Caro direttore,
credo che abbia ragione don Edoardo Canetta quando scrive “direi che forse è meglio che tra una discussione e l’altra, pur importantissime, sulle questioni aperte da Sanremo, l’assoluzione di Berlusconi, le scelte del Pd e le decisioni dell’Ue, magari un pensiero a quello che eufemisticamente abbiamo chiamato ‘il peggio’ forse bisognerebbe riservarlo”. Il riferimento è all’invito ad abbandonare al più presto il Paese fatto dall’ambasciata americana in Russia ai cittadini americani presenti nella Federazione. Un invito che in passato ha anticipato il precipitare degli eventi.
Tuttavia, il Festival di Sanremo merita qualche discussione, presentandosi anch’esso come anticipatore di sviluppi negativi da non trascurare. Diversi articoli sul Sussidiario li hanno evidenziati, dallo stravolgimento rispetto all’idea originale, con una deriva ideologica sempre più lontana dalla vera musica, all’allontanamento dalla realtà attuale, sempre più tragica per guerre e catastrofi naturali, come il recente terremoto in Turchia e Siria.
Questa lontananza potrebbe sembrare essere stata riempita dall’invito al Festival fatto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, invito poi annullato, dando luogo a quanto è stato definito una “figuraccia”. Sarebbe il caso di capire da chi è realmente partita l’iniziativa, a mio parere inopportuna, di invitare il leader di un Paese in guerra e semidistrutto a una squallida kermesse come questo Festival.
Va però notato che Zelensky sembra dare molta importanza al mondo dello spettacolo e, pochi giorni dopo Sanremo, un suo discorso in video ha aperto il Festival del Cinema di Berlino, tra il pubblico diversi esponenti politici tedeschi, guidati dal vicecancelliere Robert Habeck. Il presidente ucraino aveva già inviato video ai festival di Venezia, di Cannes e al Grammy Award.
Da notare anche, però, che Giorgia Meloni ha assunto posizioni completamente allineate con Washington sulla guerra in Ucraina, malgrado i problemi che una netta rottura con Mosca può porre anche in futuro. Problemi che invece sembrano influenzare l’atteggiamento di Francia e Germania, forse concausa dello “sgarbo” dell’esclusione dell’Italia dall’incontro con Zelensky, il quale a sua volta si è dimostrato piuttosto “freddo” nei confronti del nostro primo ministro. Forse per essersi dovuto accontentare di un semplice messaggio, per di più letto da Amadeus.
Un evento, a mio parere, che dovrebbe essere comunque approfondito è la presenza al Festival di Sergio Mattarella. Finora i presidenti della Repubblica partecipavano alla prima della Scala, come ha fatto anche Mattarella quest’anno presenziando alla rappresentazione del Boris Godunov, del compositore russo Modest Mussorgskij. Opinione personale, ma mi sembra del tutto improponibile mettere i due eventi sullo stesso piano, né serve a giustificazione la “forma privata” della visita di Mattarella. La presenza del presidente della Repubblica a un evento pubblico non può essere ridotta a un semplice affare privato. Per carità, a Mattarella può anche piacere il Festival ma, spero di non essere irriverente, poteva vederselo in televisione, come hanno fatto molti, per me troppi, italiani.
Comunque sia, la presenza del presidente ha finito per assumere un profilo politico. Gennaro da Varzi, nel suo articolo sul Sussidiario, avanza l’ipotesi di una discesa in campo di Mattarella a sostegno di un’operazione che vedrebbe un rivolgimento, fondato su Renzi, del quadro politico italiano. Non sono in grado di valutare questa ipotesi, ma vorrei avanzare un’ulteriore, per me grave, perplessità sulla questione.
Questo Festival si è caratterizzato per una serie di atti coerenti con quel pensiero unico che un’attiva minoranza vorrebbe imporre, ma che trova ancora discorde, o quantomeno perplessa, la maggioranza degli italiani. Questa cosiddetta nuova “cultura” appare inaccettabile in particolare ai cattolici. Mi pare incredibile che i collaboratori del presidente non si siano informati su come si sarebbe svolto lo spettacolo, non difficile da intuire peraltro dalla presenza di alcuni personaggi noti per le loro posizioni e provocazioni.
Sergio Mattarella è cattolico e, quindi, particolarmente sensibile ai disastrosi effetti di questa pseudocultura, il che a me pone qualche interrogativo in più sulla sua partecipazione al Festival. A meno che, come per Biden sull’aborto, il suo essere cattolico non incida sulla sua attività come presidente, limitandosi alla sfera privata. Quella sfera in cui si vorrebbe situare la sua presenza a Sanremo. In veneto si direbbe: “Peso el tacòn del buso”.
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