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Home » Esteri » TELEFONATA TRUMP-PUTIN/ “Il negoziato può funzionare se gli Usa ‘disarmano’ i volenterosi”

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TELEFONATA TRUMP-PUTIN/ “Il negoziato può funzionare se gli Usa ‘disarmano’ i volenterosi”

Trump offre la disponibilità del Vaticano come sede negoziale sull'Ucraina, Putin apre a un memorandum ma dice no alla tregua

Int. Aldo Ferrari
Pubblicato 20 Maggio 2025 - Aggiornato 22 Maggio 2025 ore 01:30
Telefonata Trump-Putin

La telefonata tra i Presidenti di Usa e Russia, Donald Trump e Vladimir Putin (ANSA-EPA 2025, combo)

Entrambi, Donald Trump e Vladimir Putin, hanno tratteggiato un bilancio positivo del loro secondo colloquio telefonico dopo quello dello scorso 18 marzo. Il presidente russo ha però respinto l’ipotesi di una tregua immediata in Ucraina e di un faccia a faccia con il presidente americano, anche se ha aperto all’ipotesi di un memorandum con Kiev per un “possibile trattato di pace futuro” nel quale stabilire un cessate il fuoco condizionato al raggiungimento di relativi accordi.


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In Europa Putin è sembrato perseguire una strategia dilatoria, in realtà ha ripetuto l’ormai nota richiesta di Mosca, quella dell’eliminazione delle “cause di fondo del conflitto”. È una novità, invece, l’ingresso del Vaticano nella trattativa diretta tra le due potenze.

Da qui siamo partiti con Aldo Ferrari, ordinario di lingua e letteratura armena e  storia dell’Eurasia all’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore del programma di ricerca su Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’ISPI di Milano.


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Trump ha offerto la disponibilità del Vaticano ad ospitare colloqui di pace. Come giudica questa proposta?

Non credo che il Vaticano abbia molta possibilità di agire concretamente tra due Paesi non cattolici come Russia e Ucraina. Credo che la soluzione a questa guerra vada trovata altrove.

Mosca ha ribadito una richiesta già nota: “la cosa più importante è eliminare le cause di fondo del conflitto”. Perché questa insistenza, appunto, sulle ragioni di fondo?

Io penso che le richieste di Mosca siano chiarissime; se la situazione non dovesse smuoversi, verrebbe il dubbio che nell’amministrazione USA e tra i Paesi europei qualcuno finga di non capire, oppure che siano richieste che non si vogliono accettare.


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È scetticismo, il suo?

No, perché se stiamo ai fatti, la Russia continua a ribadire le richieste già contenute negli accordi di Minsk 2 e ripetute prima di invadere l’Ucraina nel febbraio 2022: un trattamento migliore per i cittadini russi o russofoni dell’Ucraina, e l’impegno scritto dell’Ucraina a non entrare nella NATO.

E gli sviluppi non hanno pregiudicato queste richieste?

Al contrario. La Russia ha invaso l’Ucraina proprio perché le richieste non sono state soddisfatte; in tre anni di guerra, benché le cose non siano andate subito nel migliore dei modi sul piano militare, la Russia ha conquistato quasi per intero due regioni – Donetsk e Lugansk – e metà di altre due – Cherson e Zaporizhzhia – e oggi è in grado di proseguire, sia pure lentamente, la sua avanzata. Su questo tutti gli analisti militari obiettivi sono pressoché d’accordo. A quegli oblast va aggiunta la Crimea, riconquistata alla Federazione già nel 2014.

Quindi?

Queste sono le richieste russe e di questo bisogna parlare. A questo punto, se consideriamo che la posizione dell’Ucraina è la restituzione dei territori e che questa richiesta è ancora sostenuta dai Paesi europei, è praticamente impossibile che si arrivi a una soluzione rapida del conflitto. Anche se il mio augurio è che possa finire domani mattina.

La fine trumpiana della guerra in 24 ore si è rivelata un miraggio.

Trump o si illudeva, o probabilmente faceva soltanto campagna elettorale. O forse non aveva studiato il dossier Ucraina con la dovuta attenzione.

Adesso, dopo la telefonata con Putin, Trump dovrebbe sentire i leaders di Francia, Regno Unito, Germania e Italia. Cosa gli dirà?

Non lo sappiamo. Se si tratta di rendere la Russia più collaborativa, ciò che dovrebbe fare Trump è indurre i leaders dei governi europei a desistere dai propositi di supporto militare e di introdurre nuove sanzioni. Sono anni che le sanzioni dimostrano di non essere efficaci: la Russia si è sempre saputa adeguare e la sua economia, nonostante alcuni segnali di allarme, continua a reggere abbastanza tranquillamente.

Il famoso accordo sulle materie prime è o non è in grado di offrire all’Ucraina le garanzie di sicurezza chieste da Zelensky?

Su quell’accordo si possono fare diverse osservazioni. La prima è che dovremmo essere molto cauti nel giudicarlo, perché andrebbe letto nel dettaglio, invece non ne sappiamo abbastanza. La seconda considerazione è che l’accordo tutela sicuramente gli interessi economici degli Stati Uniti assai più di quelli dell’Ucraina. Infine, come hanno riconosciuto diversi analisti, nulla sembrerebbe impedire a Washington di esercitarlo anche sui territori acquisiti dalla Russia.

