La UE esce con le ossa rotte dalla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Si è sentita dire di no sulla partecipazione alle trattative dell’Ucraina e sull’entrata di Kiev nella NATO, ma si è rivelata incapace di abbozzare una risposta. Anche il tentativo di Macron di riunire alcuni leader europei appare velleitario. In realtà, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, presente a Monaco, il destino di Kiev lo decideranno Washington e Mosca. La UE, però, aumenterà le spese per la difesa per paura dei russi, anche se non ci sono motivi per temere l’espansionismo di Putin.
Qual è la cifra che definisce la Conferenza di Monaco: l’esclusione della UE dalle trattative per l’Ucraina e la sua incapacità di ritagliarsi un ruolo?
L’inviato speciale di Donald Trump per l’Ucraina, Keith Kellogg, ha ribadito che l’Europa non farà parte dei negoziati. E questo dopo che tutti i leader politici europei intervenuti a Monaco, Zelensky compreso, hanno sottolineato che Europa e Ucraina devono sedersi al tavolo. Ho ascoltato il contributo di venti leader e ne ho tratto la consapevolezza di un dialogo surreale, completamente sconnesso dalla realtà. Neanche a farlo apposta, dopo che tutti hanno chiesto un ruolo per la UE nei negoziati, è arrivata la doccia fredda del vicepresidente degli USA, J.D. Vance.
Il messaggio statunitense è stato quasi brutale.
Vance ha scompigliato le carte, spiazzando l’uditorio. Dopodiché è arrivato l’annuncio che la UE è fuori dalle trattative. Secondo la stampa internazionale, Washington aveva mandato un questionario nelle capitali europee per decidere in quale modo l’Europa avrebbe potuto contribuire a fornire garanzie di sicurezza per Kiev. Evidentemente l’Europa non ha saputo rispondere ed è stata tagliata fuori.
Quali sono le ragioni che hanno impedito una risposta pronta?
Agli europei è stato chiesto, di punto in bianco, di garantire la sicurezza degli ucraini con un contributo statunitense vago e non definito: chiaro che non ci sia stato il tempo di sviluppare proposte. In ogni caso, gli USA hanno provocato il problema. La linea d’azione è cambiata notevolmente e gli europei sono rimasti con il cerino in mano, senza soluzioni da portare al tavolo, anche perché, appunto, non possono essere sviluppate solo in ambito occidentale, senza tener conto delle esigenze della controparte russa.
I russi sono davvero pronti a trattare?
Secondo la CNN, la Russia sta pensando alla costituzione di un team di alto livello per incominciare a parlare seriamente con gli Stati Uniti. Un segnale importante, perché fino a poco fa non c’era la sicurezza che Putin volesse accettare di dialogare con Trump. D’altra parte, il piano per far finire la guerra è noto solo in linea di massima. La notizia della costituzione di una squadra significa che Mosca vuole trattare davvero.
Quali sono stati, oltre alle trattative, i temi salienti della Conferenza?
Dal presidente tedesco Walter Steiner alla von der Leyen, a Zelensky, al ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, a quello della Difesa, Pistorius, a Scholz e Rutte, fino ai partecipanti ai panel, tutti hanno rappresentato l’esigenza di spendere molto di più per la difesa. Il presidente tedesco ha ribadito che qualunque governo uscirà dalle urne garantirà questo trend. Prima della guerra, la Germania spendeva 37 miliardi di euro, ora è a 87.
Ne spenderà ancora di più adesso?
Il 2% del PIL è il target minimo, ma il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha detto che non è sufficiente, perché i gap capacitivi dell’Alleanza Atlantica sono troppo ampi. Bisognerà spendere molto di più. La von der Leyen ha presentato l’iniziativa degli sconti fiscali ai Paesi che investiranno ingenti risorse nella difesa, e coinvolto la Banca Europea dello Sviluppo (quindi i grossi gruppi bancari), che investirà anch’essa nella difesa.
Ma si è detto che, alla fine, l’Europa spenderà comprando armi dagli USA?
No. Ma è logico che una buona parte dei contratti sarà stipulata per materiali d’oltreoceano. La Germania, comunque, è una delle nazioni che ha più contratti per la difesa in campo UE: Rheinmetall è un gigante di questa industria, i tedeschi saranno ricettori di contratti.
L’industria bellica, per la Germania, potrebbe essere il volano per uscire dalla recessione?
È solo un settore, bisognerà vedere cosa succederà nell’automotive. L’industria tedesca, poi, è energivora: i costi dell’energia, come in Italia, incidono pesantemente. Ciò nonostante, il settore dell’industria della difesa è decisamente decollato. Anche l’Italia si è messa in fila per comprare un sistema di difesa aerea tedesco.
Come viene giustificata la necessità di riarmo?
Dicendo che ci dobbiamo guardare dall’espansionismo russo, anche se è una narrativa non sostenibile. Ci sono dei gap con Mosca, emersi durante la guerra, e quindi dobbiamo spendere di più per le armi. Rutte e Vance l’hanno detto chiaramente: i singoli Paesi NATO devono spendere di più per fare sempre più da soli, perché gli Stati Uniti non si potranno più accollare gli oneri della difesa europea.
Sulle armi, però, Trump ha fatto altre dichiarazioni spiazzanti.
Ha proposto a Russia e Cina di tagliare a metà i budget della difesa dei tre Paesi. Un altro segnale importante che non sappiamo quali esiti potrà avere.
Sembrano parole che contraddicono la linea indicata all’Europa.
Certo. Bisogna vedere, però, che seguito avranno a livello operativo.
Zelensky, nelle ultime ore, ha riferito di un’ottima telefonata con il presidente degli Stati Uniti: ha messo da parte le sue perplessità?
A Monaco ho visto uno Zelensky molto nervoso, in imbarazzo sulle domande che gli intervistatori gli hanno posto. È intervenuto due volte e il suo discorso di sabato ha raccolto molti applausi, ma in pratica la conferma che UE e Ucraina fossero fuori dai giochi è venuta proprio da lui.
Macron, intanto, avrebbe convocato un incontro sull’Ucraina con Germania, Italia, Gran Bretagna e Polonia: con quale obiettivo?
La pace la definiranno Stati Uniti e Russia. Penso che gli europei, obtorto collo, si troveranno a gestire un dato di fatto con un grosso imbarazzo politico.
L’Europa, insomma, non sembra capace di reagire alla nuova situazione.
Eppure, l’intervento di Vance è stato dirompente. Ha chiesto di smettere di impedire ai cittadini di esprimere il dissenso, richiamandosi alle elezioni in Romania, sostenendo che le votazioni sono state annullate non per interferenze della Russia, ma dell’Occidente, in primis degli USA.
Cosa farà l’Europa? È assolutamente impossibile prevederlo?
È la domanda che i leader europei si stanno ponendo in questo momento. La risposta, per ora, non c’è.
(Paolo Rossetti)
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