Stato, Regioni e Provincie si stanno accanendo contro il mercato dell’auto. Una tassazione senza precedenti, denunciata dal settore, di cui, alla fine, sarà il cittadino comune a farne le spese. Le dimensioni del comparto sono, infatti, tali che l’aggravio impositivo non potrà rimanere circoscritto entro una porzione dell’economia reale ben definita. Interpellato da ilSussidiario.net Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, associazione che rappresenta i concessionari di autoveicoli (automobili, veicoli commerciali, veicoli industriali e autobus) spiega in che misura i danni al settore potrebbero impoverire la vita di tutti. A partire da qualche dato: «Le imprese che rappresentiamo, da sole, senza i costruttori, fatturano il 6% del Pil e occupano 178mila addetti; con i costruttori si arriva all’11,6% del Pil e a 400mila addetti; con l’indotto si arriva a 1 milione e 200mila occupati». E ancora: «Contribuiamo al 16,6% delle entrate fiscali nazionali. Tuttavia, negli ultimi 5 anni, il mercato automobilistico ha venduto appena 2 milioni di auto l’anno, la soglia minima per la sopravvivenza della filiera, così come noi la conosciamo. L’anno scorso, per la prima volta, siamo andati sotto tale soglia, avendo venduto 1 milione 750mila auto. Quest’anno è attesa la vendita di un 1 milione e 370mila auto. Faremo 630mila in pezzi rispetto alla media degli ultimi 5 anni». Per l’Erario, sarà un brutto colpo. «Lo Stato, nonostante tutte le nuove gabelle, introiterà 3 miliardi di Iva e tasse varie in meno». Le nuove gabelle di cui parla dipingono uno scenario parossistico. «A fronte di questa situazione, si è deciso di aumentare il carico fiscale, con un attacco concentrico contro il mercato dell’auto su più versanti».
Partiamo giusto dall’aumento della famigerata Iva. «Su un telefonino pesa pochi euro. Su una vettura, mediamente, ogni punto di Iva corrisponde a 220 euro. E’ stata riesumato, inoltre, dal governo Berlusconi, il super bollo sulle auto di lusso. 10 euro al Kw, che Monti ha raddoppiato a 20. Avrebbe dovuto generare un gettito aggiuntivo di 180 milioni di euro. Se tutto andrà bene ne genererà una quarantina. Come era prevedibile, infatti, il mercato italiano delle auto di lusso è stato demolito dalla misura». Non è finita. «Il bollo auto, di competenza regionale, è stato aumentato fino al massimo possibile, del 14,9%». Pure le Provincie ci hanno messo del loro: «Hanno rialzato al livello massimo le imposte sulle Rc auto di loro competenza. E hanno aumentato l’imposta provinciale di trascrizione (Ipt) dell’80% che si paga sia sugli autoveicoli nuovi che su quelli usati».
Come se non bastasse, si è deciso di intervenire sul prezzo del carburante. «Sono state aumentate le accise. E, come al solito, secondo modalità che hanno ben poco di etico o trasparente. Si direbbe, infatti, che siamo ancora in guerra con l’Abissinia, che stiamo aiutando i terremotati dell’Irpinia e del Friuli». Anche per i terremotati dell’Emilia Romagna sono state aumentate la accise. «Appunto: si tratta di un provvedimento straordinario che, una volta conclusa l’emergenza, dovrebbe essere rimosso. E’ prevedibile, invece, che nel 2050 non ce ne saremo ancora liberati». Tutto ciò sortirà terribili effetti. «Questi “disincentivi” comprimeranno i consumi, lo Stato introiterà meno e dovrà aumentare ulteriormente le tasse».
Tutti ne risentiremo. «Il cittadino se ne renderà conto sotto svariati profili. Anzitutto, sono a rischio 240mila posti di lavoro. Inoltre, se la riduzione delle vendite determinerà un minor gettito, qualcuno ci dovrà pur mettere la differenza. Abbiamo, poi, interrotto il circolo di svecchiamento del circolante. Ci sono 14 milioni di vetture con più di 10 anni che sono inquinanti e non hanno dispositivi come gli airbag, o l’abs. Quindi, più inquinamento e meno sicurezza. Basti pensare che l’abs ha ridotto, negli ultimi anni, in Europa, gli incidenti mortali del 50%». In conclusione: «Possiamo anche comprendere che non si sia spazio per gli incentivi. Non capiamo perché passare ai disincentivi di fatto».
(Paolo Nessi)
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