Qual è allora il senso politico di quell’operazione?

Gli USA sono riusciti a strappare all’Ucraina uno sfruttamento vantaggioso del sottosuolo in cambio dell’appoggio militare ed economico fornito nei tre anni di guerra e anche in quelli precedenti. Ritengo che l’Ucraina ne sarà penalizzata, ma che lo abbia firmato perché non aveva e non ha tuttora altra scelta.

Nemmeno quella di affidarsi all’Europa?

Il sostegno europeo, nonostante i soldi stanziati e le dichiarazioni dei “volenterosi”, è tuttora incerto e poco efficace, perché l’Ue non ha la forza politica e militare sufficiente.

Come viene vista oggi da Mosca l’iniziativa dell’Europa?

È giudicata con disprezzo, anche se il termine ci può dispiacere. Mosca considera l’Europa retorica e inefficace, come se noi non potessimo avere un ruolo davvero importante; né nelle trattative, né nella prosecuzione della guerra.

Lei cosa pensa?

Purtroppo per molti aspetti è un’analisi corretta. L’UE è disunita e ha carte scadenti da giocare. Per decenni abbiamo trascurato la difesa, e oggi qualsiasi piano di riarmo – o di rafforzamento della difesa, per usare un’espressione più “corretta” – avrebbe costi insostenibili per le società europee, anche se si preferisce non dirlo. C’è poi una grave incoerenza da sottolineare.

Quale?

Tutti i Paesi europei ritengono di contrapporsi giustamente alla Russia perché la Russia è autocratica mentre noi siamo democratici, ma in una questione cruciale come la “sicurezza” – ovvero il riarmo – la Commissione sta bypassando il Parlamento e sembra intenzionata a farlo fino in fondo.

Va detto che non tutti i Paesi europei hanno la stessa linea in merito.

È vero: l’Italia ha dimostrato di essere più prudente ed equilibrata rispetto ad altri leader oltranzisti come Macron. Ma resta il fatto che l’UE alimenta tuttora iniziative non in direzione della pace, cioè della conclusione della guerra, quanto piuttosto della sua prosecuzione sine die.

Allude ai “volenterosi”?

Sì. L’appoggio all’Ucraina aveva senso laddove appariva possibile che l’Ucraina potesse riconquistare i territori, ma è almeno dal fallimento della controffensiva dell’estate 2023 che gli eventi dicono il contrario. A questo punto, insistere sulla fornitura di armi e sul sostegno incondizionato all’Ucraina mi sembra francamente un gravissimo errore politico.

Eppure i “volenterosi”, ma anche l’Italia, insistono sulla difesa di un principio giustissimo, l’integrità dei confini e la condanna dell’invasione russa.

Sono principi sacrosanti e condivisibili. Ma difendere un principio trascurando la realtà, cioè che sul terreno gli ucraini non avanzano e non saranno in grado di recuperare, mi sembra un grande errore. Dovrebbe essere la realtà a guidare l’azione dei politici, ma mi pare che i politici vi abbiano rinunciato.

Ci sono autorevoli esponenti ucraini, come Oleksij Arestovyc, secondo i quali occorre trattare, altrimenti Kiev è destinata a perdere ulteriori territori.

È un punto di vista importante, ancor più perché di parte ucraina. Proprio perché le condizioni sono queste, occorrerebbe andare quanto prima verso la pace, non verso la prosecuzione del conflitto. Ma uomini come Macron, Merz e Starmer sembrano voler andare avanti in modo ostinato.

Oltre alla difesa degli obiettivi strategici, la dirigenza russa appare animata anche da ragioni ideologiche?

Lo è sicuramente. Sono anni che la Russia si contrappone anche dal punto di vista culturale e ideologico al cosiddetto “Occidente collettivo” e averne respinto l’avanzata sarà venduto internamente come una grande vittoria, ben oltre le modeste acquisizioni territoriali.

Qual è la vera ambizione strategica?

Quando Trump è stato rieletto, Mosca ha subito rivisto la speranza di realizzare un sogno pluridecennale alimentato anche in epoca sovietica, cioè dividere gli Stati Uniti dall’Europa. Ma se Trump si era illuso di poter concludere la guerra in un giorno, allo stesso modo il Cremlino si è illuso che decenni di collaborazione transatlantica potessero venir meno solo perché alla Casa Bianca si era insediato un presidente anomalo.

L’obiettivo di Mosca per l’Europa era quello simboleggiato dal North Stream 2, un patto energetico, politico e culturale?

Credo che sia interesse non solo russo ma anche europeo cercare di recuperare un rapporto positivo tra Russia ed Europa, in tutte queste sfere: politiche, economiche e culturali.

Sulla base di quello che ha appena detto, ritiene improbabile una rottura tra le due sponde dell’Atlantico?

Sì, e temo che la contrapposizione non solo militare e geopolitica ma anche culturale tra Russia e Occidente, proseguirà. Aggiungo: purtroppo.

(Federico Ferraù)

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Tags: Donald TrumpEmmanuel MacronVladimir PutinFriedrich Merz

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