Vaticano o Istanbul, il problema del negoziato fra Russia e Ucraina sono i contenuti. E Putin le sue richieste non le vuole cambiare. Se Zelensky, e con lui gli europei, non cedono, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, la guerra continuerà e sarà a vantaggio di Mosca.
Trump sta cercando ancora di mediare, ma in realtà dell’Ucraina non gli interessa molto: con l’accordo sulle risorse minerarie si è già assicurato il risarcimento dei soldi spesi dagli USA per aiutare Kiev; per il resto può anche abbandonare la scena, perché l’unica cosa che gli interessa è tenere buoni rapporti con i russi: quelli li ha già stretti e li vuole mantenere.
L’Europa, invece, continua sulla linea dello scontro con la Russia per non ammettere la sconfitta di Kiev e di Bruxelles contemporaneamente. I capi di Stato europei non vogliono dire ai loro elettori che si sono sbagliati di grosso: potrebbero perdere il potere.
Le telefonate con Putin vanno sempre benissimo, ma alla fine Trump anche stavolta ha minacciato di lasciare le trattative per la guerra in Ucraina. Lo farà?
Le telefonate con il capo del Cremlino vanno benissimo rispetto agli interessi americani. La priorità USA è di ristabilire relazioni positive con la Russia, perché Trump vuole strapparla dall’abbraccio della Cina e ha bisogno di Mosca per negoziare con l’Iran, con gli Houthi e con la Corea del Nord. Per questo il presidente americano ha dichiarato che il colloquio telefonico con Putin è stato positivo e che adesso il dialogo continuerà fra russi e ucraini per gestire i dettagli tecnici di un possibile accordo. Trump, nei fatti, ci ha ripetuto che l’Ucraina gli interessa ancora meno di prima: con l’accordo su infrastrutture e risorse minerarie ha già risolto i problemi dello squilibrio dei soldi investiti per aiutarla militarmente. Questo gli basta.
Gli ucraini hanno chiesto alla UE di sanzionare ancora i russi. Si sono rivolti a loro perché sanno che gli americani non lo faranno?
L’ennesimo pacchetto di sanzioni europee continuerà a penalizzare, come sempre, l’Europa e non la Russia, soprattutto se l’America riprenderà le relazioni commerciali. Credo che ormai ci sia una valutazione totalmente autoreferenziale dei leader europei e del presidente Zelensky: non si può fare la pace perché la sconfitta dell’Ucraina è anche la sconfitta della serie di mezzi leader che abbiamo in Europa. Mi pare che, da Macron a Merz, alla Kallas, alla von der Leyen, a Zelensky, tutti pensino più a conservare ancora un po’ il loro posto, piuttosto che a risolvere questa guerra. L’iniziativa dei volenterosi, da cui meritoriamente l’Italia si smarca, è assolutamente suicida e autoreferenziale.
Gli americani dicono che aspettano dai russi nuove condizioni da proporre per la pace, ma i russi non sembrano disposti a rinunciare alle loro richieste. Si sta perdendo tempo?
La Russia persegue degli obiettivi che ha definito la notte del 24 febbraio 2022, mentre le truppe russe varcavano il confine. Obiettivi ridefiniti dopo il settembre 2022, quando ci furono i referendum per l‘annessione alla Russia di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Vuole un riconoscimento internazionale della Crimea come territorio russo, che l’Ucraina non entri nella NATO, non ospiti truppe dei Paesi dell’Alleanza Atlantica e che rinunci a chiedere qualunque tipo di risarcimento alla Russia. Queste sono le condizioni che continua a sostenere e che è militarmente in grado di rivendicare. Gli ucraini hanno detto che non vogliono rinunciare a nessun territorio, e allora la guerra andrà avanti.
Putin, quindi, non cambierà di una virgola le sue posizioni?
Potrebbe succedere nel momento in cui gli ucraini accetteranno, in linea di principio, le richieste russe. A quel punto magari si potrà negoziare. I russi non cederanno: sarebbe come se il 7 settembre 1943 l’Italia, prima di firmare l’armistizio, avesse detto agli Alleati di fare un mese di tregua e, nel frattempo, definire gli accordi. Quando stai perdendo accetti le condizioni o continui a combattere. E gli americani certo non hanno intenzione di pregiudicare i rinnovati rapporti con la Russia perché Zelensky vuole salvare il posto ancora per un po’.
I tanti attesi colloqui in Vaticano tra russi e ucraini si faranno? Potrebbero portare a qualcosa?
La Russia ha giustamente apprezzato l’iniziativa del Vaticano, come del resto aveva apprezzato quella di Papa Francesco: era stato il primo in Europa a parlare di pace e si era preso del filorusso. Il problema, comunque, non è chi fa la mediazione o dove, il problema sono i contenuti. Se l’Ucraina accetterà di perdere la guerra, in cambio sopravviverà come Stato. E verrà ricostruita. Questo è il punto. Che si discuta nella Santa Sede o a Istanbul non cambia molto.
Ma se veramente Trump decide di tirarsi indietro, cosa succede? Gli europei tenteranno di mandare ancora armi?
Merz dice che la Russia va logorata continuando ad armare l’Ucraina. Un discorso demenziale che dimostra la pochezza di una classe dirigente che viene dalla finanza, ma che di politica e di questioni militari non sa nulla. Gli europei non sono in grado di dare più nulla agli ucraini, lo ha detto anche Macron. Quello che promette oggi all’Ucraina, l’Europa deve ancora costruirlo, e per farlo i costi sono spaventosi. Un carro armato tedesco, l’ultimo modello Leopard 2A8, costa 29 milioni di euro a causa della carenza di materie prime e del caro energia. Con gli stessi soldi si comprano sette carri russi T90, ultimo modello, che costano 4 milioni l’uno. La Russia ha un apparato industriale unico, con centinaia di aziende, 600mila lavoratori, mentre in Europa non ci sono le condizioni industriali, energetiche e finanziarie per fare nessun riarmo serio. A meno che non vogliamo tagliare pane e servizi sociali.
Nel Mar Baltico, nel frattempo, gli estoni hanno messo nel mirino una nave russa, provocando la reazione di Mosca: il Cremlino ha promesso che difenderà le sue navi in tutti i modi possibili. Un altro fronte che si apre?
Quello che vediamo nel Baltico è uno scenario simile a quello della Guerra fredda. Con la differenza che allora la Polonia e la Germania Est erano nel Patto di Varsavia, mentre oggi sono nella NATO, come Finlandia e Svezia, che prima erano neutrali. Sul confine con la Finlandia i russi stanno costruendo e riaprendo basi. Il governo di Helsinki, di Sanna Marin, ha mostrato come leader inadeguati possono portare una nazione europea al disastro: dopo 80 anni di neutralità, in cui i 1.340 chilometri di confine con la Russia non hanno mai dato problemi, il Paese è entrato nella NATO e ora deve presidiare tutte le regioni che lo separano dai russi. Quando la guerra fredda diventerà calda, quanti morti potranno sopportare le nazioni europee?
L’Europa, insomma, non cambia strada e non si accorge che è quella sbagliata?
La visione di Trump è molto pragmatica, da businessman, ma anche molto più concreta e realistica. Dice semplicemente: “Se non puoi vincere, negoziamo”. Credo che, nonostante il suo atteggiamento aggressivo, brutale, il suo linguaggio allergico al politichese, oggi rappresenti il buon senso in Occidente. Perché dovunque ci si giri in Europa vedo solo gente pronta a tutto per salvare la sua sedia e non a cercare la pace.
(Paolo Rossetti)
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