Washington presenta la fattura a Kiev. Gli aiuti militari concessi per affrontare i russi costano, e Trump ha presentato il conto. L’Ucraina ha cominciato a pagarlo firmando un memorandum sullo sfruttamento delle risorse minerarie e lo sviluppo industriale del Paese. L’intesa dimostra che ormai Zelensky si è messo nell’ordine di idee di pagare il suo debito con Trump.
Eppure, osserva Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, questo accordo preliminare è solo un tassello di un progetto più ampio, con il quale gli USA, gestendo il Nord Stream, vorrebbero controllare l’energia europea, estendendo sempre di più l’influenza sui Paesi del Vecchio Continente anche all’ambito economico.
Intanto le trattative per chiudere la guerra sono in evidente difficoltà: il segretario di Stato americano Marco Rubio ha dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti a cambiare linea se non si arriverà al dunque. Un concetto che ieri è stato precisato, enfatizzandolo, dallo stesso Trump.
USA e Ucraina hanno firmato un memorandum sullo sfruttamento delle risorse minerarie che comprende un partenariato economico in vista della ricostruzione. I dettagli, però, saranno definiti la prossima settimana. Che significato ha l’intesa in questo momento delle trattative?
Per gli Stati Uniti, l’Ucraina è diventata merce di scambio. Il tema delle “terre rare” è solo un aspetto dell’accordo, che riguarda anche lo sfruttamento del sistema industriale e di tutto l’apparato energetico. Non solo: se si verificheranno le ipotesi di lavoro in base alle quali gli Stati Uniti gestiranno addirittura il Nord Stream, lo sfruttamento economico della posizione dell’Ucraina assumerebbe un significato che va oltre il semplice controllo delle risorse del Paese.
L’accordo degli USA con l’Ucraina è solo un tassello di un piano più grande?
C’è una visione evidentemente molto più ampia, che mira a controllare risorse importanti per l’Europa, un disegno che si va componendo giorno dopo giorno. Controllare il Nord Stream, quindi l’energia, il gas, per gli USA sarebbe come tenere sotto scacco l’Europa, probabilmente in maniera ancora più stretta e vincolante di quanto lo sia stato finora: dall’aspetto politico-militare, su cui gli americani hanno puntato sino a questo momento, si passerebbe a un dominio completo su quelli che sono gli altri interessi europei.
Al di là di questo ruolo degli USA da “regista” dell’energia europea, nello specifico l’intesa fra americani e ucraini cosa vuol dire per Trump?
Trump l’ha detto mille volte: l’Ucraina deve compensare gli Stati Uniti e restituire quello che le hanno prestato. Quello che per Biden era un lascito, un supporto più o meno gratuito, è diventato un debito da ripagare attraverso lo sfruttamento di tutto quello che sarà l’Ucraina nel futuro dal punto di vista energetico e industriale.
Ieri Trump ha ribadito, a modo suo, i concetti già espressi dal suo Segretario di Stato Marco Rubio. “Se per qualche motivo, una delle due parti rende il negoziato molto difficile, diremo loro che ‘siete sciocchi’, ‘siete persone orribili’ e lasceremo perdere”. È davvero possibile?
Sulle vere intenzioni americane, la stampa internazionale – sia quella americana che britannica – ha dato interpretazioni di senso opposto. Già l’affermazione di Rubio era molto ambigua: aveva detto che se gli Stati Uniti non fossero riusciti a raggiungere un accordo sull’Ucraina, sarebbero andati avanti. Difficile capire cosa significa “andare avanti”: vuol dire che si procederà con la Russia o contro? Oppure che si riprenderà a sostenere l’Ucraina? Il senso non mi pare sia stato chiarito.
Una dichiarazione che, comunque, conferma le difficoltà del negoziato. Come cercheranno di superarle gli americani?
Che ci siano dei problemi a portare avanti i negoziati mi sembra evidente; d’altronde, nella stessa amministrazione americana ci sono due tendenze, rappresentate da due inviati di Trump per l’Ucraina: Witkoff, più pragmatico, ritiene che per arrivare alla pace sia necessario riconoscere alla Russia i territori che rivendica; Kellogg, invece, ha suggerito la divisione dell’Ucraina in sfere di influenza tra la Russia e l’Occidente, dopo aver imposto la linea del cessate il fuoco e una zona demilitarizzata di circa 20 km, che i russi non accetteranno mai. La sua linea, probabilmente, farebbe comodo a inglesi e francesi. Ci sono delle dinamiche ancora in divenire, che non riguardano però lo sfruttamento delle risorse ucraine.
“Stati Uniti e Italia sottolineano che la guerra in Ucraina deve finire e sostengono pienamente la leadership del Presidente Trump nel mediare un cessate il fuoco e nel realizzare una pace giusta e duratura”. Così recita il comunicato ufficiale relativo all’incontro fra Giorgia Meloni e Donald Trump. L’Italia appoggia il presidente USA e si allontana dalla posizione europea?
È una frase chiaramente di circostanza, una dichiarazione di cortesia che dice tutto e niente. Di fatto, l’Italia non partecipa alla coalizione dei volenterosi, non è sulla linea franco-britannica, e questo è già un segnale importante anche all’interno dell’Unione Europea, pur sapendo che la Meloni è sempre stata una sostenitrice dell’appoggio all’Ucraina. La dichiarazione di Washington la trovo assolutamente coerente con le circostanze: la presidente del Consiglio non poteva dire altro in quel momento. Sull’Ucraina ha glissato: quando Trump ha criticato Zelensky, ha lasciato correre. Non poteva “mollare” il presidente ucraino dopo tutti gli onori ricevuti a Roma.
Alla fine, l’Italia che posizione ha sulla guerra e sulle trattative?
Bisogna capire diversi aspetti: quanto continuerà a costare il sostegno a Kiev, per esempio. Tra l’altro, mi sembra che la Meloni abbia promesso il raggiungimento del 2% di PIL di spesa per la difesa. Ci sono posizioni che si stanno delineando, ma dobbiamo ancora capire qual è il nostro disegno, come noi ci collochiamo, quali sono le nostre strategie.
(Paolo Rossetti)
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