Tre giorni, trenta o senza limite. Russia, Ucraina e USA mettono sul tavolo le loro proposte di tregua: Putin per festeggiare il 9 maggio con in mano un risultato, Zelensky per far prendere fiato a un esercito decimato ed esausto, Trump perché non vuole sentire più parlare di una guerra che lo distoglie da altri impegni più importanti. Che si parli di smettere di combattere è una buona cosa, ma la verità, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, è che siamo ancora lontani dalla pace.
E la questione non è solo la Crimea, che Kiev non vuole cedere ufficialmente a Mosca, ma la mancanza di un’architettura di sicurezza complessiva, che la Russia chiede da tempo e che, nei fatti, non si può realizzare perché l’Europa è ancora sul piede di guerra contro Putin.
Putin vuole una tregua dall’8 al 10 maggio, Zelensky per un mese, Trump la vuole permanente. C’è davvero la volontà di far tacere le armi?
La novità sta proprio nel fatto che si sta discutendo di quanto debba durare questa pausa dei combattimenti. Non è cosa da poco, visto che da tre anni a questa parte si è fatto di tutto per evitare la pace. Si sta creando, però, una certa confusione sui termini utilizzati: la tregua di Putin è simile a una “tregua natalizia”, un’interruzione dei combattimenti in un luogo definito, a tempo determinato, per ragioni contingenti, in questo caso perché la Russia vuole celebrare la Giornata della vittoria il 9 maggio con una manifestazione in cui si svolga tutto in maniera tranquilla, visto e considerato che gli ucraini sono riusciti a colpire a Mosca con degli attentati in più di un’occasione.
Perché il Cremlino non accetta la soluzione proposta dall’Ucraina?
Zelensky parla di un cessate il fuoco di 30 giorni, che non interessa a Putin. La Russia la vede con un certo sospetto: l’Ucraina è in grosse difficoltà da un punto di vista tattico, perché c’è una continua erosione del territorio ucraino da parte dei russi. Per il presidente ucraino è assolutamente necessario fermare un attimo i combattimenti per dare respiro alle sue forze, che sono certamente esauste. E forse anche per riorganizzare la difesa in previsione di quello che potrà succedere in seguito.
C’è anche una terza versione della tregua, che è quella di Trump: qual è l’obiettivo del presidente americano?
Trump continua a insistere su una tregua a tempo indeterminato. E questo credo sia ancora più difficile da accettare da parte di Mosca.
Dalla Russia, però, arrivano segnali di disponibilità a trattare direttamente con gli ucraini: finalmente si entra nel vivo dei negoziati?
Il confronto fra di loro ci dovrà essere sicuramente. Finora è stato fatto per interposta persona, con gli americani che parlavano prima con gli uni e poi con gli altri. È chiaro che fino a quando gli ucraini non parleranno con i russi, sarà difficile arrivare a comporre la situazione. Il problema è che Mosca è disposta a confrontarsi direttamente con Kiev, ma non ad accettare le condizioni dell’Ucraina, che parla ancora di restituzione dei territori occupati, inclusa la Crimea. Credo che questo non sia nelle corde di Putin: lo stesso segretario di Stato USA, Marco Rubio, ha ribadito che non ci sono possibilità di vittoria da parte dell’Ucraina, anche se questo è in contrasto con ciò che viene predicato dalla UE, soprattutto da Francia e Gran Bretagna, che insistono sulla necessità di continuare questa guerra.
L’ex ministro degli Esteri austriaco, Karin Kneissl, in un’intervista pubblicata dalla Tass, spiega che per arrivare a un accordo bisogna allargare l’orizzonte della trattativa: “Non si tratta solo di relazioni bilaterali o trilaterali tra Mosca, Kiev e Washington, ma di una profonda trasformazione dell’intero sistema di sicurezza in Europa”.
Sono dichiarazioni che nella sostanza richiamano ciò che ha sempre detto Putin: il capo del Cremlino vuole una nuova architettura di sicurezza che tenga conto anche delle esigenze della Russia. Non è soltanto una questione di appartenenza o meno dell’Ucraina alla NATO, che Mosca non accetterà mai, e non è neanche soltanto una questione di territori ucraini da riconoscere alla Russia, ma di sicurezza, perché evidentemente la Russia adesso sente un’ostilità da parte dell’Europa che la preoccupa.
Se la questione non è solo cedere la Crimea, chi ostacola davvero le trattative allora?
L’Europa ha fatto sue le istanze dell’amministrazione democratica americana e le istanze inglesi all’inizio della guerra e non riesce a tornare indietro. Ha investito troppo in questa guerra in termini di armamenti che sono stati ceduti, di aiuti finanziari all’Ucraina, di perdite delle nostre economie. La sconfitta dell’Ucraina sarebbe anche la sua sconfitta. Per l’Europa la pace sarebbe una sconfitta. Parla di pace giusta, ma la vuole conseguente alla sconfitta della Russia, con la restituzione dei territori e l’Ucraina che entra nella NATO. Tutte cose che non possono accadere. È l’Europa il vero ostacolo alla pace. Sta scommettendo sul fatto che Trump venga ridimensionato alle elezioni di midterm, ma mancano ancora due anni.
Il Financial Times sostiene che, se le trattative non andranno decisamente verso la pace, Trump entro la fine della settimana potrà ritirarsi. Una delle solite minacce del presidente americano o una possibilità concreta?
Onestamente, credo che possa succedere, ma forse è un po’ presto. Anche Trump ha investito molto nel piano di pace. Se abbandonasse adesso, sarebbe un fallimento anche per lui.
(Paolo Rossetti)
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