La sugar tax sarebbe dovuta entrare in vigore a luglio. Il Consiglio dei Ministri ha confermato il rinvio a partire dal 1° gennaio del 2026. L’imposta era stata introdotta dal Governo Conte al fine di contrastare l’obesità e moderare il consumo di zuccheri.
Anche la Colombia, alcune città americane, il Messico, il Regno Unito, la Francia, la Spagna e l’Ungheria hanno adottato delle misure simili per poter ridurre l’uso di bevande zuccherate, ma l’Italia ne avrebbe davvero bisogno?
Sugar tax oggetto di rinvio: ma cos’è?
La sugar tax conferma il suo rinvio (già supposto dal Decreto Milleproroghe) a inizio 2026. Tuttavia, l’imposta graverebbe sia sugli importatori che sui produttori di bevande analcoliche, ma appunto zuccherate. L’Italia vorrebbe replicare i modelli adottati dagli altri Paesi (sia a livello mondiale che europeo).
A risentirne sarebbero i prodotti usati come diluenti (a cui verrebbe applicata la tassa di 25€ per kg) e gli edulcoranti (10€ per ettolitro).
È facile immaginare che bibite come la Coca Cola, il tè, l’aranciata e i succhi di frutta vedrebbero dei rincari a discapito dei consumatori finali.
Con quest’ultimo provvedimento siamo giunti all’ottavo rinvio, e sia Maurizio Gasparri sia Paolo Barelli (al Senato), che Forza Italia, stanno cercando con tutte le loro forze di abolire questa imposta, che rappresenterebbe un danno per l’economia italiana e per le famiglie.
Difficoltà economiche
Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia, ha specificato che per il Governo è altamente complesso cancellare la sugar tax, perché per l’Erario si tratta di un gettito fiscale importante e continuativo (un valore di 300 milioni di euro annui).
Eppure, secondo Nevi – nonostante gli interventi propositivi del suo partito – il Ministero dell’Economia e delle Finanze dovrebbe trovare un’alternativa che possa generare gli stessi o quasi ricavi annui.
Secondo l’associazione di Confindustria, Assobibe, la sugar tax non dovrebbe essere oggetto di rinvio ma di cancellazione definitiva. D’altronde, nel nostro Bel Paese i dati dimostrano lo stesso consumo di bevande analcoliche e zuccherate già da anni, scongiurando pericoli su potenziali “eccessi”.
La sua attuazione, invece, potrebbe essere un problema per le imprese italiane ma anche per i consumatori, i quali pagherebbero entrambi amare conseguenze economiche.