UE APRE PROCEDURA D’INFRAZIONE CONTRO L’ITALIA SUL POSTO FISSO… PERCHÈ SONO TROPPO POCHI
Prendiamo una qualsiasi persona dotata di senso e poniamo la domanda “secondo te, quale è il problema della Pubblica Amministrazione in Italia?”: bene, immaginiamo che alcune risposte possano concepire la problematica del “posto fisso” come mancanza di organizzazione nella distribuzione di risorse; o quantomeno, laddove vi siano mancanze strutturali di dipendenti nel pubblico, vi sono altrettante situazioni dove l’eccessiva presenza di dipendenti pubblici rende complessa la gestione. Tutto “bene”, ma se avete letto il titolo e state leggendo questo articolo capirete che in Europa evidentemente la connessione sulla realtà è andata perduta, almeno su questo argomento.
L’Unione Europea ha aperto una procedura d’infrazione per “utilizzo abusivo” di una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato: insomma, lo Stato ha troppo pochi “posti fissi” e dovrebbe averne di più. Nella logica “centralista” e “statalista” che (purtroppo, ci aggiunge chi scrive, ndr) spesso alberga a Bruxelles, il pubblico dovrebbe concedere molti più contratti a tempo indeterminato e questo risolverebbe l’endemica problematica all’interno della Pubblica Amministrazione. Nelle ultime ore l’Ue ha inviato a Roma un parere motivato, di fatto il secondo passo della procedura avviata già nel luglio 2019, evidenziando che «la normativa italiana non previene né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico».
COSA CONTESTA L’EUROPA ALL’ITALIA SUI CONTRATTI A TERMINE NELLA PA
L’Italia ha ora due mesi di tempo per rimediare alle carenze rilevate dalla Commissione Europea altrimenti potrebbe scattare il deferimento presso la Corte di Giustizia Ue: condizioni di lavoro “discriminatorie” nel settore pubblico e anche “abusi dei contratti a tempo determinato” sono le due principali contestazioni fatte all’Italia. Ma non sono le uniche: nei confronti del nostro Paese e di altri 9 Stati è stata avviata una procedura di infrazione per «non aver pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali», volta ad assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose, «pari diritti e una tutela sufficiente dallo sfruttamento».
Qui il tema si fa ovviamente molto più serio e purtroppo l’Italia non è virtuosa sul tema degli stagionali: «Garantire il pieno rispetto della direttiva è un presupposto importante per attrarre nell’Ue la manodopera necessaria per il lavoro stagionale ed eventualmente anche per contribuire a ridurre la migrazione irregolare», evidenzia la Commissione Ue, la quale contesta all’Italia anche l’accessibilità alle persone con disabilità, le norme anti-riciclaggio e i ritardi nel pagamento della sanità della Regione Calabria. Una “furia” di procedure d’infrazioni che si aggiungono alle lunghe polemiche sulle tematiche “green” dove l’Italia resta sotto il faro vigile dell’Europa per ottemperare alle (infinite) direttive giunte in questi ultimi anni. Ma al netto delle mancanze e carenze strutturali del nostro Paese che esistono e giustamente da Bruxelles vengono evidenziate, pensare che il problema della Pubblica Amministrazione siano i troppo pochi contratti a tempo indeterminato significa, forse, vivere in una realtà quantomeno parallela a quella effettiva.