La vera domanda da porsi – vedendo l’iconica foto di Trump e Zelensky seduti nella basilica di San Pietro, in occasione delle esequie di papa Francesco, che si parlano su due sedie l’uno di fronte all’altro – è se il monsignore che fa finta di sistemare le altre sedie alle loro spalle sia in realtà un agente dell’FBI, un inviato speciale di Putin o di qualche altro secret service.
Non lo sapremo mai, così come è difficile capire cosa si siano effettivamente detti i due presidenti in un momento che doveva essere essenzialmente di preghiera e raccoglimento. Anche se potevamo immaginare che sarebbe avvenuto qualcosa fuori dal protocollo: “incontrerò tutti” aveva detto Trump alla vigilia della partenza.
La foto è diventata subito “virale” – come si dice oggi – e lo merita. Donald Trump e Volodymyr Zelensky si sono dunque rivisti faccia a faccia. Non più nell’insidioso Studio Ovale, emblema del potere imperiale americano, ma nella navata della Basilica di San Pietro, simbolo dell’autorevolezza universale del capo della Chiesa cattolica, per di più durante il funerale del papa che spiazzò il mondo quando, nel marzo dello scorso anno, invitò l’Ucraina al “coraggio della bandiera bianca”.
L’impressione (non dalla foto, ma dal contesto generale) è che si sia forse arrivati finalmente al dunque per trovare una soluzione almeno temporanea alla guerra in Ucraina e che sia imminente l’annuncio di una tregua mentre sono in corso contatti per “limare” i vari e ultimi punti ancora sul tappeto.
Putin sostiene intanto di aver chiuso la sacca di sacca di Kursk e – se fosse vero – potrebbe vantare di non aver più il nemico in casa; Zelensky sta forse trattando una riduzione del prezzo territoriale che dovrà pagare all’avversario, Trump conta i giorni per poter ancora vantarsi di aver chiuso o almeno congelato la pratica della guerra in Ucraina: tutto lascia pensare che forse siamo al momento buono.
Sull’altro fronte “caldo”, Hamas avrebbe intanto annunciato disponibilità al rilascio degli ostaggi in cambio di cinque anni di tregua. Se fosse tutto vero, vorrebbe dire che lo Spirito Santo è intervenuto sul serio.
In realtà non sappiamo granché di quanto di concreto ci sia nelle notizie che girano e saranno semmai i prossimi giorni a stabilire dove finiscano le speranze e dove cominci il concreto in una situazione che adesso tutti sembrano avere voglia di chiudere, salvo chi dalla guerra guadagna lauti profitti.
Sicuramente l’occasione di Roma è stata utile per un saluto generale, ma – diciamocelo molto chiaramente – se ci si vuole davvero parlare non è necessario vedersi, anzi, è molto meglio farlo con una telefonata criptata che lascia in giro meno tracce possibili.
Intanto Zelensky si è fatto confermare in settimana altri tre mesi di stato d’assedio, rinviando ogni idea di nuove elezioni e soprattutto di eventuali contestazioni casalinghe, mentre è semmai un segnale che il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov abbia rilasciato dichiarazioni molto distensive nel silenzio del falco Dimitri Medvedev che di mestiere di solito fa l’incendiario.
Chiusa la cerimonia di San Pietro e lasciata Roma, i leader sono ritornati a casa, per rimettersi alle prese con le loro faccende interne, soprattutto economiche, dopo il guazzabuglio scatenato da Trump in queste settimane. Il presidente americano ha concluso la sua trasferta “diplomatica” facendo dirottare l’Air Force One verso la Florida e la festa organizzata per il compleanno della moglie Melania che, pochi lo sanno, è una cattolica cosiddetta “praticante” (e si è fatta notare per una “mise” assolutamente sobria e protocollare in piazza San Pietro).
In attesa di conoscere ulteriori sviluppi – non della festa, ma della foto – una nota finale merita la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, classificata al rango di “Commissaria” e quindi di “autorità civile”, dunque lontana da presidenti e regnanti. Trump aveva detto che avrebbe parlato con tutti, e così è stato. O quasi. Perché ha parlato con Zelensky, con Meloni, Macron e Starmer, ma a von der Leyen ha solo stretto la mano, per aggiornare il “colloquio” a data da destinarsi. Non sappiamo se la globalizzazione sia finita, come dice qualcuno, ma di sicuro sono tornati gli Stati.
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