A un anno dalla sua elezione Donald Trump, al di là delle intemperanze, ha raggiunto molti degli obiettivi promessi. A partire da immigrazione e carovita
Vi può stare antipatico oppure odioso, per molti è irritante come pochi, indisponente, spavaldo ed aggressivo. Certamente Donald Trump non ha perso neanche un giorno la prima pagina dei giornali dopo la sua elezione di giusto un anno fa.
Vinse tra lo strazio dei progressisti (e dei perbenisti) e l’odio della sinistra, ma tirò la volata repubblicana a un clamoroso successo sia alla Camera che al Senato e – per almeno un altro anno – non ha problemi di maggioranza al Congresso, anche se i democratici rialzassero la testa per le vittorie alle elezioni comunali di domani in alcune grandi città americane, date per scontate.
Anche se l’entrata in carica del nuovo presidente è stata il 20 gennaio e quindi per fare dei bilanci seri del primo anno ci vorrebbero almeno altri tre mesi, è stato il primo martedì di novembre lo spartiacque con Biden e le linee-guida del quadriennio trumpiano sono ormai definite.
Cominciamo con qualche numero: l’opinione pubblica americana approva complessivamente Trump per il 42% medio dei sondaggi, in ripresa rispetto a qualche mese fa. Sembra una minoranza, ma non lo è stando ai dati statistici storici sui gradimenti presidenziali, soprattutto perché su alcuni temi (immigrazione, droga, sicurezza) oltre il 50% approva Trump che quest’anno ha incassato alcuni successi che vanno ricordati, mentre altri se li è auto-assegnati con il suo ego smisurato.
Di certo un risultato molto diverso dal gradimento di Trump in Italia dove solo il 23% gradisce il presidente e il 42% ritiene che gli USA addirittura non siano più una democrazia.
Intanto Trump ha per esempio ha vinto la guerra (o almeno la battaglia) sull’immigrazione illegale riuscendoci in definitiva senza varare nuove leggi, ma semplicemente facendo applicare più severamente quelle vigenti. Siamo passati da circa 10.000 ingressi illegali al giorno a praticamente quota zero (e anche i democratici hanno dovuto ammetterlo) mentre circa un milione di persone sono state ammesse legalmente nel paese solo quest’anno.
Poi c’è la partita dell’economia con milioni di americani che si sono visti recapitare un accredito fiscale per una significativa riduzione delle imposte federali, mentre l’inflazione si è ancorata al 3% rispetto ad una media del 5,3% annuo durante la presidenza Biden.
Mentre fuori dagli USA i dazi fanno paura, per questa scelta in patria il seguito del presidente è cresciuto soprattutto perché – ma ci vorrà tempo per vederne gli effetti concreti – molte aziende hanno cominciato effettivamente ad investire negli USA per produrre lì i propri prodotti e bypassare così le nuove tariffe protezionistiche.
Un segnale percepito dall’opinione pubblica e anche dalla Borsa, con Wall Street che è ai massimi e quindi permette di ridistribuire mezzi finanziari anche a quei fondi pensione che sono la preziosa riserva per decine di milioni di americani.
Sul piano interno, insomma, Trump può giocare delle buone carte cui aggiunge la sua visibilità da pistolero (soprattutto in alcune città a maggioranza democratica dove ha fatto schierare la Guardia Nazionale per tutelare l’ordine pubblico). Così come ora raccoglie successi d’immagine con la politica anti-narcos con atti che farebbero inorridire tanti giudici italiani (e anche qualcuno americano) per la loro spietatezza, ma che è di grade impatto sui media.
Un altro dato essenziale per l’americano-medio è che è diminuito il prezzo della benzina (le auto americane consumano più delle nostre, spesso anche per le loro dimensioni) mentre l’estrazione petrolifera interna è salita di oltre un milione di barili al giorno toccando il record di 13,5 milioni, segno tangibile di una inversione anche verso la politica green.
Sul piano estero Trump si vanta di aver risolto otto conflitti mondiali ed esagera, però è vero che la sua presidenza ha raffreddato molti conflitti e non solo a Gaza, ma anche tra India e Pakistan, Cambogia e Tailandia, Congo ed Uganda, Serbia e Kosovo, senza dimenticare che l’Iran ha abbassato la cresta.
Tregue provvisorie? Sarà, ma intanto il gendarme americano (soprattutto a suon di dollari) ha avuto il suo peso.
Resta l’incognita Ucraina dove Trump non ha raccolto i successi sperati e sul tappeto ci sono mille altri problemi, però il presidente USA non ha solo urlato ai mulini a vento e – se c’è chi va in piazza a dimostrare contro di lui – una solida “maggioranza silenziosa” lo approva dietro le quinte.
Infine c’è stata un’altra inversione di rotta molto più impalpabile, ma decisa, sulla politica woke e questo è silenziosamente avvenuto in tanti campi e – per esempio- quest’anno si è tornato a festeggiare il Columbus Day per la gioia della comunità italo-americana.
E’ presto per fare i bilanci, vedremo che succederà esattamente tra un anno con le elezioni di medio termine, tradizionalmente negative per i presidenti in carica.
marco.zacchera@libero.it