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Home » Esteri » Usa » USA vs CINA/ La strategia del “marxista” Trump: muove i mercati come vuole e mette nel mirino la Cina

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USA vs CINA/ La strategia del “marxista” Trump: muove i mercati come vuole e mette nel mirino la Cina

Int. Rita Lofano
Pubblicato 11 Aprile 2025 - Aggiornato alle ore 06:15
Trump

Donald Trump (c) durante un meeting del suo Gabinetto. A sin. Marco Rubio, a d. Pete Hegseth (Ansa)

Dazi (per ora) solo contro la Cina: per Trump è il vero nemico. La sua strategia non dispiace al ceto medio. E il "New York Times" gli dà del marxista

La sospensione dei dazi è una vittoria di Trump, che, in fondo, come ha fatto con Canada e Messico, alla fine vuole arrivare a trattare. E l’esclusione della Cina da questa sospensione non è altro che l’affermazione di una strategia ben precisa, spiega Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, che indica in Pechino il vero avversario degli USA.


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La decisione del presidente americano di tornare sui suoi passi deve essere inquadrata in una politica che punta a ridare peso alla classe media, rilanciando la manifattura e la ricchezza delle famiglie. L’approccio di Trump, insomma, va ricalibrato in un contesto più ampio, spiazzante da un lato (il New York Times ha parlato addirittura di anima marxista), ma con una sua logica, dall’altro.


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Una strategia che mette in conto il rischio di inflazione e recessione, ma che non si cura poi così tanto dei mercati, anche se non può ignorarli. Lo scenario che si apre ora è di trattative con i Paesi per i quali i dazi sono stati sospesi, ma anche con la Cina, anche se, per il momento, Xi Jinping sembra voler rispondere per le rime.

C’è chi dice che è stato consigliato dal segretario del Tesoro Scott Bessent, chi invece pensa a Elon Musk: il ripensamento di Trump sui dazi, per il presidente USA, è una retromarcia, quindi una sconfitta, oppure una vittoria?

Sta vincendo lui. Trump tiene in mano i mercati, li fa salire e scendere come vuole. Mi sembra un potere non da poco. Spesso ci sono state pressioni dei mercati sulla politica, e una delle sue rivoluzioni è proprio quella di separare i mercati dalla politica e quindi dall’economia reale.


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Nei giorni scorsi la CNBC aveva anticipato la possibile pausa sui dazi, e le Borse si erano subito riprese, anche se poi la Casa Bianca ha smentito e sono ricrollati: penso che sia stato una sorta di test. Trump sta giocando d’azzardo e prende dei rischi, però sta dimostrando di essere lui a tenere il banco, e che quella americana resta comunque la più grande economia del mondo.

Cosa ci dice principalmente questa pausa (Cina esclusa) nell’applicazione dei dazi?

È la dimostrazione plastica del fatto che tutto quello che Trump sta facendo a livello di politica estera e commerciale è in chiave anticinese.

Ma è proprio una strategia? Trump voleva arrivare a questo punto? Sempre Bessent dice che il presidente si è comportato in questo modo per assicurarsi una posizione di vantaggio nelle trattative con gli altri Paesi. È così?

Trump può non piacere e ha degli atteggiamenti per molti versi non condivisibili, ma è tutto fuorché un pazzo. La strategia mi sembra chiara: ha usato lo stesso metodo applicato con Canada e Messico, alzando la posta, minacciando dazi altissimi e tornando indietro nel momento in cui ha ottenuto quello che voleva.

Nel fine settimana Bessent ha rilasciato un’intervista, sempre a CNBC, dicendo che non ci sarebbe stata necessariamente una recessione, parlando di oltre 50 Paesi che si sono mostrati disponibili a trattare. Trump, quindi, ha rilanciato dicendo che sono 75. E le trattative sono iniziate davvero. Con il Giappone, per esempio.

Che partita sta giocando, invece, con la Cina?

Nei confronti della Cina ha rilanciato, escludendola dalla sospensione dei dazi, anche se il presidente americano continua a dire di essere disponibile a parlare con Xi Jinping. Pechino, però, non sembra averne intenzione e sta tentando un’altra partita.

