Tommaso Buscetta, un nome che evoca il ritratto del primo vero pentito di mafia della storia ma che mai si è sentito tale. Noto come “don Masino” o il “boss dei due mondi” per aver svolto la sua attività criminale tra i due Continenti, vecchio e nuovo, a un certo punto della sua esistenza ha deciso di collaborare con la giustizia arrivando a fornire al giudice Giovanni Falcone una preziosa istantanea dell’organizzazione di cui era membro di spicco.
Svelata la struttura gerarchica della “Cupola” e alcuni dei suoi più profondi segreti, ha dato impulso decisivo alle indagini del pool antimafia in vista del maxiprocesso del 1986 in cui furono emesse centinaia di condanne a carico di esponenti della criminalità organizzata. Per la mafia, Tommaso Buscetta è stato “il traditore” per eccellenza, simbolo di infamia e voltafaccia al punto da essere considerato un nemico da abbattere. “La mia condanna a morte è stata già firmata“, aveva detto lui in una intervista esclusiva ai microfoni di Enzo Biagi quando, costretto a vivere sotto copertura, si trovava in Brasile.
Chi è Tommaso Buscetta
Nato nel 1928 a Palermo, Tommaso Buscetta è morto nel 2000 negli Stati Uniti. In mezzo a queste due date cardine della sua esistenza, la storia di un uomo di mafia tra i volti più noti e controversi di Cosa Nostra diventato il primo vero collaboratore di giustizia a cui la stessa criminalità organizzata avrebbe poi dato la caccia. Tommaso Buscetta non si è mai sentito un pentito e ha sempre respinto questa definizione sostenendo di non aver mai rinnegato il suo essere un mafioso.
Al suo ingresso in Cosa Nostra avvenuto quando ancora era minorenne è seguita una carriera criminale nel tessuto del traffico internazionale di stupefacenti in associazione con alcuni dei maggiori esponenti mafiosi come Gaetano Badalamenti. Dopo la prima guerra di mafia e varie condanne, si sarebbe trasferito in Brasile sotto false identità per proseguire la sua attività ai vertici del traffico di droga. Poi l’arresto del 1972, l’estradizione e la carcerazione in Italia prima dell’evasione e della fuga in Sud America. Nuovamente arrestato nel 1983, avrebbe poi affidato a Giovanni Falcone le prime fondamentali testimonianze su Cosa Nostra con un primo colloquio oltreoceano, aprendo al più grande processo contro la mafia che sia mai stato celebrato. Nel 1985 sarebbe stato trasferito negli Stati Uniti per entrare nel programma di protezione e vivere, di fatto, come un invisibile. La complessa storia di Tommaso Buscetta ha ispirato il film Il Traditore con Pierfrancesco Favino, per la regia di Marco Bellocchio.
“Io, a dire la verità, non ho mai creduto alla Cosa Nostra, all’organizzazione – le sue parole a Enzo Biagi dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino –. Ci sono entrato, c’ho vissuto, l’ho conosciuta benissimo, sapevo più cose dei capi, ho partecipato a decisioni… La mafia doveva costituire un’arma contro la sopraffazione dello Stato, quando fu creata. Con l’andare del tempo, questa cosa si è deteriorata perché quella lotta non era più necessaria, ma è rimasto il simbolo, sono rimaste le persone. Quando io sono entrato a farne parte, per curiosità, mi sono accorto che non c’era niente di tutto quello che pensavo io. Ma non si torna indietro dopo il giuramento, non si può“. Tommaso Buscetta ha perso due figli e diversi parenti uccisi dai rivali corleonesi.
Queste alcune delle dichiarazioni di Tommaso Buscetta dopo la collaborazione con i magistrati antimafia: “Alla mia maniera io sono ancora un mafioso (…). Parlando (con Falcone, ndr) ho ottenuto molto, mi sono liberato da un peso che portavo da molti anni e anche perché mi sentivo incoerente con me stesso (…). Ho sempre la certezza che le cosche mi stiano cercando. Sono certo che cercano la traccia più labile per potermi incontrare, perché è incontrandomi che potranno dare una risposta all’organizzazione. Sono stato condannato a morte molto tempo fa, non perché ero pentito, ma solo perché dava fastidio la mia personalità“.