Sono diverse le persone convinte che il coronavirus sia un virus prodotto in laboratorio. Fra questi anche il professor Giuseppe Tritto, di certo non l’ultimo degli esperti in materia essendo il presidente della World Academy of BioMedical. Parlando con Paolo Liguori durante la puntata di “Fatti e Misfatti” del 22 luglio, ha presentato il suo ultimo libro dal titolo eloquente “Cina Covid19 – La chimera che ha cambiato il mondo”, esternando appunto la sua teoria: “SarsCov2 è definita una chimera ricombinante. Ciò significa che nasce da due ceppi diversi che unendosi originano un nuovo agente virale. I ricercatori hanno isolato due ceppi di virus, uno trasmesso dai pipistrelli e uno dai pangolini. Ma non ci sono possibilità che queste due infezioni si siano unite tra loro in maniera naturale“. A conferma della propria tesi, Tritto svela come il covid-19 sia decisamente affine ai due ceppi di cui sopra: “Il virus isolato nei pipistrelli è affine al 94%, quello riscontrato nel pangolino addirittura il 96%”. Secondo il professore, affinchè il covid-19 si creasse in natura, sarebbe stato necessario che il pipistrello mordesse a fondo il pangolino, una tesi decisamente “impossibile”
TRITTO: “LABORATORIO DI WUHAN CLASSIFICATO COME P4”
Tritto racconta anche di come la virologa Shi Zhenli, ricercatrice di Wuhan conosciuta anche con il nome di Bat Woman per la sua abilità nel trattare i virus dei pipistrelli, avrebbe collaborato con Ralph Barich, professore americano, in uno studio sui coronavirus. Lo scopo di questa “partnership” era studiare il “guadagno di funzione”, ovvero, eliminare o aggiungere dei pezzi di sequenza di dna per facilitare la creazione dei vaccini. Tritto parla anche del famoso laboratorio di Wuhan, dove secondo lo stesso sarebbe stato realizzato il virus: “È un laboratorio classificato P4. Ciò significa che al suo interno vengono trattati patogeni certificati come dannosi per l’uomo. Queste strutture clonano virus e batteri per valutarne la virulenza e devono sottostare a rigorose misure di sicurezza. Quasi sempre – conclude – lavorano in parallelo con i laboratori militari”.