Secondo alcune fonti del Financial Times che hanno ottenuto l’anonimato, la Commissione UE starebbe valutando le possibile vie legali per rescindere i contratti a lungo termine per le forniture di gas russo cercando una clausola che permetta di evitare il pagamento di penali che renderebbero pressoché inutili i tentativi di ridurre gli approvvigionamenti economici al Cremlino: una tesi – appunto – avanzata dal Financial Times e che per ora non ha trovato alcuna conferma ufficiale da parte dei vertici europei interpellati dai vari media; il tutto fermo restando che nel frattempo sono sempre di più le voci che vorrebbero un pieno (o quanto meno parziale) ritorno alle forniture di gas russo per ridurre i costi che gravano sulle imprese del vecchio continente.
Partendo dall’indiscrezione del quotidiano economico britannico, l’idea allo studio della Commissione sarebbe quella di appellarsi ad un’ipotetica clausola su delle non meglio precisate cause di forza maggiore per poter annullare i contratti sulle forniture a lungo termine di gas russo senza pagare penali: un progetto che sarebbe – secondo il Financial Times – coerente con il piano di riduzione dell’uso dei combustibili fossili da parte dell’Unione Europea fissato per il 2027; ma che al contempo lascerebbe (per ora) aperta la partita sulle forniture energetiche, con il rischio di rendere l’Europa dipendente da qualche altra nazione con costi più elevati, oppure – ancora peggio – completamente a secco.
Il destino incerto dell’energia europea tra gas russo, GNL qatariota ed eccessivi costi statunitensi
Dal conto suo – pur in assenza di commenti sull’indiscrezione del quotidiano finanziario – la presidente della Commissione Ursula von der Leyen solamente la scorsa settimana aveva definito un “obbligo assoluto” quello di interrompere le forniture di gas russo, ma resterebbe potenzialmente da sciogliere anche il nodo dell’Ungheria che fino ad oggi ha reso impossibile mettere in campo politiche simili a quelle sanzionatorie che stanno colpendo il carbone e il petrolio esportati dal Cremlino; il tutto fermo restando – peraltro – che solo lo scorso anno l’Europa ha importato un quantitativo record di GNL da Mosca e ha aumentato le importazioni di gas russo del 18% rispetto all’anno precedente.
Contestualmente – dicevamo già in apertura di questo articolo – non è chiaro quante aziende sarebbe effettivamente disposte ad appellarsi alla clausola per rescindere i contratti sul gas russo dato che gli enormi costi energetici pagati negli ultimi anni hanno stimolato sentimenti ben diversi da quelli politicamente guidati dall’Unione: secondo una mini inchiesta di Reuters, i dirigenti delle principali aziende europee – infatti – sarebbero favorevoli ad un ritorno al gas russo che permetterebbe di abbattere i costi produttivi a beneficio dei consumatori.
Attualmente, senza gas russo le strade per l’Unione sarebbero soprattutto due: da un lato quei contratti per il GNL importato dal Qatar che sono bloccati da diversi mesi e che si teme non sarebbero sufficienti a coprire il fabbisogno energetico del blocco europeo – fermi restando che c’è chi teme ci tratti di GNL russo importato con un mediatore che renderebbe inutile il tentativo di diversificazione -; dall’altro lato, invece, la stipula di contratti a lungo termine con gli USA caldamente sostenuti da Trump e che richiederebbero costi ben maggiori a quelli attualmente pagati.