La Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno lasciato invariati i tassi di interesse nei giorni scorsi e non è detto che il mese prossimo (con la decisione del Fomc attesa il 13 dicembre e quella del Consiglio direttivo dell’Eurotower il giorno seguente) non accada la stessa cosa. Abbiamo fatto il punto con l’economista Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale.
Cosa possiamo attenderci dalla prossima riunione della Fed?
Nella conferenza stampa di mercoledì, il Presidente della Fed, Jerome Powell, ha enfatizzato i risultati raggiunti in termini di disinflazione piuttosto che di resilienza dell’economia americana, che pure è evidente. L’enfasi è evidentemente segnaletica dell’intenzione di lasciare invariati i tassi, almeno a breve, a differenza delle aspettative che alcuni membri del Board avevano, invece, veicolato solo lo scorso settembre. In effetti, l’indice dei prezzi PCE monitorato dalla Fed ha registrato un incremento a settembre dello 0,4% rispetto ad agosto, in linea con la variazione osservata in quest’ultimo mese rispetto a luglio. L’indice core, sempre a settembre, è aumentato dello 0,3% rispetto allo 0,1% di agosto. Tuttavia, nei sei mesi da aprile ad agosto, è cresciuto del 2,8% in ragione d’anno, rispetto al 4,5% del semestre precedente. Detto questo, l’attenzione della Fed ora è tesa ad evitare una eventuale riaccelerazione dell’inflazione, alla luce della disinflazione conseguita sinora.
Una disinflazione si è registrata anche nell’Eurozona, ma è pure proseguito il rallentamento dell’economia…
L’inflazione per il mese di ottobre è stata stimata dall’Eurostat al 2,9% rispetto al 4,3% di settembre, trainata dalla deflazione nel comparto dei prezzi dell’energia. Escluse le componenti volatili come, appunto, l’energia, ma anche i prodotti alimentari, l’indice core ha registrato un incremento del 4,2% contro il 4,5% del mese precedente, confermando la vischiosità dei prezzi nel settore dei servizi. A fronte della progressiva stabilizzazione del quadro inflativo, la congiuntura continua a deteriorarsi e la domanda di credito si riduce, in linea con le conseguenze dell’inasprimento delle condizioni monetarie. La crescita nell’Eurozona (e in Italia) è stagnante come rilevato dall’Eurostat per il terzo trimestre dell’anno, con la Germania che fa registrare una caduta dello 0,4% a fronte dell’andamento piatto del trimestre precedente. L’evoluzione dell’outlook, poi, si sovrappone alla crescente incertezza in seguito alla crisi scatenata dagli attacchi terroristici del 7 ottobre in Israele.
Prima di un eventuale taglio dei tassi la Bce vorrà aspettare che sia la Fed a muoversi in tale direzione?
Non credo perché le due economie stanno seguendo traiettorie differenti. Negli Stati Uniti, il Pil è cresciuto di quasi il 5% nel terzo trimestre, eccedendo ogni previsione. Peraltro, nei due precedenti trimestri, la crescita era stata superiore al 2% annuo. Nel complesso, l’economia americana ha beneficiato di un’espansione dell’offerta aggregata, consentendo un aumento, sinora non inflazionistico, del Pil – una sorta di soft landing con steroidi. D’altro canto, i rendimenti di mercato sui titoli di Stato Usa sono aumentati di un punto percentuale circa dal 4% del mese di agosto.
Per via dei rialzi dei tassi?
Più che scontare rialzi dei tassi della Fed, che peraltro non si sono verificati, tale incremento riflette, nell’opinione degli operatori, un aumento del premio per il rischio richiesto per classare titoli a lunga scadenza. In sostanza, il fenomeno è connesso con la politica fiscale espansiva che immette nel mercato crescenti quantità di titoli pubblici. L’effetto netto è di sterilizzare qualsiasi aspettativa di ulteriore rialzo dei tassi di intervento, a parità di tutte le altre condizioni.
Se negli Stati Uniti si prospetta un soft landing, per l’Europa si va verso un hard landing?
Il quadro congiunturale si va progressivamente deteriorando da mesi. Tuttavia, finché l’inflazione non converge stabilmente verso il 2%, sarà difficile che la Bce inverta la rotta, avviando la riduzione dei suoi tassi di intervento.
(Lorenzo Torrisi)
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