Lunedì 24 agosto è stato un giorno importante per la medicina italiana: è iniziata infatti la sperimentazione del vaccino anti-Covid prodotto dall’Istituto Spallanzani in collaborazione con l’azienda bio-tecnologica ReiThera. In realtà la nostra scienza può vantare un doppio risultato, perché un’altra azienda italiana, la Irbm di Pomezia, ha sviluppato con l’Università di Oxford un altro vaccino che è già in fase 3 (in sperimentazione su molte persone, ndr). Come ci ha detto in questa intervista il professor Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’Università Campus Bio-medico di Roma, “a mio parere si tratta dei due migliori vaccini in produzione, sono molto fiducioso”.
Ci troviamo infatti davanti a un’autentica caccia al vaccino, dato che sono molti i paesi al mondo a dichiarare in queste settimane di aver raggiunto lo scopo, dalla Cina alla Russia. Una caccia che impaurisce, perché, come peraltro ha ammonito anche papa Francesco, la paura è che “i paesi più ricchi abbiano la priorità”. “Per produrre un vaccino” ci ha detto Ciccozzi “dal punto di vista scientifico ci sono tre fasi, ma in realtà ce n’è anche una quarta, forse la più difficile: produrlo e distribuirlo a milioni di persone perché, giustamente, lo vorranno tutti”.
Siamo all’inizio della sperimentazione del vaccino tutto italiano. Che cosa si aspetta?
Sono molto fiducioso. Stiamo parlando dello Spallanzani, dove lavorano virologi di fama non solo nazionale, ma mondiale.
Sono stati selezionati 90 volontari tra migliaia di candidati: secondo quali caratteristiche avete scelto chi sottoporre al test per un vaccino?
Devono essere persone in perfetta salute fisica, che stanno bene da ogni punto di vista. È stata scelta una gamma di persone che copre tutte le fasce di età, dai più giovani ai più anziani.
Ci spiega la tecnica usata per questo vaccino? In particolare cosa si intende con adenovirus?
In gergo si chiama cavallo di Troia. È un vettore virale che negli animali provoca un raffreddore, quindi non è pericoloso. Chiaramente viene sempre disattivato, il Dna di questo adenovirus in particolare è quello del gorilla e all’essere umano non dovrebbe fare assolutamente nulla. Questo vettore è una specie di taxi, e ha all’interno una sequenza della proteina spike del coronavirus sul quale noi dovremo produrre i nostri anticorpi.
Cioè?
La proteina spike è la famosa proteina che si aggancia al recettore cellulare provocando la malattia. È un’idea molto valida, più o meno la stessa che si ebbe per Ebola. Lo scopo è portare il fisico a produrre anticorpi.
Non ci sono rischi per gli esseri umani?
Come detto viene inattivato, al massimo può dare una febbre a poco più di 37 gradi come un vaccino influenzale.
Per produrre un vaccino ci vogliono tre fasi. Ce le spiega?
Dopo tutta la parte preclinica che si fa sugli animali in laboratorio inizia quella sull’uomo. Questa prima fase serve a valutare l’efficacia del vaccino e la sua inefficacia dal punto di vista sanitario, cioè che non rechi danni alla persona o sia tossico per l’organismo. Tutte e tre le fasi valutano quale sia la dose minima per avere quella produzione di anticorpi che consenta l’immunogenicità, quindi l’efficacia. Poi si valuta la sicurezza del vaccino, l’eventuale manifestazione di reazioni avverse e si valuta su numeri sempre più grandi di persone. Questo per arrivare a una sempre maggiore riduzione della probabilità di sviluppare una reazione avversa, utile ai ricercatori per verificare sicurezza e tollerabilità del vaccino. Lo stesso vale per gli eventuali effetti collaterali.
In quanto tempo si fa un vaccino? Il presidente della Regione Lazio Zingaretti ha assicurato che sarà pronto la prossima primavera.
Normalmente un vaccino ha bisogno di un paio di anni. Questo è dovuto a tanta burocrazia, che oggi viene saltata perché ci troviamo alle prese con un evento straordinario. Quanto dice Zingaretti è realistico, il fatto di “accelerare” i tempi non toglie nulla alla sicurezza del vaccino. In realtà c’è anche una fase 4.
Cosa sarebbe?
Il vaccino deve essere scientificamente valutato dagli ordini competenti e poi soprattutto il vaccino va prodotto.
Che non sarà un’impresa facile, dato che parliamo di milioni di persone.
Produrre e distribuire milioni di dosi ci impegnerà per mesi, non sarà facile, lo vorranno tutti. Però, lo ripeto, mi sento fiducioso, quello italiano e quello sviluppato a Oxford secondo me sono i due vaccini migliori. Insieme, a dir la verità, a quello americano, del professor Anthony Fauci.
Com’è costruito il vaccino americano?
Lui usa un vettore diverso, ingloba in una pallina di grasso lo spike, mentre a Oxford si usa un adenovirus umano.
(Paolo Vites)