All’Europa serve una migliore strategia geoeconomica. L’ordine mondiale liberale basato sulle regole è debole, quindi l’Unione europea deve adattarsi alla nuova rivalità delle grandi potenze. A suggerirlo sono Federico Steinberg e Guntram Wolff. Il primo è senior fellow presso il Royal institute e docente di economia politica presso l’Universidad Autónoma di Madrid, oltre che visiting fellow nel programma europeo del Csis. Il collega è direttore del Consiglio tedesco per le relazioni estere (DGAP) e professore presso la Scuola di politica pubblica Willy Brandt dell’Università di Erfurt, con un passato nella direzione generale per gli affari economici e finanziari della Commissione europea e presso la Bundesbank. Entrambi presenteranno un documento alla riunione informale dei ministri delle Finanze dell’UE a Santiago de Compostela il 16 settembre in cui affrontano le nuove sfide dell’Europa e i cambiamenti da affrontare e apportare. «Se da un lato l’Unione europea vuole rafforzare l’ordine mondiale liberale basato sulle regole, dall’altro deve prepararsi al suo possibile collasso», scrivono sul Frankfurter Allgemeine Zeitung. Sviluppare una strategia geoeconomica è, dunque, la soluzione per sopravvivere alla competizione con le grandi potenze e per contrastare lo sfruttamento delle dipendenze.
La Commissione europea ha presentato una strategia per la sicurezza economica e la politica industriale, che mira ad affrontare il dominio della Cina in alcune parti della catena di approvvigionamento verde, i sussidi Usa e il protezionismo verde dell’Inflation Reduction Act americano. Ma non c’è consenso su obiettivi, mezzi, priorità e neppure sul percorso da seguire. In particolare, ci sono due approcci opposti. «Un gruppo sostiene che le perturbazioni geopolitiche possono essere gestite quando si verificano e sottolinea la necessità di proteggere l’apertura e le regole multilaterali. L’altra parte sostiene che l’Ue, e in particolare la Germania, debba cambiare rotta e adattarsi alla nuova rivalità tra grandi potenze, dando priorità agli investimenti interni e alla politica industriale e riducendo gli scambi con i Paesi che non sono “affini”». Per Steinberg e Wolff entrambi i punti di vista sono sbagliati.
COSA DEVE FARE UE PER SOPRAVVIVERE ALLA COMPETIZIONE CON LE GRANDI POTENZE
«Il primo punto di vista sottovaluta i costi economici e politici di un grande scontro geopolitico. I rischi geopolitici sono reali e affrontarli impreparati sarebbe costoso. Il secondo punto di vista è ingenuo riguardo alla fattibilità e alla praticabilità del trasferimento delle catene di approvvigionamento: i sussidi non possono modificare i vantaggi comparativi a lungo termine e diventerebbero facilmente inaccessibili», scrivono Federico Steinberg e Guntram Wolff su FAZ. Suggeriscono, quindi, una risposta più sofisticata articolata in tre fasi. In primis, l’Ue deve dare priorità alla gestione dei rischi di sicurezza economico-militari più gravi. In secondo luogo, deve aumentare la propria resilienza per affrontare la coercizione economica e le economie non collaborative. In terzo luogo, la sicurezza economica richiede investimenti in beni pubblici che sono più economici da procurare a livello europeo. Le questioni più spinose in materia di sicurezza riguardano principalmente le tecnologie d’avanguardia, dove si registra un’intensa competizione tra Usa e Cina. «In questo contesto, l’approccio dell’UE di costruire un cluster high-tech per i semiconduttori con il Chips Act è da accogliere con favore in linea di principio». Per i due esperti, il tentativo europeo di ridurre la dipendenza dalla produzione di chip di fascia alta a Taiwan è un passo avanti verso la costruzione di un ecosistema high-tech. Dunque, l’obiettivo dovrebbe essere quello di acquisire una leadership tecnologica specifica per costruire una leva geoeconomica. Steinberg e Wolff consigliano di applicare rigorosamente il meccanismo dell’UE per lo screening degli investimenti in entrata, al fine di garantire la sicurezza delle infrastrutture critiche. Ritengono altresì opportuno rivedere gli investimenti all’estero per limitare la diffusione di tecnologie a duplice uso. Se si vogliono applicare i controlli sulle esportazioni, va impedito allora alle aziende di delocalizzare la produzione. Ma nell’Ue c’è divergenza su questo.
“SERVE COMITATO EUROPEO PER LA SICUREZZA ECONOMICA”
Per questo motivo bisognerebbe procedere con una completa europeizzazione dei meccanismi di monitoraggio degli investimenti e di controllo delle esportazioni: contribuirebbe a proteggere il mercato nazionale dalla frammentazione. «Tuttavia, ciò richiede una comprensione comune dei rischi per la sicurezza. L’UE non è istituzionalmente preparata per questo. La sicurezza nazionale è responsabilità degli Stati membri», avvertono Federico Steinberg e Guntram Wolff. Quindi, sulle colonne di FAZ propongono la creazione di un “Comitato europeo per la sicurezza economica“, che garantirebbe un migliore coordinamento delle considerazioni sulla sicurezza nazionale con la politica economica dell’UE. Ma le aziende europee devono comunque prepararsi a scenari estremi. Infatti, la preparazione a eventi che avrebbero gravi conseguenze per l’economia globale dovrebbe essere una priorità assoluta. Così si identificherebbero le vulnerabilità dannose e le dipendenze eccessive. Inoltre, l’Ue può rendere la sua economia più resistente concludendo accordi commerciali ambiziosi. «Una rapida ratifica dell’accordo Mercosur sarebbe particolarmente vantaggiosa».
Infatti, le imprese europee si aprirebbero a oltre 260 milioni di consumatori e avrebbero accesso a materie prime fondamentali e critiche. «Per concludere l’accordo, l’UE deve rinunciare a richieste eccessive, accettare una relazione come partner paritario e aprire il proprio mercato interno». La politica poi deve fare la sua parte. Per i due esperti i governi nazionali devono identificare le catene di approvvigionamento con rischi sistemici che non possono essere affrontati adeguatamente dalle singole aziende. Steinberg e Wolff esortano l’Ue ad «adottare misure antidumping e antisovvenzioni contro la Cina, in linea con l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Ciò invierebbe un segnale forte ai partner globali sul valore delle regole multilaterali». Chiedono, infine, attenzione alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico e alla transizione verso un’economia neutrale, perché ora l’Ue è diventata dipendente da due fornitori di gas naturale liquefatto (GNL), Stati Uniti e Qatar. Eppure, i prezzi dell’energia restano relativamente alti, con conseguenze per l’industria e sulla sicurezza.