Ogni mese i numeri confermano e, se possibile, peggiorano il quadro generale di crisi in cui si muove il mercato italiano dell’auto. Le stime, già estremamente caute quando non pessimiste, vengono ulteriormente riviste in negativo. I costruttori non fanno sentire più di tanto la loro voce, un po’ perché Fiat considera ormai del tutto marginale il mercato italiano (negli Stati Uniti le immatricolazioni di vetture nuove sono in aumento e la 500 sta cominciando a registrare i numeri sperati) un po’ perché il mercato auto a livello mondiale in realtà è in crescita, con il risultato che le case preferiscono rivolgere le loro attenzione a quei mercati emergenti (e non solo) dove ci sono margini interessanti di crescita e di guadagno.
Ma veniamo ai numeri. Nel corso del mese di aprile di quest’anno sono state immatricolate 129.663 autovetture, registrando un calo del 17,99% rispetto allo stesso mese del 2011. Si tratta di una contrazione in linea con quelle registrate nei mesi di gennaio e febbraio, ma molto più pesante delle attese in quanto non vi è stato il recupero dell’effetto “sciopero delle bisarche” che in marzo aveva determinato un calo del 26,7%. Di fatto si sperava che il dato estremamente negativo di marzo portasse a un ridimensionamento delle perdite, ma purtroppo non è stato così. La proiezione su base annua dei primi 4 mesi del 2012 porta così il totale di immatricolazioni attese per quest’anno a 1.465.625 immatricolazioni, un volume di vendite che non veniva più realizzato dal 1983.
Le cause sono sempre le stesse che abbiamo più volte sottolineato anche dalle pagine de ilsussidiario: i prezzi elevatissimi dei carburanti, dell’assicurazione RC auto, la pressione fiscale specifica insostenibile, le difficoltà di accesso al credito e, soprattutto, per un quadro economico che si rivela sempre più preoccupante, sia per il presente che per l’immediato futuro. I dati recentemente comunicati sulla disoccupazione non fanno che confermare il momento di grave difficoltà, reso ancora più complesso dalla mancanza di provvedimenti da parte del Governo che possano in qualche modo portare a un miglioramento, non solo nel comparto dell’automotive ma di tutta l’economia in generale del nostro Paese.
L’unico ambito su cui si è agito, quello della liberalizzazione del settore assicurativo, al momento infatti non sembra aver portato alcun beneficio ai clienti finali. Inoltre l’Osservatorio Findomestic ha registrato che la propensione all’acquisto di un’autovettura nuova, dopo il leggero recupero di gennaio e febbraio, in marzo e in aprile è di nuovo in calo. D’altra parte in aprile sono in calo tutti i principali indicatori di fiducia diffusi dall’Istat: l’indice per le imprese manifatturiere scende da 91,1 a 89,5, quello per le imprese dei servizi scende da 82,2 a 76,0, quello per le imprese del commercio da 83,8 a 81,8 e quello dei consumatori da 96,3 a 89,0. Si tratta di cali importanti, che riflettono una presa di coscienza della situazione dell’economia reale dopo la momentanea euforia dovuta all’allontanamento del rischio di default finanziario del Paese. Se a questi dati si unisce un calo della produzione industriale su base annua del 6,8% che, in attesa di conferma dalla stima sul pil trimestrale, il Paese è in un vero e proprio stato di recessione economica.
Secondo Gian Franco Soranna, direttore di Federauto: «L’analisi più corretta sta nel confronto fra il bimestre marzo-aprile 2011 e 2012 e ancor di più nel raffronto quadrimestrale. Analizzando i numeri con questa chiave di lettura, nel confronto marzo-aprile 2011 e 2012 mancano all’appello 78.361 immatricolazioni, che diventano quasi 135.683 se prendiamo a riferimento il primo quadrimestre. In termini percentuali stiamo parlando di flessioni che oscillano, rispettivamente, fra il 22,6% e il 20,2%.»
Questi dati esprimono le gravissime difficoltà del settore automotive, che impiega 1,2 milioni di addetti, contribuisce per il 16,6% al gettito fiscale nazionale e fattura oltre l’11,4% del PIL. Se poi si considera che ogni vettura acquistata porta nelle casse dello Stato, direttamente o indirettamente, circa 5.000 euro si può tranquillamente stimare in circa3,5 miliardi di euro la perdita complessiva per l’erario.
E’ quanto mai necessario quindi che alla politica fin qui tenuta venga affiancata una politica di rilancio dell’economia intesa nel suo insieme.
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