A ben vedere, si sa già tutto. D’altra parte, in una zona dove le scosse telluriche si contano nell’ordine delle diverse centinaia all’anno, essere esperti in materia sismica è quasi ovvio. Giusto ieri l’ultima che ha registrato il quasi record stagionale di magnitudo 4,4 della scala Richter.
Qualsiasi cittadino dei Campi Flegrei sa benissimo in che consiste il fenomeno del bradisismo, che rarissimamente è stato catastrofico, che c’è una supervisione costante da parte dell’Osservatorio Vesuviano, che il patrimonio immobiliare non è il massimo in termini di sicurezza e adeguarlo a moderni criteri antisismici richiederebbe somme ingentissime e di fatto indisponibili; che i piani di evacuazione sono molto efficaci sulla carta, ragion per cui si spera che non vengano mai attivati; che un’amministrazione del territorio sciatta non ha agevolato l’affronto di problema conosciuto dai tempi degli antichi romani, e via dicendo.
I più avveduti riescono anche ad indovinare il grado della scossa tellurica in corso a seconda dell’oscillazione di quel sismografo ante litteram costituito dal lampadario e del numero delle cornici d’argento che cadono dalle credenze.
Solo questa profonda conoscenza, frutto soprattutto dalla esperienza “sul campo”, riesce a dare alla gente di Pozzuoli e dintorni quell’ironia che, unita ad una punta di cinico fatalismo, consente loro di convivere con un fenomeno che dire fastidioso è fortemente riduttivo. Lo si percepisce dagli sguardi, dalle conversazioni quotidiane e dalle dichiarazioni rilasciate ai media dopo ogni “scossetta” che merita la notizia sul Tg locale per avere fatto precipitare in strada più di qualcuno.
Eppure tutto questo non riesce ad esorcizzare completamente uno dei più umani tra i sentimenti: la paura. Quella terra che trema in maniera così beffardamente subdola è come se volesse ricordare a chi la abita che essere esperti in materia non basta, che c’è sempre un margine (e neanche tanto piccolo!) di imprevedibilità che non può essere ridotto ad analisi, valutazioni e piani di evacuazione.
Un po’ una metafora della vita. Siamo sempre tesi nel tentativo di organizzare tutto, prevedere ogni variabile possibile, ipotizzare un efficace “piano B” che ci faccia “evacuare” dall’imponderabile.
In fondo quel lembo di terra ha sempre amato l’uomo. Nonostante la sua irrequietezza, non ha mai infierito ferocemente come invece è accaduto in altre zone. Anzi, lo ha privilegiato donandogli una bellezza che ha pochi eguali.
Forse, con quel suo agitarsi, non fa altro che ricordargli che prevedere e organizzare tutto non basta, perché l’ultima e inesorabile parola sulla vita non appartiene a chi la abita.
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