Totò Riina è il simbolo della mafia e dell’era stragista di Cosa Nostra, il “Capo dei Capi” coinvolto nei fatti di sangue più atroci della storia italiana e catturato nel cuore di Palermo dopo decenni di latitanza. Era il 15 gennaio 1993 quando il boss corleonese fu individuato e arrestato nel contesto una operazione dei Carabinieri guidata dal Capitano Ultimo, poi finita nel cono dell’attenzione anche per la mancata perquisizione del covo di via Bernini.
All’anagrafe Salvatore, Totò Riina era soprannominato “‘u curtu” per via della sua bassa statura, una descrizione inversamente proporzionale alla spietatezza che gli valse l’appellativo “la belva“. Sarebbe stato ai vertici della “Cupola” dal 1982 al 1993, anno della cattura.
Totò Riina, la storia e la cattura
Totò Riina, con il suo successore Bernardo Provenzano, è stato ritenuto responsabile di efferati crimini tra cui spiccano le stragi di Capaci e via D’Amelio (avvenute nel 1992 ai danni dei giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino).
Per i reati commessi in decenni di attività criminale a capo di Cosa Nostra, è stato condannato a 26 ergastoli e figura tra i mandanti di decine di omicidi tra i quali quelli di Piersanti Mattarella, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Rocco Chinnici. Dopo l’arresto, Totò Riina ha rifiutato ogni ipotesi di collaborazione con la giustizia e ha sempre negato i crimini contestati. È rimasto in carcere fino alla sua morte, avvenuta il 17 novembre 2017, e ha portato con sé i segreti più oscuri della mafia. Ancora oggi, quando si ricorda la storia di Totò Riina e del suo percorso di mafioso sanguinario, la mancata perquisizione del covo di via Bernini (che nell’immediatezza della cattura non fu ispezionato dalle forze dell’ordine) continua a far discutere. Gli investigatori l’avrebbero fatta soltanto diversi giorni più tardi, quando ormai la villa era stata ripulita.