Starmer propone la riduzione dell’immigrazione ma la riforma dell'articolo 8 CEDU pone sfide giuridiche e conflitti con la Corte dei diritti umani
Il Primo Ministro britannico Keir Starmer ha promesso una riduzione “significativa” dei flussi migratori nel Regno Unito ma ha scelto di non fissare un tetto numerico annuo, definendo tale approccio “non sensibile” dopo i fallimenti dei precedenti governi: Starmer ha proposto misure come l’estensione a 10 anni del periodo per richiedere la cittadinanza e requisiti linguistici più severi, con l’impegno che “la migrazione netta diminuirà” ma l’assenza di un obiettivo numerico preciso ha suscitato dubbi sull’efficacia del piano, dando adito ad accuse di ambiguità strategica da parte dell’opposizione conservatrice.
Un punto importante della proposta riguarda la modifica dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) che viene spesso utilizzato dai tribunali per bloccare deportazioni invocando il “diritto alla vita familiare” con il governo che intende limitarne l’applicazione, trasferendo al Parlamento la decisione finale su chi possa rimanere nel Paese: ciò potrebbe però generare conflitti con la Corte di Strasburgo, mettendo in discussione gli impegni internazionali del Regno Unito post-Brexit.
Le sfide giuridiche della riforma: CEDU e nuove leggi sull’immigrazione
Il punto essenziale della proposta di Starmer risiede nel tentativo di ridefinire i confini tra potere esecutivo e giudiziario limitando l’uso dell’articolo 8 CEDU, il governo intende sottrarre ai tribunali la possibilità di opporsi alle deportazioni quando queste siano nell’interesse pubblico: la modifica prevede che spetti al Parlamento decidere chi può rimanere nel Regno Unito evitando che le decisioni giuridiche possano bloccare espulsioni ritenute necessarie ma questa mossa suscita di diverse preoccupazioni giuridiche.
Pur essendo fuori dall’Unione Europea, il Regno Unito rimane vincolato dalla CEDU – ratificata nel 1953 – e qualsiasi tentativo di ridurre l’applicazione dell’articolo 8 senza denunciare formalmente il trattato potrebbe generare conflitti con i suoi obblighi internazionali e – inoltre – esperti legali mettono in guardia contro le possibili ricadute politiche e legali di tale riforma che rischiano di aprire la strada a ricorsi alla Corte europea dei diritti umani con possibili condanne per violazione dei diritti umani.
Starmer ha dichiarato che simili situazioni indeboliscono la credibilità del sistema e ha promesso una riforma ma i critici – tra cui l’ex ministro degli Interni Suella Braverman – e i leader dei partiti di destra come Nigel Farage, sostengono che Starmer stia solo offrendo una “retorica vuota” senza l’effettiva intenzione di uscire dalla CEDU, lamentando la persistente crescita degli sbarchi clandestini nel Regno Unito.
Starmer e la questione immigrazione: tra la riforma CEDU e i conflitti legali con la Corte europea dei diritti umani
La proposta di riforma dell’articolo 8 CEDU tocca uno degli aspetti più delicati della politica migratoria britannica in quanto si tratta di un trattato internazionale vincolante e qualsiasi modifica dell’applicazione di tale articolo potrebbe scatenare una serie di problemi giuridici; la Corte europea dei diritti umani – infatti – potrebbe ritenere incompatibile la riforma con gli obblighi internazionali del Regno Unito con il rischio di una condanna per violazione dei diritti umani.
Le nuove leggi proposte dal governo – incentrate sulla riduzione dell’applicabilità dell’articolo 8 in favore di un controllo più diretto da parte del Parlamento – potrebbero creare uno scenario complesso soprattutto se il governo non dovesse riuscire a gestire la reazione della Corte di Strasburgo; nel frattempo, l’opposizione continua a criticare la gestione del problema dell’immigrazione, con alcuni che accusano Starmer di non riuscire a fermare l’immigrazione irregolare attraverso il Canale della Manica mentre altri sostengono che la riforma metta a rischio i diritti umani fondamentali.