Trump e Putin parlano per un’ora e mezza e decidono che i negoziati per chiudere la guerra in Ucraina devono partire ufficialmente. La UE è completamente esclusa e Zelensky, a quanto sembra, verrà solo informato di quanto deciso nella telefonata. Si mette male per Kiev e per le sue aspirazioni: lo ha fatto capire anche il segretario della Difesa USA, Pete Hegseth, definendo irrealistiche le pretese ucraine e negando decisamente la possibilità di un’adesione alla NATO. Quanto alla possibile tregua, osserva Giorgio Battisti, già comandante del Corpo d’armata di reazione rapida (NRDC-ITA) della NATO in Italia e capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan, gli americani potrebbero volerla anche per permettere lo svolgimento di elezioni in Ucraina, visto che il mandato di Zelensky è scaduto. Qualcosa di più sullo stato dell’arte si saprà con la Conferenza per la sicurezza di Monaco, che comincerà domani, 14 febbraio, ma la soluzione alla crisi del conflitto russo-ucraino è affare dei presidenti di USA e Russia.
Trump e Putin hanno dato mandato ai loro team di iniziare una trattativa per porre fine alla guerra in Ucraina. Che soluzione si prospetta?
Ne ha parlato il segretario alla Difesa Pete Hegseth, riferendo della necessità di una sorta di forza di pace per l’attuazione di un eventuale accordo. Bisognerà vedere se si tratterà di truppe occidentali, come soprattutto Macron aveva ipotizzato. Putin non vuole soldati NATO e quindi si potrebbe ricorrere a militari di Paesi non europei. I russi respingono categoricamente anche la possibilità avanzata da Zelensky di scambiare i territori del Kursk con altri occupati in Ucraina. Con queste premesse il timore è che l’intesa che si raggiungerà sarà più a favore di Mosca che di Kiev.
Da cosa si evince?
Sempre Hegseth ha definito irrealistici gli obiettivi dell’Ucraina negando la possibilità che entri nella NATO. Da quello che sappiamo c’è la conferma che la UE, e anche l’Alleanza atlantica, sono completamente escluse dalla trattativa. Così come la stessa Ucraina. Sembrerebbe che Trump e Putin parlino solo tra di loro. Zelensky verrà chiamato solo per essere informato. Ora vediamo cosa uscirà dalla Conferenza di Monaco. È presumibile che gli americani diranno: “Abbiamo deciso questo, ora si fa così. Punto e basta”.
Trump dice che la liberazione dell’insegnante americano Marc Fogel è il segnale di nuovi rapporti tra USA e Russia. Come stanno cambiando le relazioni tra i due Paesi?
Oltre alla liberazione di Fogel, ne è stata preannunciata un’altra. C’è un cambio completo di paradigma da parte degli Stati Uniti rispetto a Biden, ripetutamente criticato da Trump per non aver saputo risolvere il conflitto. La consegna di questo prigioniero è sicuramente un segnale di buona volontà da parte di Mosca, anche se bisognerebbe capire cosa hanno concesso in cambio gli USA. La vicenda di Cecilia Sala e altre dello stesso genere insegnano che in questi casi non si fa mai niente per niente.
Ciò che è cambiato davvero è l’atteggiamento americano?
Trump, nel suo modo a volte provocatorio di esprimersi, dice che l’America continuerà a sostenere l’Ucraina, ma in cambio vuole le terre rare di cui è ricco il suo territorio: sta cambiando paradigma anche nei confronti di Kiev.
Ma il rapporto fra Trump e Putin come si sta delineando?
Già durante il primo mandato di Trump i rapporti con Putin erano buoni. Il presidente USA ha dichiarato più volte che, se ci fosse stato lui il 24 febbraio di tre anni fa, non sarebbe scoppiata la guerra. Trump si sta presentando al mondo come uomo di pace, è chiaro che deve cercare di ottenere qualcosa anche in Ucraina.
Cambiamento per cambiamento, nemmeno Zelensky fa più gli stessi discorsi di prima.
