Nessuna buona nuova dal fronte ucraino. Rinnovando ogni settimana, da mesi, un collegamento con amici di Kiev, riuniti attorno ad alcuni seminaristi greco-cattolici, ho avuto una certa impressione. Per la gente comune come loro, come noi, tutto continua nel tentativo di vivere per ciò che si ha a cuore, in fondo a prescindere da quel che accade attorno.
Il problema è che quel che accade attorno, a poco a poco, rischia di tramutarsi in una difesa a oltranza; anche una difesa della propria fede, mentre, paradossalmente, come ha detto papa Leone XIV in un messaggio alle Chiese cattoliche orientali, è un momento nel quale ci è chiesto non solo di conservare la fede, ma anche di farla crescere.
Le circostanze di un’ormai abituale sofferenza, quel senso di essere abbandonati al proprio destino, dovrebbe lasciare il posto alla consapevolezza di essere chiamati ad essere veri protagonisti dell’esperienza cristiana. Tanti ucraini, in mille modi, cercano di sottrarsi a questo compito di testimonianza, adeguandosi alla situazione, o addirittura venendo a patti con la propria coscienza pur di sopravvivere, anche corrompendo chi può chiamarti alle armi.
Ora che Riccardo e Ivan sono stati mandati dal seminario a fare pratica in alcune parrocchie, anche in zone calde, come Zaporizhzhia, nell’incontro, soprattutto con i ragazzi che sono loro affidati, possono verificare quell’esperienza di fede da far crescere, e per la quale anche noi possiamo in qualche modo aiutarli.
Il futuro dell’Ucraina dipende certo dall’esito di quelle trattative di pace, di cui si parla molto, anche troppo, e che in questo momento non sembrano favorevoli a Kiev. Nonostante questo, comunque vadano a finire, è necessario che nel Paese vi siano giovani preparati a vivere in modo coraggioso anche situazioni più difficili di quelle attuali.
Un esempio che possiamo loro proporre è quello del grande lavoro educativo svolto nel mondo cattolico da uomini come don Carlo Gnocchi al tempo del fascismo, in quello della guerra e del dopoguerra. Sarebbe necessario che ci fossero tanti “don Gnocchi” ucraini, di cui il Paese non ha bisogno meno delle armi.
E già che ci siamo, perché non ricordare che anche nella Federazione Russa, in fondo, c’è lo stesso bisogno? Il supporto dei capi della Chiesa ortodossa a Putin, oltre che un pesante fattore di natura ideologica, costituisce anche una vera e propria emergenza teologica. Certi appelli a colpire senza pietà il nemico mettono in crisi la vocazione cristiana stessa di molti russi. Forse, a parte don Gnocchi, anche loro avrebbero bisogno di qualche don Camillo in trasferta per conto di Dio.
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