DOPO NEANCHE UN MESE LA TREGUA A GAZA È GIÀ A RISCHIO: IL PIANO AGGRESSIVO DI TRUMP ANCORA NON CONVINCE
Non è passato neanche un mese dal 19 gennaio 2025, giorno di inizio della tregua tra Israele e Hamas all’interno della Striscia di Gaza: le complicazioni sugli ostaggi, le presunte violazioni dell’Idf denunciate dai palestinesi e sopratutto il piano di pace presentato (anzi, per il momento solo annunciato) dall’amministrazione Trump che non viene accettato da nessuno degli attori in campo nel Medio Oriente. La possibilità di portare via i palestinesi da Gaza, creando una “Riviera” mediorientale ed impedendo così che possa ricostituirsi una nuova potenziale minaccia per il vicino Israele, non è stato per nulla accettato né da Hamas ovviamente, né tantomeno da tutti gli altri Stati arabi pur se alleati degli Stati Uniti.
L’ultima escalation ha poi portato due giorni fa l’annuncio della sospensione del rilascio degli ostaggi, con Israele andato su tutte le furie e che minaccia di riprendere la guerra se entro sabato a mezzogiorno non saranno liberati altri ostaggi come da accordi per la tregua: Hamas accusa il nemico israeliano di avere violato gli accordi, l’Ida rilancia invece sulle violazioni fatte dai palestinesi, con risultato che al momento è molto più probabile che la tregua salti piuttosto che non si trovi in extremis un nuovo accordo. In tutto questo il Presidente americano dalla Casa Bianca ha fatto sapere, a margine di un incontro con il re Abdullah di Giordania, che se gli ostaggi non saranno liberati scoppierà un nuovo “inferno” a Gaza con la ripresa dei combattimenti.
Del resto questa mattina in una intervista alla tv Usa “NewsNation” è lo stesso Segretario di Stato della Presidenza Trump, Marco Rubio, a far capire quale sia il vero snodo della questione tregua: la sfida è infatti, spiega l’ex senatore, «che Hamas non possa ricostruirsi sfruttando la tregua a Gaza». Su questo gli Stati Uniti stanno con Israele, ovvero sull’impedire che durante il cessate il fuoco la sigla terrorista palestinese possa realmente recuperare le forze dopo la lunga guerra degli ultimi due anni: secondo Rubio, ieri come oggi, «non si può credere a nulla di ciò che dice Hamas» come dimostrano gli “show” messi in piedi durante ogni liberazione degli ostaggi, mandati in pubblica piazza come forma di propaganda.
DALLA GIORDANIA ALL’EGITTO, I PIANI “ALTERNATIVI” PER CONVINCERE TRUMP: QUALI SCENARI ENTRO SABATO
Dalla Lega araba intanto arriva netto l’appello agli Stati Uniti di modificare il piano per il futuro di Gaza, la famosa “terza fase” della tregua fra Israele e Hamas che resta il vero snodo di tutta la vicenda: portare via i palestinesi da Gaza – sebbene Trump abbia detto che saranno portati in zone tra Cisgiordania, Giordania ed Egitto dove potranno avere un futuro lontano dalle guerre – è inaccettabile per il mondo arabo che da oltre 100 combatte tale idea. A livello internazionale solo la Russia non ha escluso l’ipotesi di Trump, mentre la Cina stamane ha condannato duramente la proposta di trasferire gli abitanti di Gaza.
Tanto il Re di Giordania quanto l’Egitto di Al Sisi propongono agli Stati Uniti dei piani alternativi dove si possa mantenere un controllo sulla Striscia di Gaza senza far tornare Hamas ma al contempo senza trasferire i palestinesi: dal Cairo viene sottolineato che presto sarà presentato – forse già entro sabato, per scongiurare la fine della tregua – un piano globale «per la ricostruzione della Striscia di Gaza che garantisca ai palestinesi il mantenimento delle loro terre». Il Premier Netanyahu intanto ha fatto sapere che le forze militari israeliani sono pronte a riprendere la battaglia contro Hamas qualora non dovessero essere consegnati gli ostaggi, trovando la pronta risposta della sigla palestinese che non procederà alla liberazione se Israele non rispetta gli accordi: sembra purtroppo di essere tornati indietro di mesi dove le posizioni dei due nemici in guerra erano inconciliabili e senza uno sbocco diplomatico. Resta da capire entro sabato cosa potrebbe succedere e quale dei Paesi tra Usa, Egitto, Giordania e Qatar riusciranno a far ragionare Hamas nel tornare a liberare gli ostaggi e proseguire una tregua tanto preziosa quanto a livello umanitario necessaria.