Il suo legale ha chiesto l’affidamento ai servizi sociali per Tino Stefanini a novembre, esponente di spicco della banda Vallanzasca: ora può uscire di casa dalle 8 alle 20, rimanendo in Lombardia. Dovrà però proseguire con il volontariato il sabato mattina presso la cooperativa sociale Zerografica di viale dei Mille. A Libero, Stefanini spiega: “Un anno fa la domanda mi fu respinta. Adesso invece è andata bene e sono felicissimo. Magari più avanti chiederò di poter fare una settimana al mare. Dopo quasi mezzo secolo di carcere, un po’ d’aria buona mi farebbe bene”.
Il tempo passato in carcere è tanto: cinquant’anni su settanta. “Con l’affidamento sto piano piano riprendendo a vivere normalmente, lasciandomi alle spalle tutto il mio trascorso criminale. Ho 70 anni, 50 dei quali vissuti dentro e fuori le patrie galere di tutta Italia. Adesso sono finalmente a casa mia, nell’abitazione di mia mamma, al Gallaratese”. La sua giornata tipo, ricostruita totalmente dopo l’uscita dalla prigione, l’ex criminale la racconta così: “Esco di casa alle 8 e vado al bar a fare colazione. Faccio la spesa, vado dal barbiere, cucino, vedo mio figlio. Verso le 10 incontro mio fratello, Walter, e ci sto un paio d’ore. Poi rincaso e mi faccio da mangiare. Sono un bravo cuoco. Nel pomeriggio dormitina e almeno una volta alla settimana vado dal vinaio che conosco per acquistare il vino che uso ai pasti. Sono andato una volta in piscina per un paio di bracciate: il fisico non è più quello di una volta. Alle 19 ancora a casa. Cucino e guardo la tv. Alle 23 sono già nel mondo dei sogni”.
Tino Stefanini: “Sono stato bandito per il Dio denaro”
Il giudice ha deciso di concedere l’affidamento ai servizi sociali per Tino Stefanini, ma una volta a settimana deve recarsi presso la cooperativa sociale Zerografica per svolgere volontariato: “Al sabato mattina, sempre. Però questa settimana ci sono andato altre due volte”. Nonostante una vita passata in carcere, Stefanini ha degli amici: “Proprio l’altro giorno sono stato invitato a pranzo dal mio amico Alessandro. Altri mi portano a casa delle buone bottiglie di vino, perché sanno che ai pasti mi piace bere un bicchiere di quello buono. Sono tutte persone che non hanno a che fare con il mio vecchio ambiente“.
I vecchi tempi, invece, sono “Morti e sepolti. La banda Vallanzasca, come ci chiamavano, non esiste più. Ormai siamo rimasti in tre: io, Osvaldo Monopoli e Renato che non sta affatto bene e mi dispiace molto. Erano gli anni Settata e facevo parte di un gruppo di fuoco che incuteva timore e mieteva vittime”. A Libero racconta che la decisione di fare il bandito era arrivata “Per soldi. Per fare la bella vita. Donne, champagne e fuoriserie. Andavamo nei locali e non abbiamo mai pagato. A 21 anni avevo sotto casa una Dino Ferrari Coupé e una Porsche. Tra il 1985 e l’87 mi mangiai due miliardi di lire tra casinò e stravizi. Non sono un eroe. Gli eroi sono i padri di famiglia che tornano a casa stanchi, con le mani sporche di grasso, e fanno quadrare i conti con sacrificio. Io sono stato un bandito per il Dio denaro e ho pagato. Bisbocce e sparatorie, morti e feriti, entrando e uscendo da 40 case circondariali”.
Tino Stefanini: “Avevo 17 anni quando incontrai Vallanzasca”
L’incontro con Vallanzasca, per Tino Stefanini arrivò da giovanissimo: “Avevo solo 17 anni. Lui era già stato in galera. Abitava a Lambrate, ma si spostò alla Comasina per incontrare un giovane che avrebbe dovuto fargli da autista durante i colpi. Renato arrivò in Jaguar. Io ero davanti al bar-tabacchi di via Teano, dove ci si trovava sempre tra ragazzi. Mi fermò e mi disse: se vedi Massimo digli che lo cerca Renatino. E diventammo amici. Un passato che giuro di aver cancellato. Quel Tino Stefanini non esiste più. Ho commesso reati e li ho pagati tutti. Poi tra un anno e mezzo sarò libero per fine condanna”. Il desiderio, oggi, è solo uno: reintegrarsi nella società come uomo libero.