Le chiamano le “Regine della Rivoluzione” ed è soprattutto merito loro, delle donne del Sudan, se il regime di Bashir è stato rovesciato. Lo evidenzia un editoriale comparso sul sito di Nigrizia in cui si evidenzia il ruolo giocato dalle donne – in risposta allo stereotipo diffuso in Occidente delle donne musulmane sottomesse – nelle settimane che hanno portato alla caduta del dittatore sudanese. Non è un caso che l’immagine simbolo di quei giorni sia stata una donna che arringava il popolo con indosso “dei pendenti che chiaramente ricordano le Candàci, le regine sudanesi dei tempi faraonici”. C’è, in questo protagonismo femminile, una risposta alla legge islamica in vigore da 36 anni in un Paese in cui “la Fratellanza mussulmana ha promosso con orgoglio una campagna di arabizzazione della popolazione (con tutto quello che questo ha comportato in regioni come il Darfur e i Monti Nuba)”. Da qui la scelta, la svolta, “l’affermazione delle radici africane, antecedenti l’arrivo dell’islam, è una vera e propria sterzata del discorso sociale”. (agg. di Dario D’Angelo)
SUDAN, IL DITTATORE BASHIR ACCUSATO DI CORRUZIONE
Prosegue la situazione di caos, violenza e tensione in Sudan, nazione dell’Africa dove le milizie salite al governo dopo un colpo di stato, stanno reprimendo con la forza il popolo, sceso in piazza per manifestare e per chiedere un governo democratico. Numerose le vittime, fra cui anche diversi bambini, come denunciato negli scorsi giorni dall’Unicef (focus che trovate qui sotto). Ed è notizia delle ultime ore quella riguardante l’accusa formale nei confronti dell’ex presidente dello stesso Sudan, Omar al-Bashir, di corruzione. Stando a quanto sottolineato dai colleghi dell’edizione online de Il Post, il politico sudanese è stato accusato dalla procura generale del paese, che non ha però rilasciato altri dettagli sulla vicenda. Bashir era stato destituito dal suo ruolo di presidente del Sudan, poi arrestato lo scorso mese di aprile, al giorno 11: era stato il numero uno del paese per ben trent’anni di fila, un fatto non inusuale nei paesi dell’Africa dove le elezioni sfociano spesso e volentieri nel sangue. Dopo settimane di proteste l’esercito aveva dato vita ad un colpo di stato, prendendo in mano le redini della nazione: sembrava l’inizio di una nuova era, ma nel giro di pochi giorni dalla speranza si è passati al dramma. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SUDAN, CARNEFICINA FRA I BAMBINI
Una situazione drammatica quanto si sta vivendo in Sudan, nota nazione dell’Africa, da più di una settimana a questa parte. Il popolo vorrebbe un governo civile e democratico, ma alla gente comune si stanno opponendo le milizie militari, che stanno reprimendo le manifestazioni quasi esclusivamente con la violenza. Stando a quanto sostenuto dall’Unicef, infatti, dallo scorso 3 giugno, da quando sono cominciati i tumulti, ben 19 bambini sarebbero stati uccisi, con l’aggiunta di altri 49 rimasti feriti. Henrietta Fore, direttore generale del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, ha parlato così, come riporta l’edizione online di Repubblica, sottolineando il dramma che stanno vivendo numerosi minorenni in questi istanti: «Abbiamo ricevuto notizie di bambini detenuti reclutati per partecipare ai combattimenti e vittime di abusi sessuali. Le scuole, gli ospedali e i centri sanitari sono stati utilizzati come obiettivi, saccheggiati e distrutti. Gli operatori sanitari sono stati attaccati solo perché facevano il proprio lavoro».
SUDAN, UNICEF “19 BIMBI UCCISI”
A questa situazione da brividi si aggiunge il fatto che i beni di primaria necessità, tenendo conto che il Sudan è sempre stato una nazione già di per se poverissima, stanno iniziando a scarseggiare, con acqua, cibo e medicine che mancano un po’ in tutto il paese. A causa di queste carenze è ancora più a rischio la salute e il benessere delle persone, a cominciare da quello dei più piccoli. L’appello della nota organizzazione umanitaria internazionale è che gli scontri vengano portati a termine il prima possibile, e di consentire gli aiuti da parte delle associazioni preposte: «Mi unisco al Segretario generale delle Nazioni Unite – ha concluso il proprio pensiero Henrietta Fore – nell’esortare le parti a proseguire un dialogo pacifico e a riprendere i negoziati sul trasferimento del potere a un’autorità di transizione a guida civile. I bambini del Sudan vogliono la pace. La comunità internazionale deve assumere una posizione ferma a sostegno delle loro aspirazioni».