSA SUCCESSE DAVVERO

Quella conosciuta come strage dell’Heysel è una delle pagine più nere nella storia del calcio. Più volte se ne è discusso, scritto e parlato, la si è presa da varie angolazioni, si è cercato di entrare davvero nel merito e di guardarla con gli occhi di chi c’era. Resta una tragedia, senza troppi giri di parole. La sera del 29 maggio 1985 persero la vita 39 persone: L’evento è tristemente noto come strage dell’Heysel perché il teatro fu l’omonimo stadio di Bruxelles, che oggi è intitolato a Re Baldovino (vivo e regnante all’epoca dei fatti) e per due stagioni ha anche ospitato le partite casalinghe dell’Union Saint Gilloise. Quella sera sarebbe dovuta essere una festa, o comunque un importante appuntamento sportivo: era in programma la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool.


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Reds campioni in carica grazie al successo ai rigori contro la Roma, allo stadio Olimpico; bianconeri che già all’epoca vivevano la ricerca al trofeo come un’ossessione, avendo già perso le finali contro Ajax e Amburgo (quest’ultima come super favoriti) oltre ad altre beffarde eliminazioni, come quella per mano del Bruges, ai tempi supplementari, nel 178 che avrebbe poi sancito per altro il secondo titolo consecutivo del Liverpool. Era la Juventus di Giovanni Trapattoni, guidata in campo da capitan Gaetano Scirea e dalla classe di Michel Platini; una squadra che, oltre ai titoli nazionali, aveva già messo in bacheca Coppa Uefa e Coppa delle Coppe ma si trovava ancora senza il trofeo più importante.


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La partita sarebbe dovuta iniziare alle ore 20:15 di quel 29 maggio; il tifo organizzato della Juventus era stato sistemato, secondo l’organizzazione, nei settori M, N e O dell’Heysel, vale a dire molto lontani dai tifosi del Liverpool. Il problema fu che altri sostenitori bianconeri, organizzatisi in autonomia come anche oggi accade, furono disposti altrove: precisamente nel poi famigerato settore Z, appena accanto ai settori inglesi e con la sola “protezione” di due reti metalliche, peraltro molto basse. Si vocifera, ma la cosa non sarebbe mai stata accertata ufficialmente, che tra i tifosi del Liverpool vi fossero alche alcuni Headhunter, sostenitori del Chelsea conosciuti per il comportamento violento.


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COME SI SVILUPPÒ LA STRAGE DELL’HEYSEL

Ad ogni modo, quelli erano anni in cui dominava il difficile fenomeno degli hooligan, sul quale (ed è stato ampiamente fatto) si potrebbe discutere a parte. Circa un’ora prima del fischio d’inizio, affidato all’arbitro svizzero André Daina, gli hooligan si misero in azione: le ricostruzioni inglesi riferiscono di semplici azioni intimidatorie, chi c’era e ha poi rimesso mano agli eventi indica invece che i sostenitori Reds cercarono a tutti gli effetti di fare irruzione nel settore Z, cercando lo scontro. La tragedia ebbe origine proprio da quello: i tifosi della Juventus, come già detto, non facevano parte di gruppi organizzati e quell’assalto da parte dei supporter rivali trovò di fatto solo una gran paura, e il tentativo di fuga. Fu allora che si scatenò tutto, e che anche il racconto si fa confuso.

Quello che accade fu che alcuni tifosi della Juventus cercarono di ammassarsi al lato opposto del settore Z, provocando una calca impossibile da sostenere e anche il crollo del muro. Alcuni furono schiacciati nel fuggi fuggi generale e impazzito, altri cercando di sfuggire alla pressione si lanciarono nel vuoto. Altri ancora cercarono di entrare in campo attraverso un pertugio, ma qui si trovarono di fronte una polizia belga che, non rendendosi conto dell’accaduto, utilizzò anche i manganelli per ricacciarli sulle tribune. A proposito di questo, bisogna dire che nel momento della tragedia non erano molti ad essersi resi conto di quanto davvero stesse accadendo.