Come vuole rispondere la Cina?

Sta allungando la mano verso l’Europa. Il premier Li Qiang ha parlato con von der Leyen, l’omologo al commercio cinese si è confrontato con il commissario europeo UE Sefcovic: sta cercando di fare sponda con l’Europa. Ma, se devono scegliere fra USA e Cina, gli europei davvero opteranno per Pechino?

Ma la strategia di Trump quali rischi comporta?

La partita è solo all’inizio, i rischi ci sono, per esempio che salga l’inflazione. Trump ha una sua politica. Un articolo uscito sul New York Times parlava addirittura dell’anima marxista delle sue scelte. Il suo è un intervento abbastanza statalista. Inoltre, lo stesso Trump ha ricordato che la classe medio-bassa, gli ultimi, i dimenticati, non hanno azioni in Borsa: sull’uomo dimenticato ha corso la campagna elettorale, vincendo nelle urne. Quando ha annunciato i dazi ha fatto intervenire un operaio. Secondo me, questo è un fattore sottovalutato. Magari anche alcuni politici repubblicani non condividono le scelte sulle tariffe, ma in realtà i suoi elettori guardano con grande interesse a questo approccio.

Tenendo conto anche di questi elementi, quindi, come si muoverà Trump?

Le classi medie sono molto impoverite e Trump vuole rilanciare l’industria nazionale, il manifatturiero. Per farlo deve riequilibrare la bilancia commerciale, trovando accordi con gli altri Paesi. Bessent li ha definiti accordi su misura, è proprio così: con il Giappone c’è la partita dell’acciaio, dell’export di GNL, possibilmente dall’Alaska; con l’Europa c’è la grossa partita della difesa. Quindi, una strategia c’è. Rischiosa, ma c’è. Il fatto, però, che Trump faccia muovere i mercati come vuole mi sembra un punto di forza.

Qualche analista sta già dicendo che, dopo l’introduzione dei dazi, Trump sta perdendo qualche punto nei sondaggi. L’opinione pubblica è ancora con lui?

La paura c’è, perché quando le Borse cominciano a scendere si rischia: si può finire per trascinare l’economia in recessione. Però, secondo me, c’è anche molta speculazione. A molti imprenditori, anche conservatori, non fa comodo questa politica dei dazi che guarda più alle classi medie, a una ridistribuzione della ricchezza.

Comunque, ora è chiaro che il grande avversario è la Cina. In quali altri settori Trump e Xi Jinping si scontreranno?

Il tema vero è la Cina come avversario. E il commercio con Pechino. Per procedere in questo campo Trump ha dichiarato l’emergenza nazionale, perché, altrimenti, la materia commerciale farebbe capo al Congresso. Con la Cina c’è anche un tema di sicurezza nazionale: l’abbiamo visto con il Covid, quando ha bloccato tutte le forniture e si è accaparrata tutti i materiali critici: oggettivamente, ci sono delle politiche commerciali cinesi che l’America intende contrastare.

Una battaglia che si combatte anche al di fuori dell’economia?

C’è la partita geopolitica: Trump vuole portare la Russia dalla sua parte in chiave anticinese, mentre la Cina, a sua volta, ha lanciato un alert sui viaggi negli Stati Uniti, parlando di deterioramento dei rapporti commerciali. Insomma, siamo all’inizio di uno scontro epocale, mai forse così frontale, neanche durante i tempi della guerra fredda.

USA e Cina arriveranno comunque a trattare?

Trump ha detto di voler incontrare Xi, ma la Cina ha detto che, sulla questione dei dazi, combatterà fino alla fine. Intanto, i giornali americani, parlando dei Paesi che vogliono trattare, citano l’imminente visita di Giorgia Meloni e citano anche il Regno Unito, che non aveva annunciato tassi di ritorsione. Starmer è molto ambiguo su questo: sta con gli europei, ma, dall’altra parte, non ha mosso un dito contro gli USA.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Donald TrumpXi Jinping

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