Cosa prevede l'accordo tra Trump, MBS e al Sharaa sul futuro della Siria: revoca delle sanzioni, Accordi di Abramo e petrolio. Tutti gli scenari nel Golfo
SVOLTA USA: REVOCATE LE SANZIONI ALLA SIRIA 5 MESI DOPO LA CACCIATA DI ASSAD
Code impressionanti agli sportelli delle banche e ai bancomat ATM di tutta Damasco è la prima grande reazione della popolazione all’annuncio del Presidente Donald Trump sulla totale revoca delle sanzioni alla Siria: appena 5 mesi dopo la cacciata degli alatiti sciiti del regime di Bashar al-Assad (oggi in esilio in Russia, ndr) il nuovo Governo dei ribelli jihadisti sunniti di HTS, guidati dal Presidente Ahmad al Sharaa (anche noto col nome di battaglia Muhammad Al-Jawlani o al-Jolani) ha ottenuto rapidamente un consenso e un apprezzamento dei partner internazionali occidentali.
Qualche apertura sulle prossime elezioni, un rinnovato dialogo con le minoranza religiose ed etniche e una spinta per provare ad aprire la Siria verso una ricostruzione dopo oltre 30 anni di guerra civile e regimi: di contro, resta un clima da sharia costante dentro e fuori Damasco, con la caccia all’uomo alawita che prosegue e con il pugno di ferro di al Sharaa fino all’altro ieri feroce leader di Al Qaeda.
Al netto di ciò, la lunga missione diplomatica di Trump in Medio Oriente mette a segno un’importante svolta nei rapporti tra Stati Uniti (e Occidente, Europa compresa) con la “nuova” Siria: durante l’incontro coordinato dal principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohamed Bin Salman, l’incontro tra al Sharaa e il Presidente USA porta subito i suoi frutti, «Ordinerò la cessazione delle sanzioni contro la Siria per dare loro una possibilità di grandezza». Anni di guerre, sanzioni univoche e conti bloccati, il “disgelo” si attua in pochi mesi con il giubilo scattato tra le strade di Damasco: poter tornare a spendere, smerciare e guadagnare è un sogno per una popolazione da anni rinchiusa in una spirale di violenza e distruzione.
LE APERTURE. (FORSE ECCESSIVE) ALLA SIRIA E IL POTENZIALE ASSE TRUMP-ARABIA PER ARGINARE L’IRAN: GLI SCENARI IN GIOCO
Certo, resta da capire se il tema delle sanzioni revocate rimarrà tale o se verranno richieste atti in più alla Siria di Al Jawlani e degli ribelli HTS: ad esempio, come ha spiegato lo stesso Trump a margine dell’incontro in Arabia, «serve che normalizzate i rapporti con Israele, deportando i terroristi palestinesi», ma inoltre occorre che la stessa Siria si assuma la responsabilità delle varie prigioni nel nord-est del Paese che ancora ospita gli jihadisti.
Dopo 25 anni resta la svolta del primo colloquio tra un leader della Siria e il Presidente degli Stati Uniti, messo a punto grazie alla profonda strategia diplomatica del principe MBS che solo ieri ha siglato accordi on gli USA per oltre mille miliardi di dollari. La richiesta principale di Trump ad al-Sharaa è la stessa proposta a tutti i Paesi satelliti dei sauditi: «firmate gli Accordi di Abramo con Israele», per porre fine alle tensioni in Medio Oriente isolando ancor di più il regime sciita dell’Iran.
È infatti sempre Teheran a rimanere nella scia degli obiettivi americani e sauditi: per i Paesi del Golfo che restano nell’orbita diplomatica degli States, gli Accordi di Abramo rappresentano un tentativo di stabilizzazione dell’area sfruttando appieno tutte le risorse (fossili e non) per rendere proficuo il tentativo di alleanza tra lo Stato ebraico e i Paesi arabi non sciiti, isolando così ancora di più il regime degli Ayatollah. Si spiega dunque così, probabilmente, le aperture ingenti e forse eccessive sotto certi versi al nuovo Paese siriano che sta nascendo sulla distruzione e l’odio per i persecutori precedenti.
«Al Sharaa ha una straordinaria opportunità di fare qualcosa di storico per la Siria», ha detto ancora stamane il Presidente Trump aprendo l’incontro storico a Riad, e incassando il pieno via libera anche dalla Turchia di Erdogan (che vede di buon occhio la revoca completa delle sanzioni alla Siria) in un video collegamento con lo stesso Presidente turco e bin Salman. Damasco chiede che gli USA e i partner occidentali possano investire in gas e petrolio siriani, avvicinando i comuni interessi nell’area e promettendo di rispettare l’accordo di pieno disimpegno tra Israele e Siria siglato nel lontanissimo 1974.