Come è stato ucciso Giovanni Falcone nella strage di Capaci e chi è stato: le verità nascoste dietro l'attentato e i mandanti occulti ancora ignoti
Tra gli eventi più tragici della storia d’Italia e simbolici della lotta alla mafia, c’è senza dubbio la strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio ’92, in cui morì Giovanni Falcone, uno dei magistrati più importanti nella battaglia contro Cosa Nostra. L’attentato mafioso avvenne nei pressi dello svincolo di Capaci, vicino Palermo, e fece altre vittime: dalla moglie del magistrato, Francesca Morvillo, ai tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
La strage fu compiuta con una carica di esplosivo nascosta sotto un tratto dell’autostrada. Una carica di tritolo, T4 e nitrato d’ammonio esplose mentre transitava l’auto su cui viaggiava Falcone, che venne scaraventata per decine di metri. La prima auto, che faceva da apripista, schizzò in aria; quella su cui viaggiava Falcone si schiantò contro un muro d’asfalto e detriti che si era alzato all’esplosione, così violenta che parte dell’autostrada andò distrutta (circa 100 metri) e si formò un enorme cratere (di oltre 5 metri).
Falcone – che guidava l’auto e aveva al suo fianco la moglie, anche lei magistrato – rimase gravemente ferito in quell’attentato, ma morì poco dopo in ospedale, come la moglie. Invece, gli agenti della scorta che erano in un’altra auto morirono immediatamente, mentre quelli della terza vettura del corteo rimasero feriti, ma sopravvissero.
I RESPONSABILI DELLA STRAGE DI CAPACI
A organizzare la strage di Capaci fu la mafia siciliana, Cosa Nostra, su ordine di Totò Riina, il boss dei boss. Voleva che Giovanni Falcone venisse eliminato, perché con il suo lavoro aveva inflitto duri colpi alla mafia, in particolare con il Maxiprocesso di Palermo, con cui centinaia di mafiosi vennero condannati, ma anche per quello che poteva ancora fare, soprattutto se fosse diventato procuratore nazionale antimafia. «Era la prima volta che Riina consentiva questo tipo di attentato», raccontò Giovanni Brusca, l’esecutore materiale, perché fu colui che premette il pulsante del telecomando che fece esplodere la bomba.
Ma venne condannato come mandante anche Matteo Messina Denaro. Successivamente Brusca decise di collaborare con la giustizia, fornendo diversi dettagli non solo sulla strage, ma anche sulla struttura di Cosa Nostra. Ci furono però altri esecutori e fiancheggiatori che furono arrestati e condannati, ma restano ancora tanti punti oscuri.
Ad esempio, Giuseppe Costanza, autista di Falcone e unico sopravvissuto dell’auto che trasportava il magistrato, è convinto che siamo ancora lontani dall’individuare chi ha davvero dato l’ordine della strage di Capaci. Se è vero che Totò Riina ordinò l’attentato, questo era stato pensato da una «mente raffinatissima», secondo Costanza, il quale è anche convinto che quell’attentato sia stato un depistaggio, perché sarebbe stato più facile ucciderlo altrove.
IL GIALLO DEI MANDANTI OCCULTI
Dunque, dietro la strage di Capaci potrebbe non esserci solo la mafia; del resto, tutta la verità non è stata ancora svelata, tra silenzi, zone d’ombra e connivenze. Però si è preferito puntare su una narrazione, quella ufficiale, in base alla quale c’è solo Cosa Nostra dietro l’attentato, tralasciando lacune e buchi, a partire proprio dai mandanti esterni mai trovati, le piste investigative trascurate e i moventi più complessi.
Una pista mai battuta, come segnalato dal Fatto Quotidiano, è quella che ipotizza il coinvolgimento di un secondo commando, diverso da quello di Brusca, per via del ritrovamento di detriti prodotti da sostanze chimiche che servono a potenziare l’esplosione, ma non contenute nell’esplosivo che i pentiti riferiscono di aver usato a Capaci.
C’è poi il giallo dell’assenza di Pietro Rampulla, uno dei maggiori esperti di esplosivi in Cosa Nostra, che doveva premere il telecomando ma diede forfait e si fece sostituire da Brusca. Per l’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, è assurdo che abbia annullato la sua presenza per una missione così delicata. Non è ancora chiaro chi abbia manomesso i computer di Falcone dopo la sua morte. Tra gli aspetti trascurati vi sono anche le persone importanti con cui Riina aveva parlato prima di ordinare le stragi.