L'inflazione in discesa nell'Eurozona apre le porte a un nuovo taglio dei tassi della Bce. Ma incombono i dazi americani
Secondo la stima diffusa ieri da Eurostat, a marzo l’inflazione nell’Eurozona si è attestata al 2,2% tendenziale, in calo rispetto al 2,3% di febbraio. A spingere i prezzi è ancora il comparto dei servizi (+3,4%), mentre i beni energetici fanno segnare un calo dello 0,7%. Per Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «il dato appare in linea con il target inflazionistico di medio periodo pari al 2% della Bce, che potrebbe, quindi, tagliare ancora i tassi di un quarto di punto. Tuttavia, come ha ricordato lunedì il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, non si può trascurare l’impatto che possono avere i dazi Usa sulla politica monetaria».
Tra poche ore si dovrebbero conoscere i dettagli del pacchetto di tariffe che l’Amministrazione Trump intende introdurre. In che modo queste potrebbero influire sulla politica monetaria?
Per quanto il Presidente americano ritenga si tratti solo di una fase di transizione che porterà poi a un miglioramento dell’economia, si potrebbe assistere a un aumento dei prezzi non trascurabile negli Stati Uniti. Tutto dipenderà da quanto le tariffe saranno estese. Potrebbe esserci un effetto importante sulla domanda dei beni da parte dei consumatori oltre che sulle entrate pubbliche. Questa dinamica andrebbe poi a impattare sui mercati finanziari. E ci sarebbero conseguenze anche per l’andamento dell’economia e per le politiche della Fed.
E cosa c’entra la Bce con queste dinamiche endogene statunitensi?
Lo spostamento della domanda dei consumatori americani potrebbero avere conseguenze sull’andamento dell’inflazione e sulle relative aspettative. Se queste dovessero salire, la Fed non resterebbe indifferente e questo potrebbe impattare anche sulla Bce, che di norma osserva sempre con attenzione le mosse della Banca centrale americana. Non dobbiamo poi trascurare il sentiment dei mercati.
In che senso?
L’anno scorso la Borsa americana è andata particolarmente bene ed è difficile che quest’anno riesca a replicare le stesse performance del 2024, soprattutto con i dazi che potrebbero impattare sui consumi degli americani e, di conseguenza, sui profitti delle società quotate. Già si sta vedendo uno spostamento degli investimenti dagli Stati Uniti all’Europa. Questo fenomeno potrebbe proseguire. E questo avrebbe delle conseguenze sul cambio euro/dollaro.
Un po’ come avvenuto qualche mese fa, quando un taglio dei tassi della Bce non in linea con la Fed rischiava di portare a uno spostamento dei capitali verso gli Stati Uniti…
Sì, solo che questa volta il flusso dei capitali avverrebbe in direzione opposta e questo farebbe deprezzare il dollaro, cosa che a Trump non credo dispiaccia, e apprezzare l’euro, con conseguenze non positive per l’export dell’Eurozona, che potrebbe essere già penalizzato dai dazi. La Bce potrebbe trovarsi nella non facile situazione di dover scegliere tra un taglio dei tassi per aiutare le esportazioni e un mantenimento ai livelli attuali, se non un rialzo, per non rischiare di importare inflazione.
Vista questa situazione, per la Bce non sarebbe meglio lasciare invariati i tassi in occasione della prossima riunione del Consiglio direttivo in programma il 17 aprile?
Dipende dalle scelte effettive sui dazi. Se non saranno forti, un taglio minimo dei tassi ci potrebbe anche stare, diversamente sarebbe meglio lasciarli invariati, aspettando di vedere cosa accadrà. Al momento è però difficile fare previsioni, Trump stesso ha abbassato i toni nelle ultime ore. Credo che cerchi di essere imprevedibile, sapendo che questo gioca a suo favore.
(Lorenzo Torrisi)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.