Arriva dalla Cina una nuova notizia choc che mette in allarme i numerosi giovani studenti dopo la notizia che l’Università di Shangai avrebbe chiesto a tutti i college di stilare una lista degli studenti appartenenti alla comunità Lgbtq+ fornendo informazioni sul loro “stato mentale”. E’ quanto riferisce il Guardian e ripreso nelle ultime ore da numerosi media nazionali e non solo. Il fatto considerato a dir poco inquietante, come spiega l’agenzia di stampa Ansa, è stato denunciato sui social, sia sul cinese Weibo che su Twitter.
Proprio sui social trova spazio lo screen della direttiva nella quale l’Università di Shanghai chiede di “indagare e ricercare” gli studenti che appartengono alla comunità Lgbtq+ e di “trovare informazioni sulle loro condizioni psicologiche”, nonchè la loro posizione politica, i loro contatti sociali e altri non meglio precisati “requisiti rilevanti”. Ovviamente dopo quanto fatto sapere dal Guadian ha inevitabilmente scatenato l’indignazione sui social: “Qualunque sia l’intenzione dell’università, è orrendo”, ha scritto Babai Ywan Li, postando per primo il documento intitolato “Sondaggio nel campus”.
Shanghai vuole lista studenti gay: Università non commenta
Al momento l’Università di Shanghai ha preferito non commentare né rispondere alle richieste del Guardian in merito al posto diffuso sul social cinese e sparito dopo qualche ora. Tuttavia lo stesso fa trovato spazio su Twitter. Il timore è che le informazioni richieste possano essere usate per colpire gli studenti “identificati”. Di recente, rammenta l’Ansa, le autorità cinesi hanno preso di mira gruppi di femministe e in generale il clima nel Paese nei confronti delle minoranze sessuali è di forte intolleranza.
L’università, fondata nel 1922 e una delle più prestigiose, con tre campus in città e oltre 55 mila studenti, come spiega Repubblica non ha neppure fatto sapere se il documento diffuso sia autentico oppure no. In passato nei campus universitari cinesi la comunità Lgbtq+ era molto attiva, ma negli ultimi anni è stata sempre più emarginata. Intanto il dibattito sui social è molto acceso e tra i post maggiormente condivisi su Weibo c’è quello che recita: “E’ una mia decisione se fare coming out o meno. Non è un obbligo. Se sono disposto a dichiarare la mia identità di genere, la decisione non è correlata al fatto che voi la accettiate o meno. Se invece preferisco non dirlo, mi devono essere garantite le libertà di base come persona”.