La fatica di vivere la fede in un Paese in cui le libertà religiose sono fortemente limitate, la presenza nella vita sociale con scuole e altre istituzioni, le conversioni di un popolo che guarda sempre di più al cattolicesimo, nonostante la forte riduzione delle libertà politiche dovuta all’arrivo dei cinesi di Pechino. Nella Cina Popolare, a Taiwan e a Hong Kong – spiega padre Gianni Criveller, direttore dell’agenzia di stampa AsiaNews e della rivista Mondo e Missione –, i cattolici vivono pienamente il senso della Pasqua e rendono testimonianza, per quello che possono, della loro fede.
A Hong Kong, in particolare, proprio nella notte di Pasqua vengono celebrati migliaia di battesimi, confermando una tendenza a convertirsi al cattolicesimo che prosegue da tempo. È il segno di una Chiesa viva, capace di incidere anche nella società con l’impegno politico di molti cattolici, alcuni dei quali, purtroppo, finiti in carcere per amore di una democrazia che hanno cominciato a conoscere, insieme e a partire dalla fede, nelle comunità cattoliche in cui sono cresciuti.
Cosa significa essere cristiani nella Cina Popolare e vivere il senso autentico della Pasqua, della Risurrezione, capace di dare una speranza vera alle persone, anche là dove la libertà religiosa non è garantita in tutto e per tutto?
Nella Cina Popolare, il popolo cattolico vive con amore la Settimana Santa e la Pasqua, con grande partecipazione sia come sentimento sia come frequenza, nonostante le difficoltà dovute al fatto che tutta la vita ecclesiale, anche nelle comunità aperte, rimane sostanzialmente regolamentata nell’ambito della politica di libertà religiosa del governo, che però limita le espressioni della vita di fede e non permette che siano amplificate.
Le celebrazioni sono nei compound delle chiese e non ci possono essere momenti di ritiro, momenti spirituali per i giovani, né Viae Crucis all’esterno. Tutti i vescovi della Cina, circa un centinaio, sono riconosciuti dalla Santa Sede; una trentina di vescovi, tuttavia, sono riconosciuti dal Papa ma non dallo Stato. Ci sono ancora comunità cosiddette sotterranee.
Cosa cambia per le comunità sotterranee? Quali difficoltà in più incontrano nel vivere la fede?
Su AsiaNews abbiamo riportato un incidente molto grave che è successo nella provincia dello Shanxi: uno scontro tra la polizia e le comunità clandestine sotterranee, che operano al di fuori dello schema della politica religiosa, che opprime la vera libertà religiosa. In alcune zone viene applicata molto severamente la norma secondo la quale i minori di 18 anni non possono frequentare attività religiose.
Non è scritta nei regolamenti religiosi, ma in quelli della politica dell’educazione in Cina; in certe regioni, però, viene applicata proprio nell’ambito religioso. Negli ultimi due o tre anni abbiamo assistito a un crescendo di applicazione di questa norma. Naturalmente, se non viene permesso ai bambini e ai ragazzi di frequentare la chiesa con i loro genitori, si mette a rischio la trasmissione della fede tra le generazioni.
Taiwan garantisce la libertà dal punto di vista politico, di pensiero. Anche lì i cattolici sono una minoranza. Come cambia il loro modo di vivere la fede?
I cattolici di Taiwan sono liberi: sono 300mila su una popolazione di oltre 23 milioni di abitanti. Sono una piccola minoranza, però sono organizzati nelle diocesi, nelle parrocchie e ci sono tantissime congregazioni religiose. Il cattolicesimo è presente dal punto di vista “istituzionale”, anche se non ci sono grandi conversioni, come succede, per esempio, a Hong Kong.
L’influenza del cattolicesimo nella società di Taiwan si sente attraverso l’impatto delle scuole cattoliche o altri tipi di istituzioni culturali, tant’è vero che il buddismo stesso (Taiwan è sostanzialmente buddista) ha assorbito alcuni elementi del cattolicesimo, per esempio una grande attenzione al sociale, ai poveri, eccetera. Anche questa è una forma, diciamo così, indiretta di evangelizzazione.
In due realtà così diverse, i cattolici riescono a dare conto della speranza che nasce dalla festa della Pasqua, dalla memoria della Risurrezione?
A Taiwan, i cristiani vivono la fede come si vive in Italia. Ci sono queste piccole comunità, nelle quali però la fede è molto sentita e il significato del mistero pasquale viene vissuto pienamente. E lo stesso vale per la Cina. Questo aspetto di testimonianza lo si vede soprattutto a Hong Kong.
Lì c’è una comunità cattolica molto importante, che rappresenta il 5% della popolazione, che però sta subendo una grave sofferenza. Dopo che nel 2020 è stata introdotta la legge sulla sicurezza nazionale, Hong Kong ha perso la libertà, non la libertà religiosa, ma quella politica.
Ci sono numerosi cattolici in prigione non perché cattolici, ma perché democratici, e lo sono perché hanno assorbito i principi della democrazia frequentando associazioni, scuole, parrocchie. Grazie all’insegnamento che hanno ricevuto dalla Chiesa, si sono impegnati per il bene pubblico della democrazia e della libertà.
Una testimonianza anche di fede, che continua lo stesso, nonostante le difficoltà?
Per molte comunità cattoliche di Hong Kong, questa Pasqua, come le ultime due o tre Pasque, è più sobria, più pensosa, perché si trovano in questo momento di grande incertezza.
Tant’è vero che ben 300mila persone hanno lasciato Hong Kong, molti dei quali, in proporzione, sono esponenti della Chiesa cattolica. Nelle parrocchie, comunque, anche se in maniera ridotta rispetto a qualche anno fa, c’è un significativo movimento di conversioni, per cui nella notte di Pasqua migliaia di nuovi cattolici vengono battezzati nelle chiese di Hong Kong.
(Paolo Rossetti)
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