Da quando Trump è stato eletto, l’atteggiamento di Zelensky è gradualmente cambiato. Con Biden era fermo nel dire che gli ucraini non avrebbero ceduto un centimetro quadrato del territorio, anche se in cambio avrebbero avuto bisogno di aiuti sempre maggiori dall’Occidente. Ora ha moderato i toni: da tempo non si parla più di Crimea, un tema al quale in precedenza il presidente ucraino era molto sensibile. Zelensky si è anche detto disponibile a un dialogo con Putin, seppure in cambio di garanzie di sicurezza da parte americana.
La cifra di Trump è quella di essere principalmente un businessman: i nuovi rapporti con Putin saranno anche di tipo economico?
Non subito, non domani, ma, ammesso che i rapporti si aprano, non ci sarebbe da meravigliarsi se riguardassero anche l’economia. D’altra parte l’Europa e gli USA, per alcuni materiali, non hanno mai chiuso le relazioni con la Russia. Per gli Stati Uniti voglio ricordare l’importazione dell’uranio russo. Così era, almeno, fino a poco tempo fa.
Quindi l’Europa, costretta dalla guerra (e dagli USA) a interrompere i rapporti commerciali con la Russia, alla fine del conflitto potrebbe assistere alla ripresa delle relazioni economiche fra Washington e Mosca?
Non mi meraviglierei di questo. Trump ha una visione molto pragmatica delle cose e il suo primo obiettivo è tutelare gli interessi nazionali americani. Analizziamo il dossier terre rare: gli Stati Uniti si sono esposti in questi tre anni con un supporto all’Ucraina pari a 500 miliardi di dollari. Trump chiede che vengano compensati attraverso lo sfruttamento delle terre rare, fondamentali per la produzione di tantissimi dispositivi, compresi i telefonini. Ma si tratta di materie prime che si trovano in parte nei Carpazi orientali e in parte nei territori occupati dai russi. Un elemento che potrebbe contribuire alla soluzione diplomatica del conflitto.
Perché il presidente USA ha inviato a trattare con Zelensky il segretario del Tesoro Scott Bessent?
La vicenda delle terre rare fornisce un chiaro segnale su quali siano le priorità di Trump. Può darsi che su questo punto sia già stata definita una soluzione tra le parti per il loro sfruttamento. Un piano che a Trump non interessa tanto per pareggiare i conti con gli aiuti dati a Zelensky, ma dal punto di vista degli investimenti per creare gli impianti industriali per l’estrazione. Oltre che per disporre, ovviamente, di quelle materie prime.
Fermo restando che il negoziato sull’Ucraina sembra diventato sempre di più un affare a due Trump-Putin, che scenario si apre sulla base di queste considerazioni?
L’indirizzo è di giungere a una tregua. Zelensky, se rassicurato dagli americani, la accetterà. Si potrebbe arrivare a un cessate il fuoco temporaneo: gli americani lo vorrebbero anche per permettere lo svolgimento di elezioni in Ucraina entro il 2025, visto che il mandato di Zelensky è scaduto. Tutto questo anche se in questi giorni il viceministro degli Esteri russo ha ribadito che Mosca non ha cambiato le sue condizioni: annessione dei quattro oblast acquisiti con il referendum del 2022, Ucraina “denazificata” (il che significa addio a Zelensky e al suo governo), neutralità di Kiev.
Trump ha dichiarato che l’Ucraina potrebbe tornare russa: c’è il pericolo che il Paese venga smembrato?
Con la fine della Seconda guerra mondiale Stalin era riuscito a spostare i confini dell’Unione Sovietica, che comprendeva l’attuale Ucraina, di 200 chilometri verso ovest, ai danni di paesi quali Polonia e Romania. Tanto è vero che nelle aree occidentali ucraine vi è una forte presenza di minoranze linguistiche, mentre sui confini orientali, specialmente nel Donbass, c’è una maggioranza relativa russofona: Stalin aveva innescato un processo di spostamento delle popolazioni russe in diverse zone dell’URSS. Anche su questo, sulla futura configurazione dell’Ucraina, capiremo qualcosa di più dopo la Conferenza di Monaco.
(Paolo Rossetti)
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