Nella filmografia comico parodistica del primo Allen non poteva mancare una commedia scanzonata incentrata su un argomento sul quale è tradizionalmente facile ironizzare: il sesso, o – per meglio dire – l’educazione sessuale. Lo spunto gli proviene da un curioso saggio pubblicato dal sessuologo David Reuben, dall’emblematico titolo Everything You Always Wanted to Know About Sex (But Were Afraid to Ask), divenuto molto celebre nella società del post-sessantotto americana dell’epoca. Il film, che prende pari pari il titolo dal saggio, mantenuto dai distributori italiani come Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere sul Sesso (Ma non Avete mai Osato Chiedere), veniva presentato in anteprima a New York il 6 agosto di cinquant’anni fa.
La sua singolarità risiede nella struttura a episodi, insolita per le consuetudini del regista, quasi un unicum. Invece tipico del primo Allen il fatto che gli stessi, in numero di sette, sono ognuno la parodia – o la parafrasi virata al comico – di un dato genere cinematografico, di un particolare film noto o dello stile di autori importanti. Il primo episodio infatti, nel quale un giullare di epoca medievale (Allen) tenta di sedurre la regina, non riuscendovi causa cintura di castità e venendo quindi condannato a decapitazione, richiama drammi e commedie di taglio shakespeariano. Il terzo episodio invece, ambientato in Italia, nel quale due sposini novelli (Allen e Louise Lasser) riescono ad avere rapporti solo in locali pubblici, esposti al pericolo, richiama le atmosfere del cinema di Antonioni; grazie anche alla scelta del regista di recitare in italiano – leggendo “gobbi” opportunamente scritti secondo la fonetica – con sottotitoli in inglese nella versione originale.
E poi non manca un richiamo e una velata critica al linguaggio e ai contenuti popolari della televisione, altro aspetto caratteristico del Woody Allen comico dei primi film. Nel quinto episodio, infatti, il regista mette in scena un fantomatico quiz tv, nel quale i partecipanti devono indovinare la perversione sessuale del concorrente in gara. Il titolo del segmento è Qual’è la mia Perversione?, diretto rimando alla trasmissione in voga allora negli Usa Qual’è la mia Malattia?. L’utilizzo del suo conduttore Jack Barry per interpretare il conduttore dello show del film completa perfettamente il quadro. La citazione del sesto episodio è invece l’horror d’autore, in cui aleggiano atmosfere alla Frankenstein, con un tocco di Roger Corman. Il giovane ricercatore Victor (Allen) si reca in visita con un’avvenente giornalista dal suo maestro, il dr. Bernardo (uno straordinario John Carradine), che conduce esperimenti da sessuologo in un ambiente orrorifico, aiutato da un inserviente deforme di nome Igor. La situazione precipita quando i due scoprono che il dr. Bernardo li vuole utilizzare come cavie. Alla fine Victor e la ragazza fuggono inseguiti da una mammella enorme, frutto degli esperimenti dello scienziato pazzo, che lo stesso Victor riesce a imbrigliare in un reggiseno gigante.
Complessivamente si tratta di un’operazione variegata, scostante anche se con molti spunti di pregio e a tratti molto divertente, con la quale Woody Allen è soprattutto interessato a provare la sua capacità di mimesi dei vari generi e dei diversi stili cinematografici. Anche se alcuni critici ci hanno visto l’esplicitazione di una visione del regista pessimistica e moralistica sulla sessualità fine a sé stessa (abbondano le associazioni cibo/sesso, sesso/morte, e in tutti gli episodi la sessualità è vissuta con difficoltà oppure è fonte di guai), credo personalmente che l’intento del film in questi ambiti – simbolico e sociale – sia da intendere esattamente all’opposto. Cioè con Tutto Quello che…, oltre all’interesse cinefilo già sviscerato, Allen mette alla berlina, parodiandola, proprio quel tipo di visione (pessimistica e moralistica) che alcuni gli hanno accreditato. Sono i suoi personaggi, alcuni borghesi benpensanti altri solo stravaganti, a vivere la sessualità nel modo problematico e bizzarro che la finzione finalizzata al taglio – appunto – parodistico del film mette in scena. Non lui come autore a pensare il sesso in tali forme ed esperienze.
Nonostante tutto vale comunque la pena oggi ricordare questo episodio, più volitivo che del tutto riuscito, del percorso artistico di un Allen allora genio comico in ascesa (era solo la sua terza regia). Fosse anche solo per la presenza dell’episodio conclusivo, questo sì da cineteca, nel quale il chiaro richiamo è al cinema di fantascienza del tipo viaggio/astronave/tecnologia e del bellissimo Viaggio Allucinante (Richard Fleisher, 1966). Nel cervello di un uomo strutturato come la sala di comando di un’astronave (dove il comandante è interpretato da Burt Reynolds) si fanno i preparativi per il rapporto sessuale che lo stesso si appresta ad avere. Nella stiva vari individui, vestiti da paracadutisti-spermatozoi, si apprestano al lancio (tra cui Allen). Nell’attesa tra di essi circolano voci incontrollate (“dicono che molti di noi si schiacceranno contro un muro di gomma”, oppure lo spermatozoo di colore che si chiede “e io che ci faccio qui?). Per innescare l’erezione, il comandante Reynolds chiama con l’interfono la sala macchine, dove indaffarati e sudati operai manovrano un argano. Poi, quando tutto è compiuto, Reynolds e compagnia si concedono una pausa sigaretta. E
pisodio riuscitissimo, che chiosa bene gli intenti generali del film. Genuinamente esilarante, che entra a buon diritto nel catalogo dei cult della fase comica della produzione di quel genio del cinema chiamato Woody Allen.
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