Certamente non i calciatori (come avrebbero poi ampiamente raccontato), ma anche parecchi spettatori assiepati negli altri settori, che certamente si accorsero di come qualcosa non andasse ma non avevano capito la reale portata degli eventi, che si sarebbe scoperta solo il giorno successivo. Alla fine, il conto fu salatissimo: 39 morti (di cui 32 italiani, 4 belgi, due francesi e un nordirlandese) e più di 600 feriti. Le salme sarebbero poi state visitate da Re Baldovino e la moglie Fabiola, i feriti gravi invece ricevettero la visita di Michel Platini accompagnato dalla dirigenza della Juventus. In tutto questo, cosa successe alla finale di Coppa dei Campioni? Semplice: la partita si giocò, e la Juventus vinse 1-0 con un rigore segnato da Platini, per un fallo commesso su Zbigniew Boniek in realtà ben fuori dall’area.

PERCHÈ JUVENTUS LIVERPOOL SI GIOCÒ

Perché Juventus Liverpool si giocò? A distanza di 40 anni le versioni divergono, almeno su chi effettivamente diede l’ordine di scendere in campo. Già in precedenza i due capitani, il già citato Scirea e Phil Neal, avevano provato a sedare gli animi con un annuncio pubblico; tuttavia, anche loro come il resto dei diretti interessati non erano a conoscenza dei reali accadimenti, che – si è detto – non furono immediatamente divulgati per non generare ulteriore panico. La narrativa a oggi più accreditata è che a decidere di giocare furono la Uefa, che sostanzialmente aveva l’ultima parola, e le forze dell’ordine locali: un modo per alleviare la tensione.

Sergio Brio, recentemente, ha confidato che la Juventus e in particolare il suo presidente Giampiero Boniperti volesse rinunciare alla finale; venne risposto, nel corso di una riunione con la Uefa, che in questo caso i bianconeri avrebbero perso a tavolino e avrebbero avuto i morti sulla coscienza. Le versioni sostanzialmente collimano; dopo la partita la Juventus fu “obbligata” a mostrare il trofeo, e alcuni giocatori vennero criticati per aver festeggiato dopo una simile tragedia. La risposta ancora a oggi è sempre la stessa: il giorno seguente, tutti i protagonisti si resero conto dell’accaduto e, chi più chi meno, fecero ammenda per quel giro di campo o per l’esultanza al rigore di Platini. Lo stesso Brio (ma anche Antonio Cabrini) afferma comunque che quella Coppa dei Campioni fu vinta sul campo, e come tale resta.

COSA SUCCESSE DOPO LA STRAGE DELL’HEYSEL

Dopo la strage dell’Heysel venne adottato il pugno di ferro. La Uefa, dopo un’indagine di un anno e mezzo, riconobbe i tifosi del Liverpool come unici responsabili della tragedia e bandì le squadre inglesi dalle coppe europee a tempo indeterminato; l’apice del fenomeno hooligan mise in azione anche il Primo Ministro inglese Margaret Thatcher, che proclamò lo Sporting Events Act e in seguito, dopo la tragedia di Hillsborough (1989) che vide coinvolti ancora i tifosi del Liverpool ma in circostanze del tutto diverse.

Era la semifinale di FA Cup contro il Nottingham Forest e il problema fu legato alle vie di accesso e agli spazi nello stadio; morirono 96 persone. La Camera dei Lord emanò il Football Spectators Act; due provvedimenti, per quanto differenti e quasi agli antipodi, che iniziarono a debellare il fenomeno degli hooligan, puntando sulla repressione da una parte e sulla responsabilizzazione di club e tifosi e la ristrutturazione degli stadi dall’altra. Purtroppo, per arrivare a questo si dovette passare anche dalla strage dell’Heysel, una tragedia che non si potrà mai dimenticare.

Tags: Liverpool

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