Un tunisino di 34 anni, residente a Cosenza e legato all’Isis, è stato arrestato dalla Digos di Catanzaro con l’accusa di terrorismo per aver progettato un attentato sul territorio italiano.
Già ricercato nel suo Paese per terrorismo, l’uomo – il cui nome non è stato reso noto – avrebbe gestito una cellula dedita al proselitismo jihadista, addestramento paramilitare e pianificazione di azioni violente: “Progettava un attentato in Italia”, rivela una fonte investigativa, mentre i pm ricostruiscono chat criptate in cui si esaltava il “martirio” e si discutevano obiettivi simbolici: piazze, chiese, luoghi di culto.
La storia sembra ripetersi come nel 2016, quando Anis Amri guidò il camion della strage di Berlino dopo aver strascorso cinque anni in Italia, tra Catania e Palermo. L’arresto del 34enne tunisino è il frutto di mesi di intercettazioni e sorveglianza, svelando una rete clandestina che reclutava giovani emarginati nelle periferie, promettendo gloria nell’aldilà in cambio di sangue nell’aldiquà.
Il sospettato, secondo gli atti, avrebbe utilizzato moschee non registrate e centri culturali come focolai di indottrinamento, sfruttando la povertà e il risentimento verso l’Occidente; un copione già visto, eppure sempre più inquietante in un’Europa dove l’Isis, sconfitto sul campo, rinasce nelle periferie.
Terrorismo e Isis: la setta che addestrava martiri tra gli ulivi del Sud
Se l’Europa discute di immigrazione e sicurezza, nel frattempo, il terrorismo jihadista tesse la sua tela nell’Italia rurale: la cellula calabrese, smantellata dalla Digos, non era un gruppo improvvisato ma – secondo la Procura di Catanzaro – si trattava di una “struttura organizzata” con compiti precisi.
C’era chi reclutava, chi insegnava a costruire ordigni, chi studiava mappe per colpire “gli infedeli”. L’obiettivo era quello di sovvertire gli stati a maggioranza musulmana, instaurando teocrazie, ma anche colpire l’Italia come simbolo della crociata occidentale.
Il parallelismo con Al-Qaeda è inevitabile, come Bin Laden usava le grotte afghane, oggi l’Isis sfrutta le periferie d’Europa, ma c’è di più: l’uomo, già sorvegliato per contatti con miliziani in Libia, rappresenta il simbolo di un terrorismo globalizzato, che non conosce più confini geografici.
Siamo di fronte a un salto di qualità: non più singoli estremisti, ma cellule ibride, capaci di connettersi con i vertici del Califfato attraverso il dark web. Intanto, la Calabria – terra di contrasti, dove la spiritualità contadina convive con la criminalità – diventa un laboratorio di radicalizzazione: tra uliveti e paesi abbandonati, dove lo stato fatica ad arrivare, il fondamentalismo trova terreno fertile.