La Cina ha usato le terre rare come arma di ricatto. Questo rende necessario aumentare il potere minerario italiano
La capacità di ricatto dimostrata dalla Cina nei confronti dell’America e potenzialmente alle nazioni europee – anche se al momento escluso da Pechino, ma non è credibile – grazie al monopolio sulle terre rare, minerali necessari per l’industria tecnologica, deve far riflettere l’Italia: accelerare il programma nazionale di esplorazione mineraria (Pne) che ha avviato 14 progetti esplorativi d’avanguardia per la riduzione della dipendenza di minerali critici dall’estero in particolare terre rare, rigenerando le vecchie miniere chiuse, potenziando le 26 dedicate a minerali critici e trovando nuovi giacimenti.
Il potenziale di estrazione espansiva da rigenerare riguarda rame, cobalto, tungsteno, grafite, barite, antimonio, nichel, zinco, piombo, manganese, titanio, litio e terre rare. Quanta roba c’è? Molteplici fonti dati sia attuali, sia storiche ne fanno ipotizzare tanta. Come mai non è stata sfruttata? Perché nel passato era più conveniente importare. Ora questa convenienza economica non c’è più. E per i minerali critici diventati armi è fonte di vulnerabilità grave.
Darei la priorità alle terre rare. Queste sul pianeta non sono affatto rare, ma la loro estrazione richiede distruzioni di territorio rendendo difficile per le democrazie e territori piccoli a elevata densità abitativa lo sfruttamento che invece è più facile in nazioni grandi e con regime autoritario, appunto Cina, Russia e altri.

Ce ne sono in Italia? Sì, in alcuni punti nell’arco alpino e appenninico. Le tecnologie di rilevamento in uso sono robuste: telerilevamento con analisi geofisica e geochimica, sensoristica aerea e spaziale, il tutto gestito da intelligenza artificiale. Dati pubblici? È in sviluppo un archivio minerario nazionale ad aggiornamento continuo con accesso a ricercatori e investitori.
In sintesi, la proposta qui fatta di accelerazione non trova un vuoto, ma un pieno già attivo a cui mettere le ali. Come? Bisogna attrarre capitale di investimento nazionale ed estero con formule pubblico-privato e questa parte sembra non troppo difficile. Molto difficile, invece, è superare le barriere normative legate alla conservazione del territorio. Ma sono possibili rapidamente nuove tecnologie pulite di estrazione, per esempio adattando i macchinari in uso per la costruzione di gallerie, e di lavorazione. Inoltre, va annotata la recente volontà dell’Ue di facilitare sul piano delle norme l’estrazione di minerali critici che è speculare al nuovo programma d’emergenza statunitense per l’autonomia nel settore delle terre rare.
Non ci sono ancora dati sufficienti per prevedere il possibile rango futuro dell’Italia come potenza mineraria internazionale, ma ho elementi per poter scommettere che entro un decennio possa avere una posizione non irrilevante, con vantaggio per la crescita e la sicurezza economica.
Nella strategia mineraria andrebbero anche inserite le complesse tecnologie di raffinazione delle terre rare perché potrebbero diventare una capacità da esportare in zone certamente ricche sul piano minerario, per esempio Groenlandia, Brasile, Turchia, Svezia (enormi giacimenti) e Africa. Aggiungerei quindi anche questa analisi riferita alla costruzione di un ciclo globale dei minerali critici, con rilievo dell’Italia, che rompa il monopolio ricattatorio della Cina e dei regimi autoritari connessi.
www.carlopelanda.com
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