Trento: bimbo di 9 anni intossicato dopo aver consumato un formaggio fresco
A Trento negli ultimi giorni si è registrata l’ennesima intossicazione alimentare ai danni di un bambino di 9 anni che avrebbe consumato un formaggio al latte crudo – precisamente il ‘Puzzone di Moena’ – sentendosi male poco dopo: un caso per nulla isolato e che solo recentemente si era ripetuto identico coinvolgendo una bambina di due anni e mezzo e un bimbo di 10 anni – rispettivamente in Trentino e in quel di Bassano del Grappa – e che nel territorio attorno a Trento diventa sempre più frequente di anno in anno; mentre sono sempre di più le voci che chiedono una regolamentazione più stringente su questa tipologia di prodotti tendenzialmente innocui per gli adulti, ma potenzialmente letali per i giovani e per le persone fragili.
Partendo dal recente caso di Trento, è bene dire che per ora il bambino di 9 anni sembra essere ricoverato e non risultano esserci novità importati sulla sua condizione di salute; mentre le autorità sanitarie provinciali ricollegano l’accaduto ad una “infezione intestinale di origine alimentare” probabilmente ricollegata al “consumo di un formaggio prodotto a partire da latte crudo, non pastorizzato”, disponendo immediatamente il ritiro dal commercio del lotto identificato come responsabile e diramando un comunicato per raccomandare agli acquirenti di “non somministrarlo ai bambini di età inferiore a dieci anni, alle donne in gravidanza e alle persone immunodepresse“.
Una proposta di legge contro il formaggio al latte crudo: “Servono etichette per informare i consumatori dei rischi”
Insomma, il caso di Trento riapre un dibattito che – in realtà – non si era mai affievolito e che sul territorio trentino è stato spesso sulle pagine dei giornali a partire almeno dal 2017: quell’anno – infatti – proprio a causa di un prodotto simile il piccolo Mattia di 4 anni è finito in un profondo coma dal quale non si è ancora ripreso collegato ad un infezione (la più comune in questi casi) dovuta al batterio fecale Escherichia coli che – ricorda al Corriere la dottoressa Antonia Ricci – “può causare forme di dissenteria importante ed emorragica”, portare addirittura “all’insufficienza renale” e in pochissimi casi risultare anche “fatale”.
Seppur l’indicazione per evitare che il caso di Trento sia del tutto semplice – “non bisogna far consumare ai bambini formaggio fresco o yogurt fresco in malga”, spiega sempre la dottoressa Ricci – per porre un freno ad un problema che nell’ultimo anno ha causato 73 casi in un solo semestre è stata mossa una proposta di legge bipartisan per imporre una specifica etichettatura a questi prodotti che informi i consumatori dei potenziali rischi a cui potrebbero incorrere i bambini sotto i 10 anni.