Elon Musk abbandona Donald Trump e ipotizza la creazione di un terzo partito, con fondi illimitati, che cambi la scena politica americana. Un piano difficile per un uomo inviso sia alla sinistra che alla destra, che, nonostante le sue disponibilità finanziarie, faticherebbe a costruire il terzo polo a fianco di democratici e repubblicani.
Anche perché lo scontro con Trump, spiega Marcello Foa, giornalista e docente universitario, già presidente Rai e conduttore di “Giù la maschera” su Rai Radio, ha messo in luce un aspetto poco considerato del capitalismo americano, che fa della commistione fra pubblico e privato un pilastro dello sviluppo economico.
Un meccanismo per cui molti grandi imprenditori, Musk compreso, hanno potuto sviluppare le loro idee solo perché lo Stato li ha finanziati lautamente. Come è successo a Tesla e SpaceX. Anche per questo la “guerra” Musk-Trump potrebbe finire con un accordo. Hanno bisogno l’uno dell’altro.
Musk ha detto che l’America ha bisogno di un altro partito. In fondo anche Kennedy, nelle ultime elezioni presidenziali, aveva provato a fare da terzo incomodo. Un progetto che può andare in porto?
Credo ci sia spazio per un modo nuovo di fare politica, ma che sia Musk a realizzarlo direi di no. È riuscito a inimicarsi tutti: fino a poco fa era il “cocco” della sinistra e tutti compravano le auto Tesla, l’abbiamo visto anche in Italia, salvo poi venderle o invitare a non acquistarle più quando è passato dalla parte del cattivo, cioè di Trump. Ora è inviso sia alla sinistra, che non gli perdona il tradimento, sia alla destra.
Che sia lui a creare un partito politico non lo credo possibile, anche perché ha notevoli limiti caratteriali. C’è chi dice che è il suo modo di essere, altri fanno riferimento alla sindrome di Asperger o al sospetto che assuma chetamina o altri tipi di droga, non si sa. Di certo ha un comportamento fortemente emotivo, bipolare, passa da grandi amori a grandi odi: non credo possa essere un tratto che gli permette di correre in politica.
Musk sembrava credere in un ruolo politico durante la permanenza nell’amministrazione Trump: aveva detto la sua anche riguardo alla situazione in Germania e nel Regno Unito. Coltiverà ancora questa aspirazione?
Musk ha avuto un grandissimo merito: quando c’erano tutti i social media che erano sotto la censura di Biden, ha rotto questo schema comprando X, all’epoca Twitter, aprendolo a ogni forma di commento e incaricando giornalisti indipendenti di rivelare come la censura veniva applicata. Solo a distanza di un paio d’anni Zuckerberg è uscito allo scoperto con una lettera al Senato in cui ha ammesso che, in America, tramite CIA e FBI, ma su ordine della Casa Bianca democratica, i contenuti venivano censurati.
Poi cosa è successo?
Come capita spesso agli imprenditori che si avvicinano alla politica, ne è rimasto affascinato. E, siccome ha un ego molto forte, ha pensato che il successo che ha avuto nel mondo imprenditoriale fosse trasferibile in quello politico. Parlare davanti ai palazzetti pieni o vedere che un post viene ripreso addirittura da milioni di persone lo ha indotto a pensare di poter essere un nuovo vate. Ha ceduto a questo fascino, salvo poi, dopo pochi mesi alla Casa Bianca, capire che non tutto è facile come sembra.
Trump ha ipotizzato conseguenze sui contratti che le aziende di Musk hanno con la pubblica amministrazione USA, dalla quale l’imprenditore di Tesla e SpaceX ha ricevuto molti soldi. Ma è Musk che ha sviluppato le sue attività grazie allo Stato, oppure sono gli USA a doverlo ringraziare per la sua capacità di innovazione?
Il capitalismo americano è basato su queste grandi figure di imprenditori, che però, dietro le quinte, sono abbondantemente finanziati dallo Stato per ragioni di posizionamento strategico. Un tempo, per lanciare satelliti nello spazio, ci si affidava alla NASA, che oggi è diventata una sorta di piattaforma, quasi un broker per conto dello Stato. Anzi, viene anche saltata direttamente, affidando i compiti a società come SpaceX. Elon Musk, insomma, svolge un’attività privata con fondi pubblici. E lo stesso era avvenuto per la Tesla. L’auto elettrica non si sarebbe sviluppata in questo modo se l’amministrazione Obama non l’avesse lautamente finanziata.
Quanto è stato aiutato Musk?
Il Washington Post stima che, complessivamente, avrebbe ricevuto 38 miliardi di dollari di fondi per sviluppare le sue attività. Una bella cifra. Lui è stato senza dubbio molto bravo, un imprenditore geniale, capace di far funzionare le sue aziende, ma un aiutino, anzi, un “aiutone”, lo ha avuto. Si tratta di un aspetto importante, perché riguarda Elon Musk come quasi tutti i giganti delle nuove tecnologie. Siamo di fronte a una sorta di capitalismo di Stato per interposta persona.
In cosa consiste questo sistema?
Amazon, Microsoft e Google sono i tre grandi gruppi che gestiscono il cloud in America e nel mondo. Quasi tutti i server del governo americano, inclusi quelli dell’intelligence, sono appoggiati ai server di una società privata, Amazon. È la prova di una commistione tra pubblico e privato che non viene mai narrata in questi termini.
Anche SpaceX, per andare avanti, avrà bisogno di commesse del governo americano, così come il governo americano ha bisogno di SpaceX, perché altrimenti non sviluppa più nessun programma spaziale. Lo scontro fra Musk e Trump, insomma, ha messo in luce un aspetto finora taciuto da tutti, da sinistra e da destra: l’esistenza di un sistema a capitalismo misto.
Musk e Trump alla fine si metteranno d’accordo, se non altro per salvaguardare i loro reciproci interessi?
L’origine della rottura fra i due credo sia caratteriale: sono due leader forti, abituati a comandare nel proprio ambito, che sono andati d’amore e d’accordo quando si trattava di combattere i democratici, mentre una volta entrati nella gestione del potere vero, alla Casa Bianca, sono stati protagonisti di diversi screzi. Buona parte dello staff di Trump non ha mai sopportato Elon Musk. Secondo me, alla fine una “quadra” dovranno trovarla, altrimenti si andrebbe verso un ulteriore scontro, indicativo della degenerazione di un impero, quello americano, che sta perdendo i colpi.
Musk, contro Trump, ha agitato anche lo spettro del caso Epstein, adombrando un suo possibile coinvolgimento. Il presidente USA corre qualche rischio?
Si sa che Trump conosceva Epstein, ma questo non significa che sia finito in qualche stanza con delle minorenni, così come è successo ad altri personaggi che facevano parte della lista del finanziere. Nessuno lo ha mai coinvolto in questo. Si sa comunque che diversi esponenti dell’establishment uscente americano, e anche di quello mondiale, erano sotto ricatto da parte di Epstein.
In realtà, nessuno sa nulla, perché i documenti relativi al caso sono blindatissimi, in un Paese in cui di solito almeno qualcosa filtra. Cosa dovrebbe sapere Musk di più che noi non sappiamo? Le parole contro Trump, in merito a questa vicenda, le vedo come frutto di uno scatto d’ira.
(Paolo Rossetti)
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