Trump che mette alle strette Zelensky, per indurlo a cedere definitivamente la Crimea alla Russia. Trump che chiede a Putin di smetterla con i bombardamenti. L’iniziativa nelle trattative per la pace in Ucraina è sempre in mano agli americani, che sono sostanzialmente d’accordo con i russi su quasi tutto. Ma ora ci sono da convincere gli ucraini e, nonostante gli ultimatum ufficiali degli statunitensi, si sta ancora trattando per questo.
I media americani fanno filtrare qualche concessione possibile per Zelensky: la possibilità di mantenere un esercito e di riottenere la centrale di Zaporizhzhia, ad esempio. Ma bisogna vedere cosa vuole fare veramente Putin.
La possibilità, poi, che Washington esca di scena – spiega Giorgio Battisti, generale già comandante del Corpo d’armata di reazione rapida (NRDC-ITA) della NATO in Italia e capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan – non è così peregrina: d’altra parte, la storia americana è piena di abbandoni di scenari di guerra, l’ultimo dei quali è stato l’Afghanistan. E a Trump e alla sua amministrazione ora interessa solo la Cina.
Putin sferra un violento attacco su Kiev e Trump gli chiede di fermarsi: perché, dopo aver sviluppato un piano favorevole ai russi, ora il presidente USA fa questa uscita?
Trump ha fatto in modo che Putin desse la disponibilità a un cessate il fuoco, fermandosi sulla linea del fronte com’è ora, concedendogli in cambio la Crimea. Ora sta facendo pressione su Zelensky perché accetti, perché è il presidente ucraino l’anello debole della catena. Va sempre tenuto presente che in qualsiasi accordo di pace c’è una parte in causa che non è soddisfatta: le condizioni sono sempre più favorevoli a chi è vittorioso sul campo di battaglia. Trump ora ha chiesto a Putin di non bombardare come segno di buona volontà, come nel caso della tregua concessa a Pasqua.
Gli americani sanno che questa proposta di accordo è nettamente sbilanciata in favore di Mosca e cercano in qualche modo di riequilibrare la situazione?
Perdere la Crimea e gli altri territori attaccati dai russi finora (quello di Luhansk è occupato al 90%) è una situazione che fa comodo a Putin. Trump ha detto di non essere contento dei bombardamenti a Kiev, ma poi bisogna vedere se, smettendo eventualmente di attaccare la capitale, l’esercito di Mosca non prenderà di mira comunque altri obiettivi.
Bloomberg riporta che gli Stati Uniti chiederanno alla Russia di accettare il diritto dell’Ucraina ad avere un proprio esercito e un’industria della difesa. Potrebbe bastare a convincere gli ucraini ad accettare la proposta USA di pace?
Già un paio di mesi or sono Putin aveva dichiarato che avrebbe accettato la presenza di un esercito ucraino, ma le forze armate non dovevano avere soldati superiori a 80mila unità e qualche centinaio di carri armati. Bisogna vedere, insomma, cosa concedono i russi. Adesso l’esercito ucraino, tra personale attivo e riservisti, arriva circa a un milione di persone: smobilitarne 900mila diventa anche un problema per la società ucraina, reinserirle nella società civile non sarà facile.
Messa in questi termini, non sarebbe una soluzione accettabile per Kiev. Tutte queste proposte – congelare il fronte, ridurre sostanzialmente a meno di un decimo le forze armate – sono a sfavore di Kiev. Se Putin fra qualche tempo volesse riprendere i combattimenti, l’Ucraina si ritroverebbe indifesa.
Nel piano di Trump si parlerebbe di garanzie di sicurezza per l’Ucraina, ma sempre senza specificare quali sono. A che soluzione pensa?
Trump ha detto che il controllo del cessate il fuoco dovrebbe spettare ad alcuni Paesi europei: vuol dire che gli americani si vogliono sganciare, non vogliono impiegare loro soldati nell’area. Mosca non vuole militari europei sul suolo ucraino, ma credo che, se verranno accettate le condizioni imposte da Trump, Putin potrà concedere che ci siano forze occidentali come osservatori per controllare la tregua.
Tra le concessioni chieste a Putin c’è quella della centrale nucleare di Zaporizhzhia, che in questa prospettiva tornerebbe agli ucraini; la possibilità di passaggio sul fiume Dnepr; la restituzione di territori a Kharkiv. Questi sarebbero passi avanti significativi per gli ucraini?
Il passaggio sul fiume penso che sia una condizione accettabile per i russi. Per quanto riguarda la centrale di Zaporizhzhia, dovrebbe passare sotto il controllo americano. Trump chiede a Putin di lasciarla all’Ucraina, ma alla fine dovrebbe controllarla lui.
Il segretario del Consiglio di Sicurezza russo, Sergey Shoigu, ha detto alla TASS che gli Stati Uniti e la Russia proseguiranno il confronto su questioni strategiche come l’espansione della NATO e il sistema globale della difesa missilistica. Qual è l’obiettivo?
Putin, all’inizio della guerra, aveva sospeso il trattato per la riduzione delle armi strategiche offensive. Ora le parti riconsidereranno anche il tema delle armi alla luce del possibile accordo di pace, così come si parlerà di Artico e di altro. Russia e Stati Uniti sembrano voler impostare un confronto su basi meno competitive: Trump non ha mai citato la Cina, ma il suo sguardo è rivolto da quella parte. Liberarsi del problema Ucraina, magari ridurre di almeno 10mila uomini la presenza in Europa, serve a disimpegnarsi da questo fronte per dedicarsi ai cinesi.
Ma le trattative per l’Ucraina, in questo momento, a che punto sono veramente?
Se Zelensky non accetta il compromesso che gli è stato prospettato da Trump e Putin, c’è anche la possibilità che gli americani escano da questi accordi, lasciando la patata bollente all’Ucraina e all’Europa. Il presidente americano ha ancora interesse a cercare questo accordo, perché vuole affermarsi come uomo di pace. Da una parte mette in cattiva luce l’Ucraina, dicendo che, se voleva la Crimea, doveva già combattere nel 2014; e, dall’altra, dovrà tentare di garantirle qualche concessione in più.
L’aut aut di Vance (“o l’accordo o abbandoniamo la scena”) non è ancora così stringente? C’è margine per trattare sulla bozza presentata?
Gli Stati Uniti, nella loro storia recente, sia con i democratici sia con i repubblicani, hanno abbandonato certe situazioni nelle quali non avevano più interesse a essere coinvolti. È successo con lo Shah di Persia, in Vietnam, in Afghanistan: sarebbero capaci di farlo anche adesso con quello che viene chiamato triage strategico. Il loro interesse è sempre più rivolto verso la Cina.
(Paolo Rossetti)
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