La diretta di questa sera della trasmissione ‘Linea di confine‘ tornerà ad occuparsi della tragedia del Moby Prince che costò la vita a 140 persone per cause mai veramente chiarite e spesso – impropriamente – ricondotte ad un errore commesso da Ugo Chessa che a bordo di quella nave era il capitano con all’attivo centinaia di ore di navigazione anche in contesti ed acque complicate: tra queste righe vogliamo proprio soffermarci sulla figura e sulla lunga carriera di Ugo Chessa, cercando di rispondere alla domanda “chi è” per capire come mai non regga l’ipotesi dell’errore umano da sempre negata dai familiari del comandante.
Prima di arrivare ad Ugo Chessa vale la pena ricordare rapidamente che la tragedia risale all’aprile del 1991 quando il traghetto sardo Moby Prince impattò improvvisamente con la petroliera Agip Abruzzo nelle acque livornesi: si sviluppò da subito un ampio incendio ulteriormente aggravato dall’enorme quantità di petrolio fuoriuscito dalla petroliera che non lasciò scampo a (quasi, dato che il mozzo Alessio Bertrand riuscì miracolosamente a salvarsi) nessuna delle 140 persone che si trovavano a bordo; mentre tutte le – tante – indagini condotte nel corso degli anni hanno sempre dato la colpa allo stesso comandate, oppure alla presenza di nebbia in mare che avrebbe reso difficile l’avvistamento della petroliera.
Chi è Ugo Chessa: il comandate del traghetto Moby Prince considerato tra i più esperti in Italia
Venendo a noi e alla domanda “chi è Ugo Chessa“, della vita privata del comandante sappiamo veramente poco oltre al fatto che si sposò con Maria Giulia Ghezzani – a bordo del Moby Prince con lui in quell’aprile del 1991 – e da lei ebbe due figli, Angelo e Luchino: fu proprio per loro che decise di diventare comandate dei traghetti tirrenici; mentre la sfortuna vuole che la visita della moglie fosse fine a chiedergli di lasciare la vita marittima per dedicarsi alla famiglia ed aiutarla nel negozio di sua proprietà a Cagliari.
Al di là di questo, di Ugo Chessa è importante (forse fondamentale) ricordare che prima di diventare comandate di traghetti incassò numerose esperienze marittime: una professione tramandata da padre in figlio e che lo portò a passare buona parte della sua vita in mare in missioni – talvolta – anche transoceaniche nelle quali si distinse rapidamente, tanto da essere stato a lungo considerato uno dei migliori comandanti navali italiani caratterizzato da una profonda serietà e da una severità incrollabile mentre calpestava i ponti delle sue navi.