Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato ieri, con alcuni emendamenti che dovrebbero ridurne l’impronta violenta e aggressiva, la proposta di legge sul fine vita “Liberi subito”, promossa dall’Associazione Luca Coscioni e finora bocciata da tutte le altre Regioni. Un sì a maggioranza con 27 voti a favore (Pd, Iv, M5s, gruppo misto) e 13 contrari (FdI, FI, Lega). Una consigliera Pd si è astenuta.
Con il voto odierno la Toscana è la prima Regione italiana a introdurre una regolamentazione sulla procedura con la quale le persone che vogliono accedere al suicidio assistito possono far domanda all’Asl. La risposta sui tempi e modalità è affidata alla commissione multidisciplinare, preposta a verificare la sussistenza dei requisiti fissati dalla Consulta, affinché l’aiuto al suicidio non solo non costituisca reato, ma sia interamente a carico della Regione.
Il nostro Ssn, che stenta a far fronte alle richieste di tanti malati che chiedono di vivere e di vivere nel modo migliore, dovrà accogliere e soddisfare le richieste di chi invece chiede di morire. Un paradosso difficile da accettare per la maggioranza dei cittadini.
La procedura prevista ricalca quanto a suo tempo stabilito dalla Corte costituzionale nella famosa sentenza 242/2019, che sciolse l’ipotesi di reato a carico di Marco Cappato, depenalizzando l’aiuto al suicidio e abolendo l’articolo 580 del Codice penale, che ne prevedeva una esplicita sanzione.
È la prima legge in Italia che consente senza giri di parole l’accesso all’eutanasia e il triste primato va alla Toscana che in queste ultime settimane è stata scenario di un acceso confronto tra i vescovi, con una loro inequivocabile Lettera a tutti i cittadini, rivolta in particolare ai decisori politici, e l’azione incalzante della segretaria Pd Elly Schlein che in tutti i modi ha rivendicato la compattezza di partito per arrivare prima a questo traguardo, che a dire il vero non sembra affatto invidiabile.
Il cardinale Logiudice nella Lettera rivolta a tutta la comunità dei fedeli in primis, ma non solo a loro, aveva affermato: “Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti“. E poco più avanti aveva aggiunto: “Prendiamo atto della scelta fatta dal Consiglio regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque”. La Schlein dal canto suo ha spinto con forza non solo il Pd, ma ha lottato per costruire quel famoso campo largo in cui cerca di annettere M5s e tutte le frange dell’opposizione.
Uno scontro non solo politico, che tocca le radici del pensiero e dei valori cristiani; un diktat chiaro e forte a tutti i membri dell’area di opposizione per marciare uniti, contro ogni ostacolo che si possa sovrapporre alla sua linea di partito. Chi ne ha fatto, e ne farà ancor più le spese nel prossimo futuro sono proprio i cattolici del Pd, e comunque del resto dell’opposizione.
L’appartenenza e la fedeltà di partito hanno giocato pesantemente non solo contro le radici etiche e morali della visione cristiana della vita, ma in modo esplicito anche contro quelle indicazioni concrete venute dalla Chiesa, dai pastori del proprio territorio, oltre che dalla incessante catechesi di papa Francesco.
In Toscana si è radicalizzata la contrapposizione tra la voce della segreteria del Pd e la voce della Conferenza episcopale toscana; si è toccato con mano come ogni mediazione cessa davanti al momento rituale del voto. Si può argomentare, negoziare, tentare mediazioni al più alto livello possibile, ma al momento del voto le alternative sono solo tre: sì, no, astenuto! E il Pd si è mosso tra i no e l’unica astensione, dando un quadro trasparente delle sue convinzioni e delle sue scelte di prospettiva.
Peccato, perché dopo i tanti dibattiti recenti sul ruolo dei cattolici in politica ci saremmo aspettati qualcosa di più. Ma la pressione della leader di sinistra ha giocato un ruolo ben più convincente di quello dei vescovi o della stessa voce del Papa.
E questo è il quesito che da cattolica mi pongo ogni giorno: ci sono principi inequivocabili nel loro valore di tutela del primo e più sacrosanto dei diritti: quello alla vita; c’è stata una voce che si è fatta via via più forte e determinata da parte dei vescovi toscani e nessuno potrà mai dire che non aveva capito da che parte stesse per un cattolico la responsabilità di prendere posizione a favore della vita, soprattutto quando appare più fragile e bisognosa di sostegno e di tutela.
Perché è chiaro a tutti che la libertà di morire è comunque garantita a tutti: tutti prima o poi dobbiamo morire. A noi, uomini e donne capaci di amare e di prenderci cura dell’altro, soprattutto quando da solo non sembra in grado di andare avanti, tocca proprio quella creatività dell’amore che sa trovare modi nuove per limitare le sofferenze e addolcire l’attesa. Quella fraternità cristiana che detta la linea del nostro agire quotidiano in ogni circostanza.
Le cure palliative ne sono una concreta manifestazione e sono al tempo stesso una grande opportunità sul piano umano oltre che sul piano dell’assistenza e della ricerca scientifica; sono l’espressione più alta di quella carità che si fa servizio competente e generoso e non rinuncia a prodigarsi per chi ne ha bisogno. Ma non si confonde e non si confonderà mai con quell’azione che ponendo fine a una vita si chiama eutanasia.
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