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Home » Esteri » Medio Oriente » USA-IRAN/ La trattativa sul nucleare non decolla e Israele è pronto ad attaccare (anche senza Trump)

  • Medio Oriente
  • Usa
  • Esteri

USA-IRAN/ La trattativa sul nucleare non decolla e Israele è pronto ad attaccare (anche senza Trump)

Int. Vincenzo Giallongo
Pubblicato 24 Maggio 2025 - Aggiornato alle ore 06:26
L'ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran (Ansa)

L'ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran (Ansa)

Trattativa sul nucleare: a Roma incontro USA-Iran. Il negoziato però non decolla. E l'attacco di Israele ai siti nucleari rimane possibile

Il ministro degli Esteri dell’Oman, Badr al-Busaidi, parla di progressi che, però, non sono ancora conclusivi. Il suo pari grado iraniano, Seyyed Abbas Araqchi, invece, riferisce di negoziati ancora aperti per analizzare alcune nuove proposte che, però, come riporta l’Irna, agenzia della Repubblica islamica, ora dovranno essere “esaminate nelle capitali”.


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Di fatto, il negoziato tra Iran e USA per un accordo sul programma nucleare di Teheran non è ancora decollato. E siccome non è il primo incontro, potrebbe essere un segnale che il fallimento delle trattative non sia un’ipotesi così peregrina.

Probabile, intanto, osserva Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri con all’attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, che gli israeliani abbiano preparato i piani per un attacco ai siti nucleari degli ayatollah, anche se non è affatto detto che possano essere messi in atto a breve. Di sicuro, ci sarà una concertazione con gli USA. Non per niente, prima del quinto incontro per le trattative, quello che si è svolto ieri a Roma, Steve Witkoff, l’inviato di Trump, ha parlato con Ron Dermer, ministro israeliano per gli Affari strategici, e con David Barnea, capo del Mossad. Una circostanza che non conferma certo la tesi di un progressivo allontanamento in atto tra Washington e Gerusalemme.


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Generale, le dichiarazioni ufficiali parlano di possibili sviluppi della trattativa, ma ancora tutti da valutare. Come stanno le cose?

Le distanze sono siderali. Da una parte ci sono gli Stati Uniti, e dietro di loro Israele, che vogliono che gli iraniani cessino l’arricchimento dell’uranio e rivedano tutta la loro politica missilistica; dall’altra parte c’è un Paese che vuole continuare ad arricchire uranio, facendo credere che non lo farà per fini bellici ma esclusivamente civili, e che chiede contemporaneamente la revoca delle sanzioni che pesano sulla sua economia. Un accordo è difficile, le divergenze sono troppe: non ci sono punti in cui le parti sono vicine. Khamenei stesso ha detto che Teheran non rinuncerà mai al programma di potenziamento missilistico.


TREGUA IRAN-ISRAELE/ Gli interessi della Cina dietro la risposta blanda di Teheran agli Usa


Perché allora il mediatore omanita e il ministro iraniano usano espressioni che inducono a un molto cauto ottimismo?

Devono far vedere che gli incontri non sono stati completamente fallimentari, è una narrazione diretta all’opinione pubblica. In realtà, per ora siamo in presenza di un fallimento.

Diversi media, in settimana, hanno rilanciato l’ipotesi di un attacco israeliano ai siti nucleari iraniani. Alla luce degli ultimi sviluppi delle trattative, resta una possibilità concreta?

Sono convinto che Israele sia pronto a portare un attacco anche senza gli americani: hanno i piloti, gli aerei, i mezzi, tutto quello che serve. Il problema è se vogliono aprire un ulteriore fronte con l’Iran, proprio adesso che la loro condotta in Palestina viene presa di mira da tutte le parti. Credo che a Netanyahu e a Israele convenga aspettare: l’Iran non ha ancora la bomba atomica, per prepararla ha bisogno comunque di tempo. Meglio chiudere il capitolo Hamas e Gaza e poi dedicarsi a questo dossier. La prima cosa a cui devono pensare i militari è non disperdere le forze: prima di attaccare, aspetteranno di aver risolto il problema Hamas.

Qualcuno sostiene che la volontà degli israeliani di colpire i siti nucleari iraniani stia incrinando i rapporti con gli USA. Ma Witkoff, in occasione dell’ennesimo incontro romano con l’Iran, ha parlato con Dermer e Barnea. Come sono i rapporti tra i due Paesi?

Sul dossier Iran non sono affatto distanti. Anzi, non riesco a capire come nascano queste notizie. Fra Israele e Stati Uniti c’è un legame talmente forte che va al di là delle simpatie e delle antipatie dei leader. Netanyahu, da un certo punto di vista, è un personaggio squallido: continuerà a fare la guerra perché, se finisce senza portare a casa risultati concreti, rischia di finire male. E Trump è egocentrico, un primattore. Due personalità che possono non andare d’accordo. Il legame tra i loro Paesi, tuttavia, rimane.

Gli israeliani potrebbero agire di loro iniziativa contro l’Iran se gli americani fossero contrari?

Potrebbero dire agli USA: “Noi lo facciamo, voi fate finta di non sapere nulla”. Se dovesse partire un attacco, gli americani potrebbero fingere di stracciarsi le vesti, ma fra i due Paesi, alla fine, non ci sarebbe nessuno strappo. Ci sono comunque tutta una serie di variabili che devono essere valutate: fino a che punto Israele sia in grado di sostenere una guerra; la possibilità che la Russia venga in soccorso a Teheran. Anche per questo, prima di agire, andranno mantenuti stretti contatti con gli americani. Israele potrebbe forzare la mano; se succederà, non dovremo farci abbindolare dalle spiegazioni che verranno date. Gli USA saranno quantomeno informati di quello che starà per succedere.

Qualche analista sostiene che gli israeliani avrebbero bisogno del supporto logistico americano, per esempio per i rifornimenti degli aerei. L’IDF può agire da sola o no?

Israele può prendere l’iniziativa da solo. Tecnicamente, ha la capacità di agire senza supporto americano, anche quello logistico.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Donald TrumpBenjamin Netanyahu

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